Afa agostana. Aria di vacanze, atmosfera rarefatta in cui tutto si appanna, si scioglie e sparisce: il lavoro, le preoccupazioni, i rapporti con gli altri. Anche le notizie più tragiche. Soprattutto le notizie più tragiche. Si ascoltano, si pubblica qualche faccina lacrimosa su Facebook, si archivia. E che diamine, siamo in vacanza dopotutto! Riflessioni: zero. Tutt’al più qualche commento polemico nei confronti dell’avversario politico.
Forse mi sarei comportata anch’io così se avessi trascorso l’estate al mare o ai monti. Invece sono rimasta in città e ho avuto il tempo e la disposizione d’animo per meditare sugli eventi che, senza troppi riguardi, hanno turbato le nostre vacanze. In particolare sul comportamento umano. E ancora una volta mi sono trovata a distinguere, come Vittorini, tra Uomini e No.
Il fatto è che non trovo le parole per esprimere l’approvazione e la commozione nei confronti dei primi e l’indignazione nei confronti dei secondi: mi sembra che, in ambedue i casi, siano riduttive ed insignificanti. Così ho deciso: faccio un elenco – sia pure parziale e soggettivo – degli uni e degli altri; lascio parlare le azioni.
Uomini.
6 agosto. Incidente sull’A14, esplosione di un’autocisterna. Carabinieri e poliziotti che si trovano nelle vicinanze, alcuni fuori servizio, a tavola per il pranzo, accorrono sul posto per far allontanare le auto in arrivo. 11 carabinieri e due poliziotti della Stradale restano feriti nell’esplosione e nel crollo del soprastante cavalcavia.
4 e 6 agosto. 16 braccianti agricoli muoiono in incidenti stradali mentre rientrano dal lavoro, stipati su furgoni fatiscenti privi di ogni misura di sicurezza. Disposti a sopportare tutto pur di salvare la dignità.
30 luglio. Daisy Osakue, atleta italiana del lancio del disco, viene ferita ad un occhio da un uovo lanciato da alcuni passanti. Dopo una settimana partecipa agli Europei e si classifica quinta oltre ogni aspettativa.
14 agosto. Crolla il ponte Morandi a Genova. Vigili del fuoco, forze dell’ordine, medici, paramedici, volontari lavorano giorno e notte, sotto la pioggia e sotto il sole, per estrarre dalle macerie le persone intrappolate, anche soltanto i loro corpi. E i cani. Senza i cani forse qualcuno non si sarebbe salvato.
20 agosto. Dieci escursionisti muoiono travolti dalla piena del torrente Raganello, nel parco del Pollino in Calabria. Anche in questo caso i soccorritori non si risparmiano, lavorano in condizioni proibitive finché non sono sicuri che non ci sia più nessun disperso. Uomini.
E No.
I cosiddetti “curiosi”, coloro che si attardano a guardare gli incidenti, mettendo in pericolo se stessi e gli altri. Coloro che scattano selfie sui luoghi delle tragedie e ai funerali, politici compresi. Quelli che ai funerali fischiano o applaudono, incapaci di contemplare in silenzio il mistero della morte, ma pronti a strumentalizzarlo per la propria ideologia o per i propri interessi. I “caporali”, sfruttatori dei nuovi schiavi e tutti i rappresentanti dello Stato che, essendo a conoscenza del fenomeno da anni, non fanno nulla per porvi fine. Gli imbecilli che lanciano uova e sparano pallini di piombo e poi, incapaci di assumersi le proprie responsabilità, si giustificano dicendo che erano bravate o goliardate. Quelli che, nascosti dietro un nikname, lanciano insulti sul web senza preoccuparsi di collegare prima il cervello.
E qui mi fermo per evitare la depressione e per carità di Patria.
Però lasciatemi finire con un’immagine positiva: la manina di Chiara, sporca di fango e aggrappata al collo dell’uomo che l’ha salvata dall’annegamento nel Raganello. “Non voleva lasciarmi, ho dovuto staccarla a forza per consegnarla ai sanitari, molto più esperti di me” dice lui. E aggiunge, come per giustificarsi, con il pudore e la modestia dei grandi: “Era in ipotermia, aveva bisogno di sentire il calore del mio corpo”. E no, signor soccorritore, Chiara aveva bisogno soprattutto del calore della sua anima. Con la sensibilità che solo i bambini hanno, aveva capito che lei è un Uomo.
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