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Opinioni

INTEGRARSI IN VITA E DOPO

IVO BRESSAN - 12/10/2018

Un cimitero islamico

Un cimitero islamico

La tematica che ha tenuto banco in questi ultimi mesi è quella sui “migranti rifugiati”: persone e famiglie che lasciano il proprio Paese per i più svariati motivi.

Fuggono dalle guerre, dalle persecuzioni, dalle crisi economiche, dalla povertà e dagli effetti dei cambiamenti climatici.

Questi esseri umani sono molto spesso oggetto di soprusi di tutti i tipi, depredati di tutti i loro pochi averi per sopportare viaggi infernali oggetto di speculazioni da parte di criminali senza scrupoli. Ammassati in “campi di concentramento” dove, soprattutto soggetti più deboli come donne e bambini, subiscono violenze di ogni sorta.

La questione dei rifugiati è diventata anche oggetto di “speculazione politica” a livello mondiale, europeo ed italiano.

L’amplificazione di questo tema e la sua “martellante” diffusione sui mass media danno anche una distorta percezione della quantità del fenomeno nell’opinione pubblica.

Giova ricordare come in Italia nei primi mesi del 2018 (fino al 31 luglio) i dati diffusi dal Ministero dell’Interno riportano in 18.150 gli esseri umani che sono approdati nel nostro Paese, contro i 94.802 approdati negli stessi mesi del 2017 (circa l’ottanta per cento in meno).

Ma il dato più sorprendente diramato dagli Enti che studiano il fenomeno riferiscono che l’85 per cento degli 11 milioni di esseri umani in fuga dal proprio Paese trovano rifugio nei Paesi in via di sviluppo (Turchia: 3,5 milioni; Pakistan: 1,9 milioni; Uganda: 1,9 milioni).

Un altro dato che deve far riflettere è la situazione in Europa: in Italia i rifugiati rappresentano il 3 per mille della popolazione residente; in Francia il 5,1 per mille, in Germania l’11,8 per mille, in Svezia il 24,3 per mille. (*)

In questi ultimi anni un ruolo fondamentale nell’aumento dei migranti e dei rifugiati è dovuto al surriscaldamento globale ed al cambiamento climatico: desertificazione, innalzamento dei livelli dei mari, piogge torrenziali, alluvioni, tsunami, ondate di calore e siccità sono fattori che costringono le popolazioni a lasciare i Paesi di origine.

Un recente studio dell’Organizzazione Mondiale per la Meteorologia delle Nazioni Unite ha rilevato come negli ultimi anni tali fenomeni hanno avuto un aumento di 10 volte superiore a quelli registrati nel passato e si incrementeranno sempre più.

Il cambiamento climatico parte a fine ‘800 dai paesi industrializzati con l’immissione in atmosfera di gas che hanno modificato in peggio la qualità dell’aria e del clima.

Chi paga di più sono i paesi poveri e non industrializzati dai quali moltissime persone sono costrette a fuggire. I paesi più industrializzati che nel passato hanno “sfruttato” massicciamente i territori dei paesi poveri, possono e devono modificare il proprio modello di sviluppo e nel contempo fornire la giusta solidarietà a chi è stato costretto a migrare.

Il XXVII Rapporto Immigrazione, diffuso il 28 settembre 2018, da Caritas Italiana e Fondazione Migrantes evidenzia come l’Italia, con 5.144.440 immigrati regolarmente residenti sul proprio territorio (8,5% della popolazione totale residente in Italia), si colloca al quinto posto in Europa e all’undicesimo nel mondo. È opportuno evidenziare come in Germania gli immigrati siano oltre 12 milioni!

Le comunità straniere più consistenti in Italia sono quella romena (1.190.091 persone, pari al 23,1% degli immigrati totali), quella albanese (440.465, 8,6% del totale) e quella marocchina (416.531, 8,1%). I cittadini stranieri risultano risiedere soprattutto nel nord-ovest della penisola (33,6%) e diminuire nel centro (25,7%), nel nord-est (23,8%), nel sud (12,1%) e nelle Isole (4,8%).

Le regioni nelle quali risiede il maggior numero di cittadini stranieri sono la Lombardia (1.153.835

cittadini stranieri residenti, pari all’11,5% della popolazione totale residente), il Lazio (679.474,11,5%), l’Emilia-Romagna (535.974, 12%), il Veneto (487.893, 10%) e il Piemonte (423.506, 9,7%). Le province nelle quali risiede il maggior numero di cittadini stranieri sono Roma (556.794, 12,8%), Milano (459.109, 14,2%), Torino (220.403, 9,7%), Brescia (156.068, 12,4%)

e Napoli(131.757, 4,3%).

Il tema dei migranti pone inoltre la necessità di un’efficace opera di “integrazione” nei Paesi ospitanti. L’intreccio di culture, religioni e modi comportamentali richiedono atteggiamenti da parte delle pubbliche amministrazioni che favoriscano il dialogo e la comprensione e non solo i “divieti”.

I migranti e i rifugiati che popolano l’Italia sono molto spesso di religione islamica. Questa religione non contempla neppure l’ipotesi della cremazione ed inoltre non gradisce la sepoltura nei cimiteri dove trovano posto defunti di altre religioni.

La Sura sulla morte prescrive che la salma debba essere lavata, posta in un telo bianco, sepolta nella nuda terra con la testa rivolta verso la Mecca in un cimitero per islamici, non è ammessa la sepoltura nei loculi sopra la terra. Ma i cimiteri islamici in Italia sono pochissimi e, di fatto, le famiglie spesso si devono adattare a quello che trovano.

Anche la religione cattolica non ammetteva la cremazione, però dal 1963 con papa Paolo VI la Chiesa ha modificato le sue regole, permettendola a condizione che non fosse attuata in spregio del credo cristiano. Uno dei motivi per cui si è giunti a questa decisione è anche la carenza di spazio: i cimiteri sono giunti a una saturazione tale che richiederebbero ancora enormi spazi, sottraendo “la terra ai vivi”.

Sarà mai auspicabile un analogo atteggiamento da parte delle autorità religiose islamiche? È probabilmente un’utopia pensare a questa ipotesi: per la religione islamica bruciare la salma affinché diventi cenere è un atto illecito, perché il suo rispetto deve essere lo stesso che si porta ad un corpo vivo. Il profeta Muhammad disse: rompere l’osso di un morto è come rompere quello di un vivo, per estrapolazione anche bruciarlo, perciò i sapienti hanno legiferato di vietare la cremazione. Rispetto alla maggioranza delle altre religioni, siamo di fatto in presenza di culture, tradizioni e modi di vivere molto diversi, a partire dall’incrollabile fede che il musulmano ha, sulla base degli insegnamenti ricevuti.

Quindi escludiamo per sempre la cremazione per gli islamici? Probabilmente sì e per ora non è lecito insistere. Ciò non vieta comunque di guardare in modo positivo ai nostri immigrati di religione islamica, all’auspicata loro lenta e inesorabile (ma non imposta) integrazione, ai cambiamenti che il vivere in stretta simbiosi in una nuova comunità comporteranno inevitabilmente per loro nel giro di qualche generazione (dei timidi segnali si vedono già ora in tema di diritti della donna), alla probabile necessità di pensare diversamente anche al tema della morte e a tutto ciò che ne consegue.

Ivo Bressan, Già presidente di So.Crem – Varese

(*) dati rilevati da “L’Atlante dei Migranti 2018” gedidigital.it Gruppo Editoriale GEDI – Progetto editoriale a cura del Visual Lab e dal XXVII Rapporto Immigrazione di Caritas Italiana e Fondazione Migrantes.

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