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Cultura

GOCCE DI SAPIENZA

EDOARDO ZIN - 26/10/2018

camminareMescolate una dose abbondante di scautismo, due chili di passione per la montagna, un chilo di entusiasmo per gli amici che incontri sul tuo cammino, mezzo chilo di conoscenze tecniche raffinate tratte dall’esperienza vissuta come professore di matematica e fisica, una buona dose di fede ben piantata, ma sempre in moto alla ricerca del Trascendente e un pizzico (quanto basta!) di ironia e comporrai un insolito libro utile per andare in montagna e indispensabile per comprendere il valore spirituale dell’incontro con gli altri sui viottoli dei pascoli o lungo le mulattiere che salgono verso la cima.

È un po’ questo che racchiude un davvero unico libro (Paolo Linati – “Camminare – La strada, la Montagna, lo Spirito”- Macchione editore) recentemente uscito nelle librerie. L’autore, conosciuto a Varese come padre dello scautismo locale e come docente di matematica e fisica, ha voluto offrirci un compendio di riflessioni e di norme pratiche per chi ama camminare in montagna.

Il libro non è una guida turistica (anche se l’autore indica il tragitto di alcune escursioni da lui compiute!), non è un prontuario di cartografia e di meteorologia, non è un vademecum di consigli per l’equipaggiamento, per il primo pronto soccorso e l’alimentazione. È soprattutto una goccia di sapienza per cogliere il valore autentico del camminare.

Linati attinge dal primo Testamento dove il cammino compiuto da Abramo, da Elia, da Mosè, da Giacobbe, infaticabili nomadi, attratti da Dio, è segno rispettivamente della nascita di un popolo, di ascensione verso la montagna di Dio, della salvezza del popolo eletto, di benedizione ricevuta. Il tema della strada è ripreso anche dal Vangelo: Gesù, appena nato, conosce la strada della migrazione forzata, più tardi camminerà tra le strade e i campi della Palestina, “di villaggio in villaggio”, lungo la strada chiama i discepoli, si reca anche lui in pellegrinaggio al pozzo di Giacobbe, alla città di David, si fa viandante sulla strada di Emmaus, usa la strada che scende da Gerusalemme a Gerico come luogo di una sua parabola.

La strada diventa anche il luogo della prima evangelizzazione: sono le donne che, dopo aver visto il sepolcro vuoto, prenderanno la strada per annunciare che “Cristo è risorto”. Pietro giungerà a Roma, lo stesso farà anche Paolo, dopo aver percorso tutto il Mediterraneo. Il cammino è un itinerario che porta anche oggi molti cristiani verso la sequela di Cristo. In un bel racconto, che si leggeva un tempo a scuola, uno scrittore rivelava che non era a scuola che imparava, ma durante la strada che lo conduceva a scuola con i compagni: la vita che gli pulsava attorno, le persone che incrociava, il loro riso e il loro pianto diventavano esperienze di vita per confrontarsi col mondo, coi suoi valori e i suoi scandali.

Linati propone non solo di “fare strada”, ma di “essere strada”: “quella del cammino della propria vita, verso una meta… come il pellegrino, il viandante, il viaggiatore, il migrante o il profugo che cammina verso una terra sconosciuta e spesso non accogliente.”

È difficile oggi, passeggiando nelle nostre città, trovare un’oasi in cui riflettere con gli altri.

Per provare la gioia di camminare, occorre salire al Sacro Monte ove nel silenzio si può procedere lentamente, meditando sulla storia e sul mondo, impedendo ai pensieri di restringere il nostro orizzonte angusto, meditando e pregando: è il pellegrinaggio. A questo proposito, Linati dice:” I pellegrinaggi come noi li pensiamo sono caratterizzati da essenzialità, dal sacrificio, dall’educazione permanente, dalla conoscenza del mondo, degli uomini e delle donne che si incontrano lungo il cammino.” Citando il sociologo-filosofo Zygmunt Bauman, Linati diversifica il turista dal pellegrino: il primo è ansioso di consumare esperienze senza conoscerne il senso, il secondo raggiunge la meta attraverso il sacrificio.

Anche la montagna, dove le valli si alternano ai pascoli e attorno s’alzano, maestose e possenti, vette, creste, picchi, pareti vertiginose, è il luogo dell’incontro, del silenzio, della amicizia della contemplazione. Nel ristretto viottolo, quando ci si incontra, ci si saluta: ”hady” oppure: “Kristskoff”, ci si arresta, si guarda attorno.

In quei saluti l’uomo si sente trasformato: l’ombrosità e spesso l’egoismo si trasformano in amicizia, in fraternità. È luogo d’incontro il rifugio o il bivacco ove, oltre a riposare, si fraternizza attorno a un desco, si divide il pane, ci si riscalda al fuoco del camino e si condividono parole inusuali, che nascono dall’armonia dei caratteri, dalla stessa passione, dalla stima e dalla confidenza reciproche. E queste parole sono alternate al silenzio. E questa amicizia diventa – come scrive Charles Péguy – “uno di quei beni insostituibili perché inerenti alla memoria e alla storia.”

Ma la montagna è anche il luogo del silenzio. Tra i monti, e più ancora sulle loro cime, il silenzio è realtà vivente che invita al raccoglimento. Chi sale dialogando con un qualcosa che non ha voce intreccia la conversazione con i significati del silenzio: sente rinascere la sua anima o trova la dolce nostalgia del ritrovamento di ciò che aveva perduto tra lo stordimento e l’inganno dei rumori, fra le chiacchiere di che blatera e grida, distende il suo spirito, si arricchisce di impensate energie.

La solitudine dell’uomo d’oggi, che si manifesta nella paura e nell’inaridimento dello spirito, diventa in montagna semplice colloquio con se stesso: lassù dissolve le sofferenze, elimina le passioni, placa i tormenti, smorza le animosità. E la solitudine si rivela come raccoglimento dell’anima, punto d’incontro tra lui e Chi è sopra di lui.

Contemplando l’azzurro del cielo, l’oro del sole, i cirri cenerognoli, il bianco delle nevi, il grigio della roccia, il verde dei boschi e quello più tenero dei pascoli, ascoltando la voce del vento che si spande per gli infiniti spazi, l’uomo conosce i suoi limiti. Gli nasce la volontà di ascendere ancora più in alto.

Il dono di Paolo Linati è un invito all’uomo orgoglioso ad ascendere per implorare la fraternità del mondo sulle tragiche ombre del mondo, ascendere per amare, per purificarsi, per vivere il quotidiano: è questo il senso del suo libro.

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