Sembrava che ci stessimo avviando a vivere le solite festività di mezza estate, quando improvvisamente una drammatica disgrazia ha scosso l’Italia. Disgrazia non casuale purtroppo, come subito fu sospettato e le indagini stanno confermando! In un attimo appaiono immagini allucinanti che vanno oltre la possibilità di pensarle, tonnellate di cemento si accartocciano, veicoli stritolati, una voragine sostituisce un elegante ponte, una popolazione buttata fuori dalle proprie abitazioni, ma soprattutto tanti morti Tutti abbiamo vissuto l’angoscia, increduli e orripilati davanti all’afflosciarsi dell’ardito manufatto, come se fosse una costruzione giocattolo dei bimbi, ma in mezzo ad una nube di tragica polvere. Era una costruzione creduta eterna, su cui tanti di noi sono passati. Siamo restati tutti sconcertati, meditabondi sulla nostra fragilità, immersi in pensieri contradditori, col desiderio di cancellare le immagini, annullare il momento. Nasce un desiderio di incredulità davanti al dolore infinito delle vittime. Si chiudono gli occhi ma si ode il boato. Cosa fare? Il credente mormora una preghiera, l’incredulo maledice il caso, il destino. La speranza è schiacciata.
Al contrario i nostri politici impazzano nei comunicati dei cronisti, solerti nella gara di perenne propaganda, facendo dichiarazioni che insozzano il discorso politico riducendolo ad un livello triviale. Tutto in contrasto con il ricordo del Presidente Segni che inginocchiato prega di fronte al disastro del Vajont (anche quello causato dall’insulsaggine umana), e sta in prolungato silenzio, in un pianto asciutto, quasi a chieder perdono. Gli attuali sembrano giullari incoscienti che danzano di fronte alle tragedie della realtà. Impossibile immaginarli in un momento di preghiera, in un atteggiamento di dolore, di rispetto della sofferenza. Li vediamo invece in altro luogo costringere al disagio, alla sofferenza, dei profughi dolenti o dei semplici incoscienti cercatori di benessere lontani dalle magre terre africane.
È logico che per essere compresi da tutti non si debbano usare termini sofisticati. Devo parlare in modo logico, concreto, semplice, ma non è giustificato usare vocaboli irriguardosi, come nemmeno fare confronti ridicoli paragonando la TAV ai trasporti urbani delle città, proclamandola dannosa senza considerare quanti aerei cesseranno di volare tra Parigi e le città italiane, quanti Tir in meno sulle strade. Oppure urlare “adesso lo Stato siamo noi” quando invece sei un amministratore che dovrebbe servire, anche perché eletto solo da una frazione di cittadini. Proclamare che prima del rispetto di regole e impegni ci sono i cittadini, ma se io indebito lo Stato saremo tutti ridotti in sofferenza, come è successo in Turchia con la lira crocifissa dalla matematica
Fa molto effetto sugli uditori il non usare gentilezza e diplomazia quando si deve comunicare con politici anche stranieri, oppure con gruppi di persone in assemblea popolare, o direttamente da uno schermo televisivo, usando una tecnica oratoria definibile con termine calcistico “un entrare a gamba tesa” su qualunque argomento, usando terminologie il più volgari possibili. Sfiorare o addirittura usare termini osceni, rasentare la blasfemia maneggiando testi sacri, inventare con faccia di bronzo “fake news” e se vieni indagato vantarti di essere portato in tribunale, dichiarando con orgoglio di essere perseguitato.
Purtroppo anche le minoranze non brillano e non riescono a controbattere lasciandosi trascinare in battibecchi assimilabili a litigi infantili.
Sentiamo discorsi “politici” costruiti con uso di duecento o al massimo trecento vocaboli usati nella terminologia della vita quotidiana, possibilmente infiorati con errori grammaticali. Abusano sempre della tecnica oratoria sopraddetta e non si rendono conto delle conseguenze che certe affermazioni possono scatenare nella complicata ed altrettanto colma di sciacalli vita economica; come avviene in Borsa, dove sempre in un attimo possono essere bruciate cifre tali che potrebbero ricostruire, ad esempio, un ponte crollato. Cifre che potrebbero rimediare ai danni concreti ma che non possono ridare la vita ai morti.
Non è moralmente lecito speculare, sia in politica che in economia, sulle sofferenze umane ma questo avviene da sempre schiacciando le speranze dei deboli. Non ci sono leggi, non ci sono tribunali che possono fermare questo peccato dell’umanità.
È tutto troppo grande per una piccola noterella
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