Ecco, il tablet che ho in mano mi sta chiedendo: “Cosa hai in mente?” Temo che lo sappia già
Io lo sto usando perchè è comodo: mi permette di visualizzare in modo grafico i miei pensieri, meditarli, modificarli, correggerli ed altro. Potrei usare i metodi d’una volta: un foglio di carta o un quaderno a righe o quadretti, una matita, una penna a sfera o, meglio, una elegante stilografica (mi piacciono molto). Carta e penna sono protetti da incidenti tecnici e difendono la mia “privacy”, mentre con il tablet ho davanti a me lo spietato occhio di un “grande fratello” che mi ha appena detto che ha piacere di spiarmi, di sapere che cosa faccio e, soprattutto, come spendo i miei soldi.
Il tablet mi dice che protegge i miei dati, che mi difende dai perversi, ma per far questo ha bisogno del mio consenso perché possa riconoscere il mio volto, quella parte del mio corpo che rivolgo agli altri e che mi personalizza. Allora è vero! Questo mi conferma che quello lì mi vede e mi guarda sempre. Col mio consenso ora vuole essere giustificato legalmente. Concludendo: ho in mano un “maledetto spione” che poi mi mette in “sacchetti statistici” (chiamiamoli così) dove i suoi clienti possono e mettono le mani, cercando di vendermi una cosa o un’altra. Ovviamente non mi hanno messo in un sacchetto solo: loro hanno più sacchetti, che mi piace immaginare di colori diversi e belli, che raccolgono dati a seconda delle sfaccettature della personalità del “potenziale cliente” come “loro” lo chiamano, “povera vittima” come invece “io” sento che devo chiamarlo.
In effetti hanno molti tipi di clienti: quelli che diventano cicciotti e quelli che invece dimagriscono, pur credendo d’avvantaggiarsi, ma in un modo o nell’altro tutti sono sotto osservazione, sia gli utenti digitalizzati che gli altri.
Dai! Non è vero! E invece si. Quando vai in un super mercato ed usi la loro “carta”, che ti hanno invogliato a prendere per avere sconti speciali, c’è dentro lo “spione” che sa tutto quello che hai comperato, anche il pannolone o pannolino per le incontinenze urinarie e sotto sotto conosce anche i tuoi vizietti. E lo “spione” è un grande “sporcaccione” che sa trasformare tutto in soldoni, non per te, è ovvio. Tu sei quello che paga, come sempre. Tu puoi essere solo il solito “povero Pantalone”.
I super mercati hanno i loro “sacchetti statistici”, ma chi ti assicura che tutto non confluisca nelle mani di un “super spione” che ha le stanze della sua casa piena di questi “sacchetti” e da esperto manovra i numeri non solo ai fini commerciali, ma anche a fini politici? (A me piace l’immagine dei sacchetti, ma di fatto si tratta di tecnologia digitale, questo elettronico mostriciattolo che ci controlla.)
Quando andiamo a votare ci imbattiamo in un rito che deve proteggere la scelta che facciamo, ma nello stesso tempo registra nero su bianco che abbiamo votato. Ci dice che siamo “bravi cittadini”, ci registra come tali, ci mette nel numero sempre più scarso dei votanti. Crediamo d’aver scelto con coscienza, ma quelli che si sono offerti per essere scelti non è che bazzichino nei “sacchetti statistici” ed hanno trovato il modo di giocare sul tuo “inconscio” (guarda che la statistica controlla anche quello, l’amato inconscio di Freud).
Ciò che forse ci difende è che la statistica può sbagliare, ma è talmente furba, “la troiona” (mi sia permesso almeno d’insultarla) che sa calcolare il “quoziente d’errore” e quindi riduce al massimo questo valore, altrimenti non avrebbe i numerosi clienti commerciali e politici che ha.
E io sono qui con in mano questo “tablet”, pardon “occhione”, col suo schermo, dotato di macchina fotografica che mi permette di fare belle foto, ma che può vedere il mio faccione e riconoscermi (ma anche con la statistica dei sacchetti mi si può riconoscere). Lo spione viene a sapere se metto le dita nel naso e se uso le unghie per pulirmi i denti, e non vado avanti su altri particolari, mi fermo qui.
E se tornassimo a frequentare le botteghe d’una volta? C’era solo il libretto blu su cui segnavano i loro crediti, ossia i nostri debiti che onoravamo con sacrificio, comperando solo quello che potevamo permetterci. Ma ce le’hanno rubate queste botteghe. Quando entravi c’era l’Oreste col suo grembiulone bianco, un moccio di matita dietro l’orecchio, che cordialmente salutava :”Buon giorno signora Maria, quanto pane oggi? E un etto di bologna?” Sapeva che non c’erano soldi per il prosciutto. Con la matita scriveva su un biglietto la cifra da portare alla cassa dove la paffuta signora Giovanna prendeva i contanti o scriveva sul libretto. La spesa era in un sacchetto di carta ….. e non statistico!
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