Come essere umano non hai il dono della scienza infusa, per cui c’è sempre la possibilità di imparare qualcosa e spesso hai la necessità di dover mormorare fra te e te: “Ma guarda … è vero che è così. Io non lo sapevo”. L’imparare cose nuove è un lato affascinante del nostro esistere perché il nuovo ci attira sempre, anche se non sempre può essere piacevole, è ovvio!
Eravamo tra amici e uno dei più giovani mette in luce e mi insegna una cosa da lui appena appresa sulla malavita organizzata: la mafia siciliana appare organizzata in modo piramidale, con un boss apicale ed una organizzazione di sottostanti strettamente legati alla fedeltà, che danno vita e sviluppano interessi molto estesi, anche all’estero. La “ndrangheta” invece ha famiglie parallele che possono essere collaboranti o in competizione anche estrema. Anche lei si estende molto dal territorio d’origine ed è quindi presente in molte nazioni estere. La camorra è diversa: ha gruppi che controllano territori non molto estesi, ma intensamente popolati per cui assicurano un buon giro d’affari. Tutte le organizzazioni puniscono con ferocia chi sgarra, chi non rispetta le regole e le gerarchie. Questo lo sapevo, mentre della malavita non conoscevo le differenze.
Tra una chiacchiera e l’altra il discorso passa sulla futura impellente elezione del nuovo tremebondo consiglio d’amministrazione della tentennante Provincia. Essendo una elezione limitata a consiglieri comunali e sindaci, è più facile fare delle previsioni sui risultati, per cui ovvi i commenti sulla personalità del futuro presidente che appare impregnato da una visione particolarmente campanilistica del suo ruolo politico, considerando le dichiarazioni che ama fare. Difetto di questa modalità di elezione è la eccessiva debolezza dei piccoli comuni, che potrebbero avere un maggior peso se avessero la possibilità di coordinarsi tra di loro, ma difficoltà tecniche (ad esempio il banale tempo a disposizione necessario per farlo), i colori politici e sempre i campanilismi impediscono gli incontri e le intese, per cui va a finire che i comuni dei centri più importanti per dimensioni, come le città più abitate, la fanno da padroni. Altro difetto, ma non solo di questo Ente, è la colorazione politica delle parti che prevale sui bisogni reali delle comunità che vivono sui territori provinciali.
Le Province appaiono “tremebonde” e “tentennanti” perché non si capisce se vivranno a lungo o se sono destinate a scomparire, ma in che modo? Chi le sostituirà? I compiti che svolgono chi li farà?
Il giovane universitario, ricco d’entusiasmo si propone a candidarsi al consiglio d’amministrazione appunto della Provincia. Nulla in contrario, ma essendo tra amici sinceri c’è chi si preoccupa per lui, per il tempo da dedicare allo studio che gli verrà rubato dall’incarico. Più facile, più bello dedicarti alla politica che non sudare sui libri, per cui il vocione di un amico, ricco di molta bonomia e saggezza, gli dice che ogni mese dovrà mostrare a tutti il suo libretto per confermare i progressi negli studi, essendo questi ultimi il suo dovere prioritario nei confronti di se stesso, della sua famiglia, della società, e non la carriera politica che non ti dà una professione È vero! Molti ragazzi dimenticano che è loro primo dovere quello di appropriarsi anche con fatica della possibilità di avere nella vita un lavoro, una professione, per essere utili per il prossimo, ossia per la società.
In questi giorni pare che non sia più molto di moda o di interesse parlare dei numerosissimi ragazzi disoccupati che non lavorano, non studiano, che apparentemente stanno buttando il loro tempo nel vuoto. I loro numeri sembra che non rientrino più nelle statistiche sociali. L’urlato, prossimo, fumoso “reddito di cittadinanza” li coinvolgerà risolvendo i loro problemi o invece complicandoli? Le regole di questo provvedimento, che a sprazzi vengono annunciate, lo stanno facendo diventare la brutta copia di organizzazioni già presenti in altre nazioni, per esempio nella Svizzera ricca d’industrie e di attività, per cui capace di offrire tanti posti di lavoro, ed il meccanismo funziona. Vista invece la nostra situazione italiana, viste le “brillanti” qualità sopra dette dei molti nostri disoccupati, sorge il fondato timore che questo “benedetto reddito” sposterà nel tempo il problema senza risolverlo e minaccerà con i suoi risvolti i bilanci della nazione. Questo elemento fa tremare gli economisti più esperti e più saggi dei politici, che hanno fatto la campagna elettorale basandosi su questa proposta, proclamata in modo fumoso ma allettante, per poterla usare come esca di voti a cui hanno abboccato migliaia di persone che vivono in estrema necessità.
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