Vi ricordate quando si andava dal cartolaio a rifornire la cartella per il primo ottobre?
La scelta non era poi molta: quaderni normali o a spirale, a righe e a quadretti; album da disegno; carte assorbenti; matite, cannuccia e pennini o penna stilografica – un lusso!-; carta per ricoprire i libri e nastro adesivo; pastelli, tempere, riga squadre e compasso. Mezzora? Un’ora di acquisti? Poi via, a tagliare carta, piegare, scotchare, incollare etichette e riporre in bella vista.
Ma oggi… Ok che siamo di una generazione di nonni, ok che gli insegnanti hanno le loro indiscutibili motivazioni didattiche, ok che le case editrici devono pur sopravvivere alla desertificazione di lettori.
Ma vi sfido ad accompagnare un nipote dodicenne all’Iper e non uscirne disfatti.
Innanzitutto occorre un dizionario per il lessico.
“Due quaderni a quadretti e due a righe”: mi avvicino alla pila di quaderni (formato, appunto, quaderno, 15X20). “Ma nooo, quelli sono quadernetti” sbuffa l’esperto, e prende quelli che a casa mia si chiamano quadernoni. “Ah, i quadernoni”, faccio io ingenuamente. “Naaah, i quadernoni sono questi” e afferra un contenitore ad anelli, altrimenti detto dalla zia svizzera classeur. Mi adeguo, e vado in cerca dei quadretti che sono appena più in là: oddio! Ci sono quadretti piccolissimi, piccoli, medi e grandi; con margine o senza margine; con margini in evidenza –dicono per i dislessici – o normali; e pure quadretti computisteria. Che fare? Poi occorrono quaderni con la spirale ”per staccare i fogli” recita a memoria l’alunno diligente: ma con i buchi o senza? Con la copertina rigida o molle? Con i divisori colorati o no?
E la rubrìca (“Nonna, dicono tutti rùbrica”) sarà piccola, a righe, senza righe, formato gigante, con copertina rigida, con gli anelli, con le lettere colorate o in bianco e nero…
Al rientro sono sfinita.
Ed eccoci alla fase copertura libri di testo (qualcun dice “fasciare” ma mi ricorda troppo l’ospedale).
Un libro, per me che li leggo e li scrivo pure, dev’essere maneggevole; non troppo pesante; stampato a caratteri leggibili; ben rilegato; e soprattutto, formato libro. Ahinoi, i testi scolastici di oggi sono super colorati, ricchissimi di disegni fotografie schemi riassunti esperimenti: ma non stanno in piedi da soli neanche a dargli la simpamina. Hanno un formato a metà tra l’album e la rivista patinata, più quadrati che rettangolari, con una copertina molliccia che si confonde con le pagine, e non c’è verso che stiano dritti sullo scaffale della libreria: si piegano svenevoli due secondi dopo che li hai riposti. Mettiamoci un ferma libri: per un po’ resistono, poi si piegano in alto. E sporgono fastidiosamente dalla mensola che è fatta a misura – APPUNTO!- di libro. Per di più, per non appesantire gli zaini degli adolescenti, sono divisi in tre, quattro parti, il che li rende ancora più inconsistenti e flessuosi.
Forse abbiamo risolto il problema con quei portariviste dell’Ikea fatti di buon legno di pino, dividendoli per materia, e mi sembra che i libri stessi siano soddisfatti di questa sistemazione protettiva.
Sembrano bimbi piccoli con il girello.
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