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Parole

GRAZIE, RAGAZZI

MARGHERITA GIROMINI - 27/07/2018

appelloLo affermò il filosofo Edmund Burke, nel 1700, che “per far vincere il male è sufficiente che i buoni non facciano nulla”; Martin Luther King ci ha consegnato, ben due secoli dopo, lo stesso concetto: “Ciò che mi spaventa non è la violenza dei malvagi ma l’indifferenza dei buoni”.

Chi di noi si ritenga persona onesta, perché tace, in un tempo in cui ci sarebbe un gran bisogno di esplicite parole di onestà, di bontà e di misericordia oltre che di giustizia?

Perché tacciono i buoni, gli onesti, oggi come ieri? Per ignavia, per interesse personale, per paura delle reazioni dei malvagi dalle quali ci si deve proteggere?

Di fronte a quotidiani comportamenti incivili di qualche nostro concittadino, sovente restiamo muti; quante volte, diretti testimoni di un pestaggio tra bulli, siamo intervenuti in difesa della vittima?

Certo, se restiamo in disparte è per evitare reazioni incontrollate: ci vuole poco a mettersi nei guai solo per essersi comportati in modo civile e onesto.

Leggiamo che lo scrittore Roberto Saviano viene minacciato di essere privato della scorta; qualcuno tra noi firma la (ennesima!) petizione online, comodamente seduto sulla veranda di casa.

Ma Saviano insiste, lancia un appello, in risposta ai tanti, amici e sostenitori, che gli suggeriscono un po’ di cautela e la necessità di abbassare i toni per non peggiorare la situazione.

Saviano si ribella: non è lui a dover restare in silenzio di fronte alle prepotenze! Siamo noi, gli altri, gli onesti, a dover reagire, parlando, spiegando, alzando la voce, rifiutando sdegnati la consegna dell’indifferenza.

Dunque parliamo! Cominciando con il sostegno a chi mostra il coraggio che a noi manca.

Rovesciamo la normale prospettiva educativa, quella che sta alla base del comportamento di ogni educatore: dall’affermazione “ I bambini ci guardano” – quindi siamo noi il modello da imitare – passiamo all’idea che noi siamo quelli che possono imparare dai ragazzi.

Loro non sempre si comportano da bulli, non sempre si voltano dall’altra parte, non sempre si appellano, come noi, a nobili principi teorici a cui non far corrispondere quasi mai i conseguenti comportamenti.

Guardiamo all’esempio che segue.

Una classe di maturandi di Faenza, impegnati nella prova di italiano, consegna alla commissione d’esame, insieme al proprio tema, un appello per il presidente della Repubblica sulla questione dei diritti umani. Rischiando l’invalidazione della prova ufficiale qualcuno ha infilato il documento tra le pagine del proprio elaborato, altri, più temerari, lo hanno addirittura incorporato nel proprio scritto.

Ciò facendo si sono posti nella condizione di ricevere le pesanti critiche che, puntuali, sono arrivate da alcuni giornali locali per poi transitare alla stampa nazionale.

C’è stato chi ha ventilato un indecoroso indottrinamento: perché, è chiaro, qualcuno lo avrà suggerito agli studenti. Forse qualche docente politicizzato che ha saputo sfruttare l’ingenuità dei neo diciottenni per bieca propaganda di parte.

Entrando nel merito, ecco che cosa contiene il documento: la richiesta che sia rispettato l’articolo 2 della Costituzione, in riferimento alla situazione dei migranti, proprio nei giorni in cui il Governo ventilava la possibilità di un censimento dei Rom e mentre donne uomini bambini morivano, ieri come oggi, nel tentativo di attraversare il Mediterraneo.

Fa bene al cuore sapere che esistono ragazzi che hanno compreso così bene lo spirito della Costituzione da aver centrato appieno gli obiettivi dell’educazione civica, che sia o non sia espressamente contenuta nei programmi delle scuole. Come si vede dall’esempio, l’educazione civica esiste e talvolta funziona.

Riesce a smuoverci dall’insensibilità causata dalla consuetudine alle sofferenze altrui, il coraggio di questi giovani capaci di individuare lo spazio più efficace per comunicare le proprie istanze, espresse in un testo asciutto ma chiaro e preciso.

Dietro a questa “operazione” ci sono insegnanti manipolatori, i soliti cinici sobillatori di giovani menti? Ebbene, ricordo che anche i professori godono del diritto di esprimere proprie convinzioni, purché comprese nell’alveo della Costituzione: a ciascuno di loro è garantita dalla legge la libertà di insegnamento quale prerogativa basilare della loro funzione docente.

Li ringrazio, i ragazzi del liceo di Faenza: finché ci saranno persone come loro e finché la scuola potrà educare liberamente ai sentimenti positivi e alla cultura del rispetto e del diritto, ci sarà la possibilità per noi, per me, di recuperare il coraggio civico che ci manca.

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