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Opinioni

ITALIA SUL BALCONE

VINCENZO CIARAFFA - 05/10/2018

Di Maio affacciato sul balcone di Palazzo Chigi (Ansa)

Di Maio affacciato sul balcone di Palazzo Chigi (Ansa)

Proprio la domenica dell’11 luglio del 1982, il giorno della finalissima Italia – Germania ai campionati del mondo di Spagna, mi toccò il servizio di vigilanza al Quartiere Generale del Comando Regione Militare Meridionale di Napoli, che all’epoca si trovava in un palazzotto di via Piedigrotta se non ricordo male. Ebbene, quando l’arbitro Coelho fischiò la fine della partita sancendo la schiacciante vittoria della nostra nazionale, l’Italia andò in sollucchero, ma a Napoli addirittura s’impazzì dalla gioia, compreso io!

Preso dall’euforia e senza chiedere la preventiva autorizzazione al comando superiore, issai il Tricolore al balcone del palazzotto mentre sotto transitava un’incalcolabile massa di persone che, in un festoso corteo, dirigeva in direzione dello stadio San Paolo.

Non appena la folla sottostante si accorse del mio patriottico armeggiare si fermò e incominciò a gridare ancora più forte, e financo prese ad applaudirmi. Confesso che una tale reazione non l’avevo prevista e, perciò, restai per qualche minuto sconcertato… balcone, applausi, folla: mi si affacciò alla mente un precedente storico improponibile, in aggiunta al fatto che dalle parti di Napoli è credenza che i balconi portino sfiga.

Ma quando parliamo della sfiga dei balconi, più che a Mussolini, noi campani ci riferiamo ad Aurelio Padovani, il Ras fascista che nel 1926 morì in seguito al crollo del balcone mentre rispondeva al festoso saluto della folla in via Orsini, non molto lontano da dove mi trovavo quell’11 luglio del 1982. Insomma, ve n’era abbastanza in fatto di reminiscenze negative perché, con scarso tatto e poca discrezione, mi dessi ad una fulminea (e poco militare…) fuga.

Il giorno dopo seppi che la stessa cosa, e per le medesime considerazioni evidentemente, aveva dovuto fare l’allora presidente del consiglio Giovanni Spadolini che, preso anche lui dall’entusiasmo per la vittoria della Nazionale, si era affacciato al balcone di Palazzo Chigi mentre in piazza esultava la folla. Quella sera, difatti, in Italia nessuno volle essere appellato come “uomo del balcone” … troppo vicini certi precedenti storici nefasti.

Sono passati appena trentasei anni da quella bella domenica di luglio ma è come fosse cambiato il mondo, anzi è cambiato “un mondo”: si è frantumato il Patto di Varsavia, è sparita l’Unione Sovietica, la Cina è diventata un colosso economico e militare, in Italia la vecchia classe politica è stata spazzata via da Mani Pulite, è iniziato l’imperio planetario di Internet e della politica a mezzo Twitter.

Sicché, neppure il tabù del balcone oggi esiste più, dato che 4,021 miliardi di persone nel mondo e 43,31 milioni di italiani stanno su di un balcone mediatico tutti i santi giorni ed a tutte le ore (dato Web Marketing Manager.net). Perciò, oggi, Spadolini e più modestamente io non avremmo nessuna remora a comparire su di un balcone per salutare una folla festosa.

Eppure, nonostante questo mutato atteggiamento mentale nei confronti dei balconi, molti politici si sono stracciati le vesti quando Di Maio e i ministri grillini si sono affacciati al balcone di Palazzo Chigi lo scorso 27 settembre dopo che era stato stilato il Documento di programmazione finanziaria, meglio noto come Def.

«Populista, Inqualificabile, fascistoide, inquietante ricerca del contatto diretto col popolo», questi sono stati i principali giudizi espressi dalle opposizioni sulla performance di Luigi Di Maio. E ciò mentre l’ex ministro del Pd Calenda e il presidente di Confindustria Boccia litigavano come due grasse vajasse napoletane sui balconi virtuali di Twitter.

Intanto sarei preliminarmente curioso di capire perché in democrazia il contatto diretto di un leader col popolo è da considerarsi inquietante visto che tutte le democrazie elettive, in quanto tali, sono “popolari”.

Peraltro neppure la pensata di questo governo di voler mantenere il rapporto deficit-Pil al 2,4% la trovo così sconvolgente, visto che quando governavano coloro che oggi si dicono costernati, questi erano i numeri del suddetto rapporto: 5,3% nel 2009 – 4,2% nel 2010 – 3,7% nel 2011 – 2,9% nel 2012 – 2,9% nel 2013 – 3% nel 2014 – 2,6% nel 2015 – 2,5% nel 2016 – 2,1% nel 2017. Anzi, Renzi nel 2017 propugnava addirittura un patto con Bruxelles per stare intorno al 2,9% per almeno cinque anni. E siccome la matematica non è un’opinione…

E v’è, infine, un particolare che non trascurerei: la politica finanziaria dei precedenti governi non ha messo denaro in circolazione perché tesa principalmente o al taglio del costo dei servizi, o al salvamento del sistema bancario, mentre ora sono potenzialmente disponibili trenta miliardi di euro da mettere in circolazione. Ebbene, vogliamo provare a immaginare i proventi che entrerebbero nelle casse dello Stato della tassazione diretta e/o indiretta di acquisti vari per oltre trenta miliardi di euro, in sottrazione peraltro da quel debito pubblico dal quale quei miliardi saranno in buona parte virtualmente “prelevati”?

Ma allora perché è stata inopportuna, puerile e anche prevaricante la sceneggiata Di Maio dal balcone?

Intanto perché l’annuncio lo doveva dare il capo del governo e non lui, e poi perché il testo del Def deve essere ancora spurgato e sistemato e, in ogni caso, il reddito e la pensione di cittadinanza non saranno certo esigibili dalla prossima settimana come, invece, ha indotto a pensare la sua esibizione dal balcone.

E infine starei attento a non ridurre la figura del premier, che pure è persona intelligente e preparata, a una sorta di marionetta, perché quando il capo del governo diventa una marionetta è il governo stesso a sembrare un teatro dei burattini.

Mentre scriviamo il web informa che la manifestazione organizzata il 30 settembre dal Pd in Piazza del Popolo, contro il governo, è stata un mezzo flop per quanto riguarda le presenze che erano state stimate in 500.000 e invece sono state – a dire degli organizzatori – 50.000.

Come dire un altro “balcone” improvvidamente aperto.

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