Qualche settimana fa Palazzo Estense fa sapere che due nuovi “avvisi pubblici” per la manutenzione ordinaria di giardinetti, rotonde, piccoli incolti, bordi stradali e quant’altro sono rimasti lettera morta. Vuol dire che commercianti, aziende, associazioni non sono interessate al decoro cittadino nonostante qualche caso positivo in merito esista: per esempio le rotatorie Ippodromo-viale Valganna e Sanvito Silvestro – XXV Aprile ben accudite da sponsor privati. Insomma pare proprio che globalmente i varesini se ne infischino e non ne vogliano sapere di partecipare attivamente al rilancio del look cittadino.
Di fronte a questi ricorrenti dinieghi, l’Amministrazione torna alla carica con un elenco di cinquantadue aree verdi dichiarate adottabili, un elenco in cui c’è di tutto. Sono tante, disseminate un po’ ovunque e il loro endemico degrado contribuisce non poco a veicolare l’immagine di una città sciatta, poco curata, approssimativa. E ciò è ancora più evidente nell’ora delle celebrazioni – in molti casi eccessivamente pletoriche di eventi ed eventini – di Nature urbane, il festival del paesaggio che apre ai cittadini i parchi privati e pubblici tratto distintivo di Varese. Un patrimonio questi ultimi che la politica sembra vivere più come un onere che come un’opportunità, un investimento su cui puntare. Pare latitare la consapevolezza che più vengono curati con intelligenza e attenzione alla loro storia, più sono resi frequentabili, accoglienti e sicuri, più ne beneficia l’intera comunità in termini culturali, civili ed economici.
Questo deve però avvenire all’interno di un progetto – per ora inesistente – di recupero e valorizzazione complessiva di brani di città, al di fuori del perimetro dei parchi stessi, vasti e significativi. Se i privati non intervengono per ragioni che forse farebbero bene a rendere pubbliche una volta per tutte, il Comune però non può gettare la spugna e lasciare che il degrado avanzi incontrastato. Ha, al contrario, il dovere istituzionale di garantire comunque un minimo di manutenzione. In moltissimi casi, in assenza di risorse, basterebbe: 1. tagliare l’erba con regolarità 2. estirparla tra i cordoli dei marciapiedi, alla base degli archetti anti sosta, lungo i muri di cinta di condomini, ville ed edifici vari, nei tombini intasati e abbandonati da decenni 3.rinnovare alcune rotonde stradali semiabbandonate. In merito consigliamo a tutti una visita alla “tangenzialina” della Valle Olona dove un paio di rotatorie, un biglietto da visita situato all’ ingresso della città giardino, versano in condizioni vergognose. In linea peraltro con quelle del Gaggiolo, valico internazionale di prima classe, di recente rifatte per gli adeguamenti stradali conseguenti alla costruzione delle ferrovia Arcisate – Stabio e probabilmente in carico manutentivo alla Provincia.
Da decenni ormai Varese soffre, in molte zone, di un degrado trasversale alle giunte che si sono via via succedute a Palazzo Estense, quasi una sorta di accidia amministrativa, di miopia verso il bello, il pulito, il vivibile, il ben fatto, un dato davvero allarmante per una città che – diciamolo con franchezza – non è mai stata quel “paradiso perduto” di cui si scrive e vagheggia, ma che aveva una sua cifra riconosciuta e riconoscibile di ordine e di discreta vivibilità urbana.
Neppure la giunta di Davide Galimberti, meritevole in altri settori (vedi progetto stazioni), ha saputo cambiare passo su questo terreno. Prova ne sia che nelle castellanze, nei rioni e ovviamente in centro stanno riprendendo quota anche i graffitari. Via Cairoli, via Garibaldi, Piazza Ragazzi del ’99, piazza Marsala, il Vicolo Zeni, per limitarci al cuore urbano più in vista, raccontano di una ripresa lenta ma sicura del fenomeno. Una città che in campagna elettorale veniva proposta per appeal urbano come futuro competitor delle cugine Como e Lugano non può rassegnarsi a questa perdurante mediocrità. Da più parti si dice, a ragione, che Varese nel futuro prossimo dovrebbe limitare se non invertire le sue attuali emorragie demografiche grazie a un recupero di residenzialità qualificata. Gli scienziati, i ricercatori, gli impiegati del Tecnopolo dell’ex area Expo (2000 entro il 2021) potrebbero, almeno in parte essere, i destinatari di una proposta di nuovo pendolarismo, da e per Varese, che può avere qualche chance di successo solo a tre condizioni: 1. Collegamenti ferroviari con Milano più veloci e confortevoli di quelli attuali 2. Una città ben più attraente e vivibile dell’attuale nella sua veste urbana 3. Qualificare sempre di più il sistema scolastico locale a tutti i livelli.
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