Non ha ottenuto rilevanza mediatica, ma la notizia che l’area ex Aermacchi, compresa tra le via San Vito Silvestro e Crispi, è di quelle destinate, a medio lungo termine, a incidere in modo significativo sul futuro di Varese, almeno su quella fetta di territorio dirimpettaia al Colle Campigli da un lato e alla Collina dei Miogni dall’altro. Una superficie vastissima che ha ospitato gli impianti dell’Aeronautica Macchi, una delle glorie industriali storiche della provincia, un’impresa che ha sfornato alcuni tra i più sofisticati ed efficienti velivoli d’addestramento al mondo. Proprio in virtù della sua eccellenza tecnica conobbe anche il pesantissimo sfregio dei bombardamenti anglo americani durante la seconda guerra mondiale, il primo e il 30 aprile 1944, con un centinaio di vittime e pesanti devastazioni tutt’intorno.
Da un paio di decenni l’area è dismessa e da tempo al centro di contenziosi giudiziari sfociati finalmente nell’avvio ufficiale della procedura di vendita del vastissimo sedime. Una grande occasione di rigenerazione urbana, “strategica per la città” come ha giustamente sottolineato Andrea Civati, assessore all’Urbanistica del Comune di Varese. Ricordando anche come un piano complessivo di trasformazione dovrà essere approvato dalla giunta Galimberti e chi deciderà di intervenire potrà godere di agevolazioni sia per l’abbattimento dei costi amministrativi sia per le demolizioni e per i cambi di destinazione. Del resto la riqualificazione delle aree dismesse è un punto qualificante dell’attuale maggioranza di Palazzo Estense, PD – Varese 2.0 come dimostra il piano stazioni, l’ex area Enel e altre in fase di studio.
Sull’ex area Aermacchi la discussione si è accesa a intermittenza negli anni scorsi. Se ne sono occupati quasi a staffetta L’Accademia di architettura di Mendrisio, il Politecnico di Milano e singoli professionisti in qualità di consulenti di ipotetici investitori. Insomma non si parte da zero, quanto è già stato approfondito e studiato dovrà nel prossimo futuro contribuire ad orientare le scelte di chi, in coordinamento con la mano pubblica, deciderà di investire in un’operazione che richiede l’impiego di ingenti capitali ma anche una visione realistica, coraggiosa e, perché no, creativa del futuro della città giardino.
Al netto del dibattito che ci auguriamo possa al più presto aprirsi, riteniamo che alcuni valori ancora presenti nel reticolo dei vecchi impianti debbano essere in qualche misura tutelati. Come è accaduto, per esempio, nel paese di Friedrichshafen, sul Lago di Costanza, che ospitò la fabbrica dei dirigibili Zeppelin oggi trasformata in un museo interattivo di grande attrattività turistica. “Perché gli aerei (come peraltro i dirigibili ndr) non sono solo un capolavoro di ingegneria e di meccanica – scrivevano gli autori di Semi di città nel settembre 2015. Sono spazi da visitare, quasi da vivere…talvolta sono degli autentici capolavori di design industriale e di modernariato”.
Non meno opportuna sarebbe la salvaguardia e il completo recupero della palazzina antistante l’ingresso principale degli stabilimenti Macchi su via San Vito. Parliamo dell’edificio che ha ospitato la Mensa e il Cral aziendale. Per la sua tipologia, la sua luminosità e il giardino circostante potrebbe trasformarsi in uno spazio espositivo. Insomma il futuro dell’immenso comparto è tutto da scrivere con un occhio di riguardo anche al Vellone che lo solca.
Si tratta di un luogo denso di significati umani, economici e tecnologici per generazioni di varesini, un pezzo rilevante di storia cittadina, una memoria da preservare andando per una volta al di là della conservazione, ormai rituale, della classica ciminiera da sottrarre imperativamente alle ruspe demolitrici in ogni operazione di recupero di archeologia industriale che si rispetti.
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