Martedì prossimo 9 ottobre si correrà l’edizione numero 98 della Tre Valli Varesine, un po’ in ritardo per via dei recenti mondiali, rispetto alle consuete scadenze agostane. La classica della Binda, rivitalizzata alla grande dal patron della società Renzo Oldani, è ormai a soli due anni dal suo centesimo compleanno. Una storia lunghissima scritta da moltissime stelle di prima grandezza del ciclismo nazionale e internazionale.
Nell’agosto del 1948, settant’anni fa, si disputò la Tre Valli con più folla lungo il percorso (250 mila persone e forse più) e che fin sulla linea d’arrivo ebbe come protagonisti due atleti che hanno fatto la storia non soltanto ciclistica dell’Italia del dopoguerra: Gino Bartali e Fausto Coppi. Quella mitica edizione è stata ricostruita da Cesare Chiericati e Damiano Franzetti nel libro “Mondiali, un secolo di storia” pubblicato alla vigilia dei mondiali varesini del 2008, gli ultimi vinti da un italiano, Alessandro Ballan. Eccone un brano.
Una folla biblica lungo il percorso
“Quante biciclette ho veduto domenica! I miei ricordi di guerra in Africa si condensano facilmente in un’infinita teoria di bidoni di benzina vuoti, il ricordo della “Tre Valli” rimarrà per me consolidato in un’infinita teoria di biciclette”. Così lunedì 9 agosto 1948 Fulvio Campiotti inviato di costume della Prealpina al seguito dell’edizione numero 28 della corsa della Binda, vinta in volata da Fausto Coppi su Gino Bartali. Poco meno di mezza ruota aveva diviso i due fuoriclasse sul traguardo di Viale Ippodromo teso proprio alle spalle delle vecchie tribune rifatte negli anni ‘70. Il campionissimo aveva prevalso di pochissimo – il fotofinish non esisteva ancora – e a molti tifosi aggrumati sul traguardo era parso che a prevalere fosse stato invece il toscano. Così rientrando verso casa in bicicletta ognuno dava la proprio versione di quel concitato sprint: << ha vinto Coppi, no ha vinto Bartali >>. Fu quello il leit motiv contraddittorio del dopo corsa che avvinceva adulti e bambini, anch’essi già rigorosamente divisi tra coppiani e bartaliani. Poi finalmente arrivò via radio la notizia ufficiale che pose fine all’incertezza: la vittoria era di Coppi.
Quella incredibile Tre Valli, con ai primi due posti i migliori campioni dell’epoca, viene considerata la più appassionante di sempre, insuperata per valore tecnico-agonistico e per concorso di pubblico, 250 mila persone e forse più. La perfetta organizzazione assicurata da Togn Ambrosetti, geniale animatore del ciclismo varesino del novecento, lo splendido scenario naturale e la presenza di un pubblico immenso e appassionato contribuirono non poco a rilanciare Varese come sede di una prossima prova iridata.
<< Aveva qualcosa di biblico quello spostarsi di gente a piedi e in bicicletta caricata di sacchi, di valige, di borse, di pacchetti. – annotò sempre Fulvio Campiotti -. Folla anonima in cui il volto dei singoli spariva per lasciar posto ad un volto unico che col progredire del tempo e col mutare delle condizioni meteorologiche cambiava aspetto, passando dalla malinconia degli indumenti adatti alla pioggia, alla festosità delle camicie e delle membra nude esposte allo sfolgorio del sole >>. Tutta quella gente aveva cominciato ad addensarsi sul percorso all’alba disponendosi lungo le strade del circuito che saliva al Brinzio per poi svoltare su Bedero, scendere in Valganna e quindi rientrare su Varese. Tre anni dopo sarebbe stato il tracciato dei mondiali di Kùbler.
La partenza avvenne alle 7.30 del mattino, un orario oggi impensabile. Le polveri si accesero subito, se ne andò un gruppetto forte di atleti come Toni Bevilacqua, Mario Ricci, Alfredo Martini, Vito Ortelli e altri. I big lasciarono fare poi il colpo di scena che avrebbe potuto mutare il volto della gara: poco fuori Bedero ci fu un caduta in cui fu coinvolto anche Fausto Coppi che si rialzò dolorante con alcune escoriazioni alle braccia e a una coscia. Forse pensò al ritiro, parlò col direttore sportivo della Bianchi Tragella poi risalì in sella. Rientrò rapidamente in gruppo ma appariva sfiduciato, avvilito, i fuggitivi avevano già accumulato un vantaggio di oltre sei minuti. All’inizio della settima tornata Bartali, fresco vincitore del suo secondo Tour de France disertato da Coppi per una volta mal consigliato dal suo scopritore Biagio Cavanna, ruppe gli indugi e uscì dal gruppo. Per Fausto fu come un’ iniezione di adrenalina, si risvegliò dal torpore e con una fulminea progressione si pose con altri compagni di avventura alla ruota del grande rivale. Fu l’inizio di una cavalcata memorabile. Bartali prese decisamente il comando delle operazioni imponendo all’inseguimento un ritmo sostenutissimo, solo il campionissimo rimase con lui ma lasciò al rivale il peso dell’inseguimento dandogli solo brevi cambi col contagocce. La folla era letteralmente in delirio. All’inizio dell’ultimo giro piombarono sul drappello dei fuggitivi e fu subito chiaro che la corsa si sarebbe risolta in volata, nessuno disponeva ormai di energie sufficienti per tentare una soluzione solitaria. Inevitabile l’arrivo allo sprint, favoriti nell’ordine Ricci, Bevilacqua e Bartali. La volata non era esattamente la specialità di Fausto Coppi. Il salto della catena a un chilometro dal traguardo tolse di mezzo Ricci che con Ortelli era stato il grande artefice della corsa. Partì da lontano Bevilacqua tallonato da Coppi, Bartali e Ortelli. Quando Coppi uscì allo scoperto Bartali fu costretto, da una involontaria sbandata di Bevilacqua, ad allargarsi verso i tifosi assiepati lungo le tribune. Per un attimo smise di pedalare e la rimonta su Fausto risultò impossibile. Bartali che si era quasi per intero sobbarcato lo sforzo del ricongiungimento con i primi, non fece polemiche. Diede a tutti appuntamento ai mondiali di Valkenburg in programma all’inizio di settembre. Fu una promessa disattesa perché in terra olandese i due fuoriclasse di casa si disinteressarono letteralmente della competizione controllandosi a vicenda sino al ritiro. Un puntiglio degno di due primedonne del Varietà. Una scelta che verrà sanzionata dalla Federazione con due mesi di squalifica per entrambi, poi ridotta a un mese, per non compromettere il Giro di Lombardia, la classica di chiusura di ottobre.
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