Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Cara Varese

IL NOSTRO SCALIGERO

PIERFAUSTO VEDANI - 21/09/2018

Il Politeama. Nel riquadro Antonio Ghiringhelli

Il Politeama. Nel riquadro Antonio Ghiringhelli

Che cosa resta dei nostri amori, che cosa resta di quei giorni belli: era il refrain di una bellissima canzone francese che ebbe in Trenet un grande interprete.

Leggendo del sogno del consigliere comunale PD Valerio Crugnola sulla sorte dell’ex Politeama dopo l’eventuale passaggio della struttura dal patrimonio del “Molina” a quello comunale, il motivo musicale dei miei anni giovani ha fatto irruzione nel magazzino della memoria e mi ha indotto a pensare a che cosa resta oggi dell’amore rivoluzionario di tre ragazzi del ’68 che ho avuto modo di conoscere.

Valerio Crugnola anche come docente ha percorso i sentieri della cultura, del sapere utile pure alla vita quotidiana della comunità; Luciano Crespi, architetto, a Milano e in Italia è un riferimento accademico del mondo del design, il suo cammino l’ha tenuto lontano da Varese anche perché la città è stata gambizzata dagli esperti della civiltà lombarda, bravi solo a guardare nel retrovisore.

Roberto Maroni oltre che governatore della Lombardia è stato uno dei migliori ministri dell’Interno della storia della Repubblica. Lo hanno detto coloro che in ruoli diversi, a cominciare dai prefetti per finire agli agenti, hanno avuto modo di collaborare con lui.

Maroni al momento per noi suoi concittadini sembra perso, ma non è la prima volta che si fa da parte per poi rimettersi in sella.

Oggi grazie al suo articolo, apparso e reperibile nella rubrica “Lettere” di RMFonline, Valerio Crugnola permette anche a noi un’incursione, ma nel passato della gestione del Molina, istituzione cara ai varesini.

Si sa da tempo che il Molina in ambienti finanziari è stato considerato un istituto di credito invece che, come da tradizione, una cassa di risparmio: una situazione, abbastanza rara e non di illegalità, ma di inopportunità politica. La recente contrapposizione o meglio il mix tra pubblico e privato erano stati preceduti da un tentativo di acquisizione dell’ex teatro da parte di esponenti del mondo degli affari, tentativo andato a vuoto grazie a un presidente del Molina cresciuto alla scuola del servizio alla comunità come rigido dovere. Una scuola di bella tradizione postbellica, quella dei sindaci, e che Guido Ermolli, stretto collaboratore del grande Mario Ossola, aveva frequentato prima di passare la mano ai segretari di altri sindaci per vivere in silenzio, mai cercando la ribalta, realtà sindacali o del pianeta della solidarietà. Il no di Ermolli a chi voleva fare un affare acquisendo il Politeama fu secco. E per quanto si è saputo anche le precedenti guide del Molina furono altrettanto trasparenti nelle loro gestioni: fare cassa sì, ma quando l’operazione aveva anche grande spessore morale, non solo venale.

L’intervento di Valerio Crugnola merita attenzione e risposte, direi anche suggerimenti. Al caro prof e al sindaco e alla giunta comunale e a un assessore alla cultura di altissimo livello come Cecchi non è sicuramente sfuggito il difetto di noi varesini: ci dimentichiamo spesso di concittadini, anche non nativi ma… adottati, che hanno onorato la nostra terra. Capita allora che si dedichi una piazza a un personaggio famoso, ma per il quale la nostra città non è mai stata una tappa fondamentale. Ed è successo che il teatro tenda sia stato dedicato a un grande della storia del teatro, il bresciano Apollonio. Una scelta azzeccatissima se Varese il suo primo vero teatro dopo la liquidazione del mitico Sociale lo avesse dedicato ad Antonio Ghiringhelli che diede di nuovo all’Italia, al mondo, il Teatro alla Scala, tempio della lirica, distrutto dai bombardamenti.

Lavorando in coppia con un altro nostro grande, Antonio Greppi, di Angera, primo sindaco di Milano dopo la Liberazione, Ghiringhelli fu al servizio della Scala per quasi 30 anni, zero lire come compenso.

A Varese aveva studiato e lavorato, come giovane fattorino delle poste portava i telegrammi agli ospiti del Grand Hotel di Campo dei Fiori. Ospiti che pochi anni dopo avrebbero fatto la fila per poter avere da lui un posto sicuro per una rappresentazione scaligera.

Antonio Ghiringhelli riposa in una piccola cappella del cimitero di Brunello assieme ad alcuni familiari. Non ha voluto lasciare la sua terra, non possiamo dimenticarlo. È stato tra i grandi protagonisti di un’epoca indimenticabile, quella della rinascita dell’Italia dopo tante tragedie.

È stato messaggero di pace con l’intero suo teatro anche a Mosca.

Dedicargli il nuovo teatro è un nostro dovere, e inoltre avremmo la possibilità di fare crescere Varese, città che ama la musica, come riferimento anche sovranazionale nel ricordo di un grande uomo e di un irripetibile sovrintendente della Scala. Già il solo nome di Ghiringhelli sarebbe un richiamo internazionale.

Pensiamoci, difficilmente ci saranno altre occasioni come questa. Lo dico con tutto il rispetto: il nome Politeama non ha una storia. E non so quante città italiane abbiano avuto la sensibilità di ricordare Apollonio.

Noi rischiamo oggi di dimenticare ancora e sempre Antonio Ghiringhelli, rischiamo cioè di perpetuare la cultura agricola che è stata imposta da più di venti anni a una città e a una provincia che era di casa nei vertici mondiali dell’industria della mobilità e dell’aviazione già alla fine degli Anni 30.Non siamo gli ultimi della pista.

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login