Ito Mario Giani ci ha lasciati. Era nato a Varese il 5 settembre 1941. L’atletica è stato il suo grande amore sportivo. Velocista cresciuto nella Biumense, ha partecipato a due Olimpiadi, Tokio 1964 e Città del Messico 1968.
Nel 1965, con Rimoldi, Monetti e Ottolina, ha conquistato il titolo italiano nella staffetta 4×100. Nel 1966 è stato finalista all’Europeo di Budapest (5º nei 100 e 6º nella 4×100). Il 1967 è stato il suo anno magico. Dopo il titolo di campione d’Italia nei 200 (21″3), l’incetta di medaglie alle Universiadi di Tokio: oro nella 4×100 con Roscio, Preatoni e Berruti (39″8) e due bronzi nei 100 e 200. Nel 1968, alla Preolimpiade di Città del Messico, con Ottolina, Preatoni e Berruti, ha firmato lo strepitoso 39″2 per il record italiano della 4×100. Ha abbandonato l’attività agonistica nel 1969 in seguito a un grave infortunio in motocicletta, altra sua grande passione.-
Un campione di stile e di eleganza. Stile, eleganza, semplicità di modi, riservatezza, un amore passionale per la sua atletica, vissuto con punte di nostalgia, è sull’onda di questi caratteri che ebbi la fortuna di incontrare e stimare Ito Mario Giani, il varesino volante, l’atleta il cui nome figura nell’olimpo mondiale della velocità.
Quando nell’ormai lontano 1989 proposi a monsignor Pigionatti una serata sui giovani e lo sport, il primo nome che uscì da don Tarcisio fu quello del dottor Ito Giani, il velocista che aveva sfidato e battuto le più grandi firme dell’atletica nazionale e mondiale.
Monsignore lo teneva in grande considerazione, lo stimava moltissimo come uomo e come atleta. Lo conobbi poi meglio in occasione dell’Oro in bocca, il libro di sport che ho scritto con Enrico Valente.
Quando gli proposi l’intervista era visibilmente soddisfatto, felice di poter collaborare rispolverando quella parte fondamentale della sua vita che si legava alla storia dello sport nazionale. Sempre disponibile, collaborativo, mai critico, con la battuta ilare e distensiva che raccontava di medaglie d’oro, di sfide con i più forti velocisti mondiali, di aneddoti che lo hanno visto protagonista di appassionate performance motociclistiche insieme al suo amico Eddy Ottoz, subito dopo le Olimpiadi messicane.
Ho vissuto con lui e Bruno Franceschetti – che l’ha ricordato con commozione – alcuni momenti di sport a Genova, in occasione della Festa delle Stelle nello Sport e ho avuto la fortuna di condividere incontri nelle scuole medie della provincia di Varese, ricordando sprint vissuti, finali vinte, staffette stellari con Rimoldi, Monetti, Ottolina, Roscio, Preatoni, Giannattasio, Berruti e poi via via la sua amicizia con Eddy, quella con Laverda, la vittoria spettacolare alle Universiadi di Tokyo nel 1967.
Riporto la breve intervista fattagli poco prima delle Olimpiadi di Rio.
Ito, si avvicinano le Olimpiadi di Rio, come vivi questo avvenimento?
Non essendo, purtroppo, protagonista in campo, vivo questo avvenimento in maniera distaccata e nostalgica, da osservatore curioso di vedere cosa ci regaleranno gli atleti italiani.
Quali i ricordi più significativi di Tokyo 64 e Città del Messico 68?
Ricordo Tokyo come un’entusiasmante presa di conoscenza di un mondo nuovo, di una cultura diversa da quella italiana e occidentale. Dal punto di vista sportivo è stata la presa di coscienza di far parte della migliore gioventù mondiale di quel periodo storico.
Come vedi l’atletica di oggi?
Auguro di cuore ai protagonisti dell’atletica italiana di essere all’altezza della situazione.
È possibile avere ancora velocisti come Giani, Berruti, Mennea?
Bisogna trovare individui che, alle indispensabili doti naturali, sappiano unire straordinarie doti morali. Io mi considero un velocista che ha unito a doti naturali, una forte volontà di “arrivare”. Berruti era un’eccezione dal punto di vista della facilità di corsa, un mix di scioltezza e potenza relativa, unita a una coordinazione naturale, eccezionale. Mennea è stato un esempio di volontà unita a una feroce dedizione e a un’ eroica capacità di soffrire nella preparazione.
Come vivi questi anni?
Attualmente sto combattendo una personale battaglia contro una malattia. Sono ottimista circa l’esito.
Che cosa ti manca di più?
Come a tutti quelli che non l’hanno più, anche a me manca la gioventù, ma non ne faccio un problema: mi adeguo.
Caro Ito, vogliamo ricordarti così, non solo per il tuo glorioso passato, ma soprattutto per l’amicizia che ci ha unito e che hai testimoniato in varie occasioni.
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