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Editoriale

PERLE

MASSIMO LODI - 06/09/2018

conte-salvinidimaioAndiamo al sodo e al soldo, bentrovati amici. Vogliamo fidarci del governo gialloverde? Fidiamocene, dopo gli ultimi mirabolanti dietrofront. Però resiste il rischio di filare verso il default dello Stato. E verso il nostro personale fallimento. L’intenzione dei rivoluzionari del sovranismo, oltre che di minare le regole europee liberamente e con vantaggio sottoscritte in illo tempore dal nostro e loro Paese, è d’infilare le mani nelle tasche dei contribuenti da sempre ligi al dovere d’esserlo, per togliergli le spettanze di diritto e regalarle a cittadini che non le meritano.

Il riferimento è al taglio delle “pensioni d’oro” -così vago nelle pervicaci intenzioni dei Cinquestelle da far temere che colpisca anche quelle di bronzo- allo scopo di trovare i fondi da destinare al reddito di cittadinanza, insieme con altre misure-capestro, tipo la sospensione di finanziamenti di due miliardi pro opere pubbliche già sottoscritti con le amministrazioni comunali, Varese compresa.

Regalare 780 euro al mese al tizio che ha versato zero lire/euro in vita sua all’erario costerebbe oltre sedici miliardi l’anno, uno sciagurato proposito. Con effetto immediato e devastante, come sottolineato, tra una moltitudine d’esperti, dall’economista Alberto Brambilla, certo non in sospetto di simpatie verso la sinistra: nessuno verserebbe più un euro all’Inps. Perché? Semplice: a maturare una pensione di 800 euro al mese serve un reddito da lavoro di circa 25mila euro l’anno, ovvero quanto guadagna mediamente un italiano; ma se non facendo nulla lo Stato gliene regala 780, per quale motivo egli dovrebbe tirarsi su le maniche, faticare e pagare le tasse?

Aggiunge il Brambilla in un’intervista al Corriere della Sera: trattasi d’una vera e propria follia perché del provvedimento beneficerebbero anche coloro che per tutta l’esistenza han frequentato i ranghi della malavita organizzata. Bel risultato, da parte di un esecutivo che tanto disquisisce di equità, sicurezza, giustizia e via cianciando. Se dovesse passare quest’idea strampalata (e dire strampalata è complimentoso: si dovrebbe usare un’aggettivazione diversa) salterebbe l’intero sistema che regge la Repubblica.

Quanto al resto, il governo dell’invisibile premier Conte, fronda ondeggiante tra i venti (e i veti) di Salvini e Di Maio, ha finora chiacchierato molto e ad alta voce facendo poco o nulla in concreto. Chiassose contraddizioni sulla legge di stabilità, sul ponte di Genova, sull’Ilva di Taranto, sull’accoglienza dei migranti, sui rapporti con l’Europa, sulla vaccinazione degli scolari. Eccetera. Perla delle perle: la paralisi circa la nomina del presidente della Rai, scelto senza concordarne prima il nome con maggioranza e opposizione, come vuole l’uso antico della saggezza istituzionale. Macché. Dilettantismo, burbanza, incompetenza, demagogia tra (meno male) qualche frenata dei ministri dell’Economia e degli Esteri. Il tutto senza che dall’ex centrosinistra, e dal Pd in particolare, giungano segnali di vita vera, di rinnovamento (palingenesi) delle minoranze, di un’alternativa efficace e credibile. A quando, anziché liti da comari e burocratismi da azzeccagarbugli, un partito nuovo, un nome nuovo, un leader nuovo, un arrembare nuovo capaci di rifondare la società prima che la politica di fronte allo sfasciopopulismo?

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La stellina nella testata segnala il decennale della nostra squadra di volontariato. Il suo piccolo scudetto di testimonianza civile lo vince ogni anno. Grazie a tutti

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