(S) Non è aprile il più crudele dei mesi, è settembre. Non per una invenzione poetica, ma per la dura realtà. L’apologia della scuola che hai fatto settimana scorsa ne ha vieppiù evidenziato il disastro. Aggiungi qualche strascico lasciato dalle vacanze, siano conti da pagare o problemini di salute per il troppo sport di chi si finge giovane.
(O) E l’inizio del campionato di calcio con le inevitabili delusioni dei non-Juventini? E l’accorciarsi del giorno, sempre più sensibile, all’approssimarsi dell’equinozio e della fine dell’ora solare?
(S) Sentimentalate! Pensate piuttosto al DEF, che non l’abbreviazione di una semplice, onesta parolaccia, ma del documento di programmazione finanziaria, il contenitore di tutti i sogni irrealizzabili, di tutte le promesse sbagliate e di tutte le nuove tasse effettive. Prendiamo questa famosa ‘pace fiscale’. La chiamano così, in realtà è il solito condono per fare quattrini, per aumentare le entrate, non per diminuirle.
(O) Mi sono divertito un sacco ad ascoltare una trasmissione semi-comica di una radio che aveva invitato i propri ascoltatori ad inventare un nome che sostituisse la parola ‘pace’ nella locuzione governativa. Ne sono venuti fuori a dozzine, tutti derisori: da ‘happy hour-fiscale’ a ‘non ne parliamo più-fiscale’, da ‘famo alla romana-fiscale a ‘lascia fare a me-fiscale’ e così via.
(S) Chiamalo come vuoi, è il solito fallimento della cosiddetta lotta all’evasione, che in gran parte pagheranno gli onesti o i quasi-onesti che faranno una dichiarazioncina correttiva autoaccusatoria pur di assicurarsi quei cinque anni di ‘pace fiscale’ che una volta chiamavamo ‘condono tombale’. Ed è inutile, anzi è una presa in giro, vantare come moralità quella scelta di escludere dal condono le cifre superiori al milione: pensano che ci sia un grande evasore così sciocco da autodenunciarsi, per ieri ma anche per il futuro per cifre simili? Ma per cifre simili gli evasori veri usano ‘teste di legno’ per le quali non vanno certo a pagare il condono.
(C) Scusa la mia franchezza, non mi preoccupa tanto il condono, per quanto mascherato, quanto la leggerezza nei confronti del cd spread, che, rispieghiamolo ancora una volta, non è un invenzione dei banchieri degli speculatori o della Merkel. È semplicemente il costo del finanziamento del debito pubblico, la nostra vera palla al piede, Sebbene significativamente maggiore del costo di quello tedesco (di qui: spread = differenza), al momento attuale esso è abbastanza stabile e sopportabile. Ma basterebbe un’operazione governativa sbagliata per innescare una crisi fiducia e quindi un crollo del mercato dei titoli di stato. Badate bene: il danno non sarebbe solo dello Stato, non sarebbe solo dei possessori (in maggioranza privati italiani e banche italiane) di BTP, CCT, ecc. il cui valore diminuirebbe all’istante, ma si creerebbe un effetto indotto molto negativo su tutta l’economia. Per esempio aumenterebbe il costo del finanziamento anche per le imprese, danno per l’industria, anche esportatrice; diminuirebbe la propensione al consumo, danno per i consumatori e per il commercio; aumenterebbero i tassi d’interessi per i mutui edilizi, danno per le giovani famiglie e per il settore immobiliare, edilizio e dell’arredamento. Potrei fare altri esempi, permettetemi di smettere per non immalinconirvi troppo.
(O) Direi che quest’anno arriviamo a settembre già cosi colpiti dalle disgrazie estive, massimamente da quella di Genova, che dovremmo essere vaccinati rispetto alla malattia della malinconia. Ops, pardon, vaccinati è una parola grossa, da usare con cautela anche in caso di metafora. La diatriba vaccino o no è l’ultima della minacce che incombe sulla scuola italiana. E non penso nemmeno al rischio di epidemia o a quello particolare dei bambini immunodepressi, impossibilitati ad essere protetti in altro modo se non dalla solidale immunità dei compagni di classe, penso alla divisione, non dico in partiti, ma comunque pro e contro tra i genitori. Se l’accanimento delle divisioni su questi e su argomenti simili si espande dalle piazze e dai social network e arriva nelle anticamere delle aule scolastiche, non ci sarà da stare allegri. Guardo con interesse e insieme con preoccupazione alla questione del telefonino in classe; acceso, spento, sequestrato, nascosto,oggi si propone anche imballato e sigillato con un magnete. Capitemi, non tratto un oggetto come se fosse il demonio, ma vorrei capire se lo stato ha il diritto d’imporre una specifica scelta non solo comportamentale, ma pure educativa e se non ci saranno genitori disposti a ribellarsi ad essa. Ma torniamo a prima di questa divagazione. Preoccuparsi delle divisioni tra le persone e del loro accanimento non è sintomo di malinconia o di debolezza d’animo, ma di realismo. Ho dovuto ricredermi a proposito del bullismo giovanile e del cyberbullismo, avendoli giudicati fenomeni marginali, ora temo di dover fare altrettanto a proposito di una specie di bullismo dei genitori. Insomma il governo mi preoccupa meno della gente in generale, che si confronti col preside o col fisco o col poliziotto: sebbene non veda profilarsi a breve un ‘autunno caldo’, nel senso di una contrapposizione tra masse popolari e governo, come cinquantenni fa. Temo piuttosto il contrario, che questo governo, per continuare il processo di assecondamento dei propri elettori, che essendo molto diversi vorrebbero ottenere tutto e il contrario di tutto, finisca per mandare tutto a rotoloni.
(S) Se questo lo dice il solito ottimista e sognatore, cosa dovrei dire io?
(C) Vediamo se trovo una medicina per sciogliere le vostre preoccupazioni. Mi sono venuti in mente alcuni versi di una vecchia canzone di Guccini, quelli dedicati a Settembre, nella ‘Canzone dei mesi’:
Settembre è il mese del ripensamento sugli anni e sull’ età, dopo l’ estate porta il dono usato della perplessità, della perplessità… Ti siedi e pensi e ricominci il gioco della tua identità, come scintille brucian nel tuo fuoco le possibilità, le possibilità…
Forse abbiamo bisogno tutti di un atteggiamento come questo, di revisione critica di giudizi e pregiudizi, di aspettative esagerate e di fiducie mal riposte, negli altri e qualche volta, anzi spesso, in noi stessi. Non è semplice venirne fuori positivamente, ma la canzone di Guccini prosegue, pur attraverso un pessimismo ispirato all’inverno incombente e al senso di morte che lo accompagna, fino al grande MA, del verso che conclude l’ultima strofa, ritornando ad un altra immagine, potente di Eliot:
ma nei tuoi giorni dai profeti detti nasce Cristo la tigre, nasce Cristo la tigre…
(O) Onirio Desti (S) Sebastiano Conformi (C) Costante
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