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Editoriale

SUDDITI

MASSIMO LODI - 05/10/2018

grande-fratello1Anche a chi, come il sottoscritto, nulla sa di cose economiche, la teoria del complotto dell’Europa per far crollare il governo italiano a colpi di spread appare una calcolata strategia di cattura del consenso elettorale.  È vero, questo sì, che le critiche dichiarazioni di componenti della Commissione di Bruxelles sulla manovra finanziaria italiana allargano il differenziale tra i nostri Btp e i Bund tedeschi, ma questo accade perché essa non s’adegua alle regole datesi dall’Ue nella concordia delle nazioni che vi appartengono.

Quando si devìa dall’intesa sottoscritta, l’Europa mette sull’avviso il trasgressore (è tenuta a metterlo sull’avviso: glielo impongono gli Stati membri) e non va certo attribuita alla prima, bensì al secondo, la colpa della successiva burrasca sui mercati.

Perciò non è il Dombrovskis o il Moscovici di turno a diffondere capziose notizie al malevole scopo di danneggiare la coppia Salvini-Di Maio e il loro portavoce Conte. Sono i tre, cui si aggiunge uno stravolto ministro dell’Economia, a obbligare gli altri a richiamarli all’ordine. Il tutto si verifica per tutelare il risparmiatore (italiano o non italiano) che ha comprato o intende comprare i nostri titoli di Stato, e non per nuocergli. Se il Paese fosse affidabile, non esisterebbe alcuno spread. Siccome siamo in presenza del contrario, continua invece a manifestarsi e a salire.

D’altra parte a ignorare quale sarà il destino finale della “manovra del popolo”, e dunque a non credervi fermamente, sono i manovratori stessi, che annunciano -tra una giravolta e l’altra- lo sforamento del deficit senz’aver individuato, oltre a coperture adeguate, perfino cifre precise di spesa per ogni suo singolo capitolo. Non un dettaglio da poco. E dunque, perché meravigliarsi se tale fragilità induce l’Europa a bacchettarci e il proposito di scommettere denaro sul futuro di Roma allarma gl’investitori?

Il punto (debole, debolissimo) è che la strategia del governo gialloverde viene giudicata rischiosa: la decisione di aumentare il debito pubblico e la difficoltà a onorarlo sono (1) una scelta dichiarata e (2) una previsione attendibile. Ovvio che le reazioni abbiano il tono di quelle ascoltate nei giorni scorsi (ascoltate e viste: cento miliardi di titoli di Stato venduti da clienti stranieri). Non bisogna essere dei politici di lungo corso o dei navigati analisti finanziari per avere perplessità sull’automatismo reddito di cittadinanza-aumento del Pil. Ovvero: chi garantisce che i 780 euro messi nelle tasche di qualche milione d’italiani saranno destinati ai consumi favorendo la crescita economica? E non invece conservati sotto forma di risparmio, così vanificando lo spirito della fallibile riforma, degradata da investimento per la crescita a sussidio assistenzialista? A meno che lo Stato controlli, insieme al diritto del percettore ad ottenerlo, il modo in cui egli usufruisce del  bonus ricevuto (“No a un utilizzo immorale”, chiosa senz’imbarazzarsi Di Maio). Ma non è realisticamente immaginabile che lo Stato si autoproclami etico, esercitando un’inquietante azione di sorveglianza su cittadini trasformati in sudditi del Grande Fratello. O invece sì?

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