Il Guardian di una settimana fa ha riportato in prima pagina l’incontro tra il ministro degli interni Matteo Salvini e l’ex primo ministro britannico Tony Blair a Roma per discutere i controversi piani per estendere un gasdotto che correrà dall’Azerbaijan alla Puglia nel sud Italia e che da noi va sotto il nome di TAP (Trans Adriatic Pipeline.)
Blair ha lavorato dal 2014 come consulente riccamente retribuito per il progetto TAP, che è il “progetto Top” del chiacchieratissimo presidente dell’Azerbaigian, Ilham Aliyev. Negli stessi anni un ex-leader, anch’esso di provenienza socialdemocratica, come l’ex primo ministro tedesco Schroeder, ha assunto una carica elevatissima (e uno stipendio conseguente) per la Gazprom russa che sostiene un tracciato per il gas opposto a quello previsto e sostenuto da Blair.
Blair dice di essere antipopulista e che “le soluzioni semplicistiche fornite dal rampante nazionalismo del tipo sostenuto dalla Lega di Salvini potrebbero portare a un ritorno al fascismo degli anni ’30. Si sa che sulla questione del gasdotto la coalizione governativa italiana tra il Movimento a cinque stelle (M5S) e la Lega è divisa, ma che quest’ultima è favorevole al progetto dell’oleodotto”.
Barbara Lezzi, ministro del M5S per il Sud, ha risposto: “Abbiamo bisogno di infrastrutture: abbiamo bisogno di strade, scuole, stazioni ferroviarie”, ma ha suggerito che la costruzione del gasdotto sarebbe inutile e dannosa”. Gli ambientalisti italiani sostengono che la Puglia, che ha due siti del patrimonio mondiale dell’Unesco, soffrirà a causa del gasdotto. Ci sono timori che il gasdotto contaminerà i rifornimenti di acqua dolce e che una spiaggia trasformata in cantiere, minaccerà l’habitat del Mediterraneo.
La questione vera sta nella concorrenza tra il TAP e il gas che verrebbe dalla Russia alla Germania, il Nord Stream 2 (quello sponsorizzato da Schroeder). La Merkel, favorevole al gasdotto nord, ha visitato l’Azerbaijan nel tentativo di dimostrare che non occorre andare a portare gas in Puglia, anche per ragioni climatiche e ambientali. Sebbene Blair e Salvini possano essere opposti per provenienza politica, potrebbero però sposare la causa del populismo per una questione di interessi non solo politici, ma strettamente affaristico-personali.
Salvini ha pubblicato una foto di se stesso con l’ex leader laburista su Twitter l’ultimo martedì di agosto, aggiungendo: “È stata una lunga e positiva chiacchierata con l’ex primo ministro britannico Tony Blair. Abbiamo parlato dell’immigrazione, della Brexit e delle politiche energetiche. Gli ho proposto di organizzare una conferenza sullo sviluppo e gli investimenti in Africa. È stato un incontro amichevole e positivo”.
Blair ha fatto orecchie da mercante (è proprio l’espressione letterale esatta) e ha fatto finta di non ricordare che in quegli stessi giorni Salvini si era impegnato a deportare 500.000 “immigranti illegali” e che le sue prime mosse da ministro degli Interni a erano state quelle di respingere due vascelli carichi di rifugiati africani che erano stati salvati in mare mentre cercavano di raggiungere l’Europa, fino a sequestrare la nave della marina italiana Diciotti assieme all’equipaggio nel porto di Catania.
Sabato scorso una portavoce di Blair ha detto che Tony stava dando consigli geopolitici attraverso il suo ruolo di presidente di un “comitato consultivo del gasdotto del corridoio meridionale del gas”. Strano che li desse al ministro dell’Interno italiano anziché ai diretti competenti in campo energetico e ambientale.
Ahimè, quante bugie e quanti dollari rubli e marchi svolazzano attorno al gas che viene pompato verso la vecchia Europa, a dispetto dell’essere o no populisti, amici o nemici di Putin, di destra o di sinistra in un recente o remoto passato. “Pecunia non olet”, ma, come dice Sciascia, ci sono uomini e omuncoli.
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