Tra poche settimane saranno trascorsi cento anni dalla vittoria italiana nella prima guerra mondiale, una vittoria nata dalla volontà di un popolo che si era rinsaldato dopo Caporetto ma anche perché gli avversari – esausti – non erano più in grado di combattere. Questi mesi sono stati occasione di una rilettura storica di quella guerra ed ancora una volta si è parlato – di solito negativamente – di Luigi Cadorna, il comandante in capo delle truppe italiane accusato di tener poco in conto la vita dei propri soldati.
Il carnaio della guerra fu infatti soprattutto uno scontro di trincee, senza la mobilità dei fronti che contraddistinse la guerra successiva, frutto anche della impostazione che su tutti i fronti avevano gli alti ufficiali ed i comandi.
In Italia è nota e controversa quindi la figura del conte LUIGI CADORNA (Pallanza 4.9.1959 – Bordighera 21.12.1928) il capo di Stato Maggiore dell’esercito italiano prima e durante la prima guerra mondiale fino alla disfatta di Caporetto, mentre meno noti sono altri personaggi della sua famiglia, importanti perché spiegano forse anche alcuni suoi atteggiamenti e un suo profilo psicologico.
La famiglia nobile dei Cadorna era originaria di Pallanza, ora Verbania, sul Lago Maggiore, ma aveva proprietà terriere soprattutto a Besozzo e nella zona di Angera. Una famiglia borghese che non aveva quarti di nobiltà che storicamente si era spostata dalla Lombardia al Piemonte e che per tutto l’800 rincorse una propria visibilità alla corte sabauda sottolineando soprattutto le sue benemerenze in appoggio ai Savoia prima e durante il periodo napoleonico.
All’inizio di quel secolo la situazione della famiglia non era economicamente brillante perché le rendite terriere erano limitate e quindi i Cadorna si imposero nell’800 all’attenzione di Torino soprattutto attraverso alcuni personaggi di spicco nell’esercito e nella politica piemontese, la tipica scalata di una famiglia di provincia in una corte dove si doveva fare bella figura pur disponendo di pochi quattrini.
Una famiglia caratterizzata da una forte connotazione cattolica e conservatrice, poco partecipe ai maneggi della corte subalpina dove i riconoscimenti nobiliari erano la massima aspirazione perché sottolineavano una crescita di prestigio di una famiglia.
Il padre di Luigi – il generale RAFFAELE CADORNA (1815-1897) – è noto soprattutto per aver comandato i reparti italiani alla presa di Roma (20 settembre 1870) ma, dopo aver valorosamente partecipato alla seconda guerra di indipendenza, negli anni precedenti a Porta Pia si era distinto per una spietata lotta al brigantaggio nelle regioni meridionali e nella repressione delle proteste del 1869 contro l’imposizione della tassa sul macinato. Raffaele Cadorna fu successivamente eletto deputato e infine nominato senatore del regno. Era cresciuto nelle scuole militari piemontesi prima delle guerre di indipendenza in una corte molto chiusa e di idee limitate, dove i “liberali” non erano certamente ben visti e di questa impostazione Raffaele ne mantenne una traccia nel carattere e nell’impostazione mentale che in qualche maniera fu trasferita anche al figlio.
Zio di Luigi Cadorna (e fratello di Raffaele) era invece CARLO CADORNA (1809-1891) che – dopo aver compiuto i suoi studi a Torino in campo giuridico – fu deputato per sei legislature e poi presidente (nel 1857) del parlamento subalpino. Fu anche ministro dell’istruzione del regno sabaudo con Cavour e successivamente prefetto di Torino nel 1864. Carlo fu anche ministro degli interni del neonato regno d’Italia nel 1868 e successivamente nominato ambasciatore italiano a Londra. È oggi ricordato in un monumento sul lungolago di Pallanza e la sua effige riportata nella “Galleria dei Presidenti” alla Camera dei Deputati a Montecitorio, considerata continuatrice di quella piemontese.
Figlio, invece, di Luigi Cadorna fu il generale RAFFAELE CADORNA (Pallanza 12.9.1889 – Verbania 20.12.1973) che partecipò alla guerra di Libia e alla prima guerra mondiale seguendo poi una brillante carriera militare fino ad essere nominato generale nel 1935. Raffaele era molto tiepido nei confronti del fascismo, si dichiarò contrario alla guerra d’Etiopia e fu quindi emarginato dal regime. Nei giorni successivi all’armistizio del 1943 era a Roma dove comandava la divisione Ariete che si oppose ai tedeschi alle mura di San Paolo.
Partecipò attivamente alla resistenza comandando il Corpo Volontari della Libertà (di ispirazione cattolica) e da Milano – dove presiedeva il CNL – proclamò nell’aprile 1945 l’insurrezione generale. Fu l’ultimo comandante di stato maggiore del regio esercito nel 1945 e successivamente venne eletto senatore per tre mandati nella Democrazia Cristiana dal 1948 al 1963.
You must be logged in to post a comment Login