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La morte del piccolo grande uomo francese di origine armena, Charles Aznavour, ci ha fatto capire che gli artisti hanno una vita assai più lunga degli altri comuni mortali. Non solo Aznavour è stato longevo in termine di età (94 anni), ma di produzione artistica: più di mille canzoni composte. È difficile dare agli “istrioni” la tragica nobiltà che ha dato lui nella sua famosa canzone “Le Cabotin” tradotta egregiamente in italiano.
Inoltre, avendo recitato (per Cayatte, per Truffaut) dire che Aznavour è un attore con una sua specifica maschera drammatica, è dire nient’altro che la verità. Riecco lo stesso tema della commedia dell’arte ripreso ne “Les Comédiens” in un duetto indimenticabile all’Olympia con una simpaticissima vitale Liza Minnelli che si arrampica col suo strano francese americanizzato, non prima di aver cercato di scappar via quando lui le dice che ha in serbo una bella sorpresa per lei: “Chiudi gli occhi, canteremo in francese”.
Liza ha sempre avuto una venerazione speciale per Aznavour, ammettendo di essersi ispirata più volte a lui per diventare “un’attrice che canta”, più che una vera e propria cantante nel senso classico. Ed è ancora “una storia d’istrione” che salta fuori nella canzone “Je m’ voyais déjà”, buffa storia di un aspirante artista in cerca di successo che sostiene di non essere stato capito dal suo pubblico.
Charles Aznavour nasce a Parigi il 22 maggio 1922 da immigrati di lingua e origine armena, e canta in ben sette lingue. La carriera d’Aznavour conosce il suo primo risveglio nel 1946, allorché venne scoperto da Edith Piaf per la quale compose numerose canzoni. Molto lavoro di autore-compositore per cantanti come Marcel Amont, Mireille Mathieu e numerosi altri, prima di avere il coraggio di diventare interprete delle sue canzoni.
Non osava con quella voce un po’ così, singolarmente brumosa, fatta di scatti repentini quasi a voler rincorrere le frasi in un suo personalissimo recitar cantando che è diventato la sua cifra. Si è esibito in molte parti del mondo.
Ha dato lustro alla Francia ed è stato insignito della Legione d’Onore. È stato ambasciatore d’Armenia dal 12 febbraio 2009 e rappresentante permanente di questo paese presso l’Unesco. Viveva in pianta stabile nel cantone di Vaud a Saint-Sulpice (Svizzera romanda) dopo che ebbe nel 1972, la brutta avventura col fisco francese che lo costrinse oltre a una salatissima ammenda di centomila franchi, anche all’umiliazione di finire in carcere per un anno sotto il governo di Giscard d’Estaing.
Fu una ferita atroce per lui che aspramente risentito ebbe a scrivere una lettera sotto forma di poema che diceva: “Per aver servito la mia patria e la mia cultura, dieci milioni e un anno di prigione”. Dopo il terribile terremoto del 1988 che ha colpito l’Armenia, Charles Aznavour non finisce di dare il suo sostegno al suo paese d’origine, grazie alla fondazione da lui stesso attivata, “Aznavour per l’Armenia”.
Ricordo pure che Aznavour si è sempre battuto per commemorare il genocidio degli Armeni ad opera dei turchi, quando ancora parlare di tale sterminio veniva considerato un tabù, poiché la Turchia è un importante e strategico membro della Nato. Pertanto, si è sempre rifiutato di fare i concerti nella Turchia di Erdogan. Uomo di fede, ha cantato l’Ave Maria davanti a papa Wojtyla.
Gli anni Sessanta sono quelli che gli fanno spiccare quel grande volo che poi manterrà per i 70, 80, 90: “Je m’voyais déjà” (già citata canzone picaresca di un dilettante agli esordi artistici), “Tu t’laisses aller” (1960, inserita da Godard nel film “La donna è donna” parla di una moglie che si mostra sciatta coi bigodini, mezza truccata e mezza no, con le calze arrotolate all’ingiù ), “Il faut savoir” (1961), “Les comédiens” (1962), “La mamma” (1963) sul ritmo di un lento flamenco, “Et pourtant “(1963), “Hier encore”(1964), “For Me Formidable” (1964), “Que c’est triste Venise” (Come è triste Venezia) (1964),”La Bohème” (1965).
Canzoni d’amore, legate al tempo che passa, alla nostalgia di una giovinezza irrecuperabile o di amori appassiti dal tempo. Atmosfere sospese, descrizioni di quel “banal quotidiano”, di cui i francesi sono maestri insuperabili come in “Bon Anniversaire” dove una cerniera lampo di un abito da sera di lei, s’ inceppa e si spacca, e la serata di compleanno si trasforma in serata dove tutto è andato a monte, simbolo di un matrimonio ormai agli sgoccioli. “Et moi dans mon coin” (E io tra di voi) comparsa anche nel film di Alain Resnais “Parole, parole, parole” è stata reinterpretata da cantanti come Mina e Battiato.
Senza nulla togliere a questi interpreti (in particolare alla grande Mina), va detto che le canzoni di Aznavour può interpretarle magistralmente solo lui. Così come “L’Istrione” rifatto da Renato Zero e Massimo Ranieri. Nessuno di questi “istrioni” nostrani però, riesce a eguagliarlo in espressività, anche se ce la mettono tutta. Troppo preoccupati della loro vocalità, forse.
E qui mi urge aprire una parentesi, sul perché i cantautori italiani (parlo in particolare della scuola genovese che più ha risentito della vicinanza con la Francia) non riescono ad uguagliare quelli francesi. Il problema è che Brel, Ferré, Brassens, Aznavour, Bécaud hanno fatto percorsi e studi teatrali, un valore aggiunto nelle capacità interpretative dell’arte dello stare in scena, per un artista canoro. La stessa melanconia come possibile perversione dolcificante diventa, a sorpresa, opera d’arte in Aznavour. La presenza di questo sentimento è naturalmente massiccia nella sua opera, ma la sua maestria, il senso di misura e compostezza, il suo classicismo vocale e artistico fanno sì che il contenuto sentimentale venga sempre disciplinato e mantenuto in una forma perfetta che rende immune dal pericolo insito nei sentimenti di “nostalgia” e “melanconia” spesso nocivi alla resa artistica ed espressiva.
Un breve excursus sulla sua attività cinematografica tralasciando per un momento di parlare di musica. I francesi non usano fare differenze tra cantanti e attori, come si può vedere dalla carriera parallela di Yves Montand (cantante e attore) o di Juliette Gréco (cantante e attrice). Pertanto anche ad Aznavour toccò la sorte di venire reclutato come attore (comédien) in alcuni importanti film come “Un taxi per Tobruk” di Denys de La Patellière, “Il passaggio del Reno” di André Cayatte dove diede un’ottima prova interpretativa, e soprattutto “Tirate sul pianista”, un noir atipico di Truffaut, forse non perfettamente riuscito, ma comunque importante.
Un film che, a detta di molti critici, stravolge i canoni del genere parodiando le figure dei gangster, ritratti come due “vecchi brontoloni” o le scene d’azione come i rapimenti e le sparatorie. Anche il protagonista Chico (Aznavour) è una figura atipica per il genere: un personaggio buffo e timido le cui azioni, sempre in contrasto con i suoi pensieri, sono contraddistinte da un’esitazione che risulterà fatale per le donne che ama. Meno famosa, la tenera commedia sentimentale “Paris au moi d’août ”, interpretata da Aznavour e Susan Hampshire.
È la storia di un uomo quarantenne che rimasto solo in città con moglie e figli in vacanza al mare, si innamora di una fotomodella inglese, un film che gli ispirò la splendida colonna sonora con ottimi arrangiamenti in stile un po’ hollywoodiano eseguiti dall’amico Garvarentz. Canzone omonima al titolo filmico, che personalmente adoro e annovero tra le mie preferite. In “For me formidable” Aznavour riesce ad essere convincente anche quando si cimenta in un genere ludico, leggero e scherzoso, con orchestrazione jazzistica. Come quando sovrappone e mescola l’inglese al francese, in un simpatico gioco di calembour e di assonanze. O in “Les plaisirs démodés” (in Italiano col titolo “Quel che non si fa più”), nella quale si trova a disagio in una discoteca psichedelica dove non si può nemmeno parlare con la persona amata a causa del rumore e cerca di danzare un lento con una lei, recuperando le atmosfere romantiche d’antan.
Avendo egli composto oltre mille canzoni, è difficile fare una classifica, dato che ciascuno di noi ha nel cuore il “suo” personale Aznavour. Buone prove anche come autore per altri, nell’ambito della musica pop. Deliziosa la canzone composta insieme a Garvarentz per Sylvie Vartan “La plus belle pour aller danser” che conserva ancor oggi un fascino innocente e una freschezza virginale. E pure per Johnny Hallyday in “Retiens la nuit”, pezzo musicale inserito nel film a episodi “Le Parigine” con Catherine Deneuve. Il suo sodalizio artistico col musicista e arrangiatore Georges Garvarentz, armeno come lui (divenuto poi suo cognato per aver sposato sua sorella), creerà un binomio indissolubile di successi a quattro mani firmati Aznavour-Garvarentz.
Un sodalizio di grande successo durato fino alla morte dell’amico sopraggiunta nel ’93 che può paragonarsi, per fama e durata, al duo Mogol-Battisti o a Lennon-Mc Cartney. Aznavour ha dichiarato di cantare molto volentieri in italiano e in spagnolo, asserendo che con le lingue latine si sente a casa sua. In Italia ha avuto eccellenti parolieri come Giorgio Calabrese e Sergio Bardotti, da lui stesso molto apprezzati. In effetti riesce a cantare nella nostra lingua, preservando aura alle sue canzoni e mantenendovi intatta tutta la sua particolare francesità.
Ha duettato in Italiano con Laura Pausini, Mia Martini e Iva Zanicchi. La disinvoltura con cui canta e parla numerose lingue è certamente un lascito che gli proviene dal suo essere un uomo dell’Est. I francesi doc per abitudine non sono molto portati per le lingue straniere. C’è una splendida canzone cantata in inglese come “She” che ha fatto il giro del mondo, ha conosciuto una seconda giovinezza poiché è stata la colonna sonora del film “Notting Hill” con Hugh Grant e Julia Roberts, commedia britannica di successo.
Come ha dichiarato alla tv francese, “She” è un brano che lo ha nutrito (nel senso delle royalties) pour toujours. L’ultima struggente canzone di questo grande artista, quella che ha accompagnato il suo viaggio estremo, data in realtà del 1967 ed è “Emmenez-moi” (Portatemi via), canzone sulla ricerca ideale di terre lontane, di paesi meravigliosi fatti di sole e di mari del Sud, scelta in occasione della cerimonia funebre di stato, eseguita nella corte dell’Hotel des Invalides dal grande Coro della Garde Républicaine, alla presenza dell’ambasciatore d’Armenia e del presidente della Repubblica francese, un grande omaggio e tributo all’artista.Emmenez-moi au bout de la terre Emmenez-moi au pays des merveilles Il me semble que la misère Serait moins pénible au soleil.
Qualcosa del suo lungo transito terrestre rimarrà nel tempo.
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