Passate le recenti turbolenze, la mia presenza a Haiti spero torni ad essere più programmabile e regolare. Dovrò sempre assicurare momenti di presenza a Roma. Comunque sarò di nuovo più regolarmente presente alla Gonave. Per i prossimi mesi, sarò a Haiti: luglio, poi dal 15.9 a fine ottobre, poi da Natale a fine gennaio.
Fra marzo e aprile scorsi ho intensificato la scrittura del diario. A qualcuno è sembrata troppa roba. Qualcuno mi ha incoraggiato a scrivere di più, a raccogliere e pubblicare un libro.
Se devo fare un bilancio di questi due primi anni, direi che è un bilancio con luci e ombre. Di certo, quando ho iniziato, non potevo immaginare il molto che è successo, dopo. La mia aspettativa, confermata, era che stabilirci fra i poveri avrebbe mosso dei cuori, uno o mille: non stava, non sta a me dire quanti, ma anche un solo cuore mosso sarebbe stato sufficiente per giustificare tutto. Quanto alla fatica, è stata molta, moltissima, perché Haiti, la Gonave in particolare, sono molto duri, impegnativi. Ne sa qualcosa l’amico Pierluigi, che è venuto più volte e ci ha permesso di realizzare la prima grande opera per il villaggio. Credo che la fatica di operare alla Gonave sia eccezionale quanto le soddisfazioni che porta essere lì.
Il bilancio delle cose fatte è chiaramente insufficiente. Avrei, avremmo dovuto fare meglio, di più. La curva di apprendimento è stata ripida. Dagli errori commessi ci siamo rialzati. Fin qui. Per il futuro, si vedrà.
Un punto interessante è il danaro. Abbiamo iniziato con il poco che avevamo. In seguito, ne è arrivato un po’, da diverse fonti. Ci ha permesso di fare cose. Qualcuno ha posto l’accento sulle opere, sul danaro, come se il punto fossero principalmente le opere, il danaro. Una missione è fatta di opere? Una missione esiste se e nella misura che abbia danaro? L’importanza delle opere, la quantità del danaro mobilitato, sono misure della riuscita di una missione? Se aiuto diecimila persone, è meglio che aiutarne un centesimo, è peggio che aiutarne cento volte di più. Secondo la saggezza del mondo, si dovrebbero rispondere dei grandi SÌ, e sarebbero a mio modesto avviso dei sì sbagliati.
Qui devo ricordare la mia prima intuizione, che alla Gonave non ci sono finito per fare opere sociali, ma per una chiamata, una indicazione da seguire. La chiamata era, perfettamente udibile, semplicemente: vai a stare lì, vai a stare in mezzo a quelle persone. Vai, stai, fidati, non chiedere, aspetta istruzioni. Per quanto uno possa essere ingenuo, uno non può rispondere sì a una chiamata così bislacca, senza farsi un’idea delle intenzioni, dei progetti del Chiamante. Nella mia ingenuità, seppi che sarebbero accadute cose inimmaginabili. Nota bene: la chiamata non parlava di opere sociali. il Chiamante è un costruttore di opere, interiori, e materiali, opere sue. Il gioco era il Suo gioco. La cadenza, il ritmo, sarebbero stati i suoi.
Due anni dopo, che posso dire di questa lettura, di questo mandare, che mi ha coinvolto così? Posso dire questo: era tutto vero, è davvero come si poteva indovinare, all’inizio. È entrato Lui in campo. Si sono fatti acquedotti e cliniche, ma non si è trattato di fare acquedotti e cliniche: si è trattato di seguire Lui, Lui che agisce, Lui che chiede fiducia, ti manda avanti, poi scopri che ti ha preceduto. Le piccole opere sociali di GasMuHa sono materializzazioni di uno Spirito che soffia nei cuori. Il Signore ha tutto il potere, tutto. Nessuna opera vede la luce senza il Suo consenso. Nessun donatore è indispensabile, in un mondo dove Lui, sollevando un sopracciglio, può mandare miliardi.
Lui ha anche mandato persone. Vogliamo citarne qualcuna? Gasinya, per cominciare. Due anni fa si sono compiuti gli ultimi dialoghi, le ultime carezze. Una notte, Gas è andato. Chiara lo ha visto per ultima. Che grande tristezza, che grande triste gioia, in quella chiesa di Saronno, fra noi orfani del nostro grande amico! Poi i soci fondatori di GasMuHa. Rosa, Ida, Giorgio, Ettore. Nonché altri, che non si sono iscritti, ma ci sono stati. Una menzione speciale va fatta per Pierluigi: mandato dal Signore in un momento difficile, intelligente e operativo, raffinato e concreto, ha permesso di realizzare la prima grande opera, dalla quale è iniziato tutto. A Pierluigi sono seguite decine di persone, inviate dalla provvidenza. Italiane, haitiane, francesi, americane … il gioco del Padre Innamorato, si è dipanato per vie insospettabili!
Se questo è il gioco, se il vero tavolo verde è questo, se il campo delle operazioni sono i cuori umani, che bilancio ha senso fare? Vogliamo calcolare quante centinaia di migliaia di secchi da venti litri non sono stati più sollevati e trasportati, grazie all’abbeveratoio? Vogliamo contare i morti, sfuggiti, fra le nostre mani impotenti? Vogliamo citare il primo parto, avvenuto oggi, mentre scrivo, nella nostra piccola clinica?
Non ha senso misurare con numeri, spiattellare cifre, fumo negli occhi, pillole indorate, perché alla fine, una volta conseguito questo o quel successo, la povertà dell’uomo resta infinita. Non è questo. Non è affatto questo.
Il bilancio vero, che ho proposto di fare, all’inizio di questa lettera, senza averne diritto, il bilancio vero lo conosce Lui, lo fa Lui, è suo. Io posso attestare che lo Spirito ha soffiato, ha modellato molti cuori, fra quelli coinvolti. Io stesso, inguaribile narciso …. Il Signore, imprevedibile pazzo, innamorato, irresistibile regista, è stato fra noi. Questo, a noi, uomini e donne senza merito, bellezza, questo basta, avanza.
Buona estate!
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