Sto in questi giorni riflettendo sulla vicenda, la vita, e l’attività artistica di Lodovico Pogliaghi, presenza forte, incancellabile in Santa Maria del Monte. La casa-museo che ci ha lasciato, ruotata rispetto alla tessitura costruita del borgo, voleva evidenziare certamente la sua personalità e la sua presenza di artista riconosciuto.
Pogliaghi decide di stabilirsi qui nel 1884 a ventotto anni. Lo accoglie una casa rustica recentemente restaurata che oggi contiene alcune testimonianze della sua collezione e del suo lavoro. Morirà qui nel 1950, a novantatre anni.
La sua storia di artista e di appassionato collezionista è testimoniata dalle opere, dai riconoscimenti ottenuti, dai rapporti che ha avuto in particolare nell’ambito della chiesa ambrosiana.
La sua opera più nota, a cui lavora lungamente, è la porta maggiore del Duomo di Milano. Nella sua casa si può ancora oggi ammirare il modello, in grandezza reale, nella sala-laboratorio. Ma la casa non è oggi agibile. Si attendono interventi di restauro che richiederanno spese impegnative.
Dopo la morte la sua figura e la sua opera sono state spesso studiate, analizzate. Le sue collezioni preziose e sorprendenti per qualità, provenienza, epoche che rappresentano e testimoniano. La difficoltà della loro conservazione, della loro catalogazione si accompagna al rischio della loro dispersione o, peggio della loro perdita per dimenticanze o, addirittura, per sottrazione.
Il ‘panorama’ di Santa Maria dall’Ottocento in poi è profondamente cambiato. Soprattutto con l’avvio della stagione turistico-alberghiera che modificava a fondo il prevalente richiamo religioso e devozionale dei pellegrinaggi lungo la Via Sacra. Con la realizzazione di una migliore accessibilità con la funicolare nei primi anni del ‘900 e l’edificazione di alcuni edifici liberty.
Pogliaghi per decenni realizzava, con l’edificio, un’opera composita, contraddittoria, allusiva a stili e testimonianze diverse. Poneva il suo segno in primo piano all’arrivo della Via con l’evidenza sorprendente dei suoi caratteri eclettici. Al di sotto dei luoghi dello spirito: il Santuario e il Romitaggio così più umili nella loro consistenza architettonica, individuabili soprattutto con l’emergenza del campanile del Bernascone.
Non c’è alcun dubbio che la nostra cura per Santa Maria, il nostro impegno deve rivolgersi al ristabilimento dei valori che la storia, la memoria, il bisogno di ascesa spirituale richiedono, pena la banalizzazione del luogo come prevalente realtà panoramica.
Per questo non è marginale la riflessione sull’accessibilità veicolare e sulla disponibilità di parcheggi. Che deve essere contenuta respingendo la mega ipotesi di grande parcheggio multipiano. Sostenendo un’accessibilità economica e discreta, migliorando l’accessibilità tramite la funicolare a integrazione dello storico percorso delle Cappelle.
Pogliaghi rimane una presenza importante a testimonianza di un’epoca e di una ricerca culturale tra l’Ottocento e il Novecento che ha tormentato un periodo che è anch’esso radice della nostra storia attuale.
Noi auspichiamo che la Fondazione Pogliaghi e la Biblioteca Ambrosiana riescano a definire un percorso operativo che ripristini l’accessibilità alla casa-museo, che assicuri la catalogazione e la conservazione di reperti d’arte e documentali.
Perché Pogliaghi è una presenza incancellabile e preziosa quassù. E noi abbiamo bisogno di conoscerla più a fondo. Si cominci dai reperti e dai documenti. Si chieda la collaborazione delle Università e degli studiosi.
Sono passati ormai più di sessant’anni dalla morte di questo controverso, sorprendente artista.
Nelle foto: Lodovico Pogliaghi e la sua casa-museo al Sacro Monte
You must be logged in to post a comment Login