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Politica

CREDIBILITÀ CERCASI

GIUSEPPE ADAMOLI - 27/07/2018

pdLa qualità della democrazia dipende anche dalla forza dell’opposizione, non c’è dubbio. Per questa ragione è fondamentale che il Pd ritrovi rapidamente la sua strada. Anche Forza Italia è all’opposizione ma in una zona ambigua e anomala per essere stata alleata elettorale della Lega e perché amministrano insieme un consistente numero di istituzioni territoriali.

Il Pd terrà nel prossimo febbraio (con grave ritardo) le primarie precedute dal congresso che è l’atto politico decisivo in quanto è al congresso che i candidati si misurano sull’identità, l’organizzazione, i progetti, le alleanze. Il quadro appare in questo momento sconfortante con la segreteria Martina debolissima e incerta. Il vuoto lasciato da Renzi è profondo e lo dimostra l’esistenza di una piccola (?) minoranza che ancora lo vorrebbe segretario fra cui certamente non mi annovero.

Il dilemma congressuale può essere molto sinteticamente riassunto così: ripartire dal nucleo portante delle politiche degli ultimi anni con i rinnovamenti necessari e un nuovo gruppo dirigente, oppure attuare un’alternativa sostanziale, e quale?

Mi iscrivo nella prima categoria purché si trovi una leadership credibile che sappia essere inclusiva senza perseguire però un unanimismo esangue e senza reale incidenza. Tutto ciò significa mettere in campo una forza riformatrice consapevole dei tempi non brevi della rimonta e che sappia portare anche alla socialdemocrazia europea un contributo di innovazione culturale. Ho fiducia che questo risultato sia realizzabile.

Detto questo mi soffermo su una richiesta di chiarimento rispetto alla cosiddetta “forma partito” che emerge spesso su facebook e nelle riunioni. Dopo dieci anni dalla fondazione, al Pd servirebbe senz’altro una forte modifica dello Statuto, vale a dire cambiare struttura operativa, procedure, modalità dello stare insieme: questioni tutt’altro che trascurabili nell’epoca che viviamo.

Il tempo era maturo già più di cinque anni fa quando Bersani aveva insediato una ristretta commissione ad hoc (della quale facevo parte) per poi affossarla alla vigilia delle elezioni 2013 quando si sentiva già seduto a Palazzo Chigi. Era invece il momento giusto per recidere alcuni rami secchi e introdurre delle novità che ci avrebbero portato linfa vitale. Ho fiducia che questo risultato sia realizzabile.

Il cambiamento più urgente si riferisce, oggi, alla nota “vocazione maggioritaria” e quindi alla conseguente identità fra leader del partito e capo del governo. Con il sistema proporzionale in vigore questo automatismo è impossibile (perfino risibile) per la necessità delle alleanze di governo. Si cambieranno le regole elettorali? Penso che le promesse in questo senso faranno la fine di quelle al momento del referendum del 4 dicembre 2016: “La riforma è necessaria, votiamo contro questa e in sei mesi ne faremo un’altra”.

L’altro piatto forte sull’impianto strutturale riguarda le primarie. Sono assolutamente favorevole al loro mantenimento per le cariche di sindaco, presidente della Regione e per il leader del partito ma bisogna che il registro dei partecipanti sia pubblico e chiuso ben prima del voto di cui trattasi.

Alcuni corollari: l’assemblea e la direzione nazionale dovrebbero essere assai meno pletoriche di oggi. Vanno anche introdotte nuove modalità di consultazione online della base sociale e rafforzati gli organismi territoriali fra cui quello regionale che oggi ha poco più che funzioni di coordinamento.

Giusto chiedere che i candidati si misurino al congresso anche su questi temi niente affatto secondari.

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