Riuscirà l’attuale governo a sopravvivere alla sin qui confermata incapacità dei due leader della maggioranza di passare dal ruolo di capi popolo a quello di uomini di governo? Come già ricordavamo, saper sbarcare è indispensabile, ma poi bisogna sapere dove andare. E i due danno l’impressione di non saperlo, ovvero di non preoccuparsene affatto.
Un ministro dell’Interno come Salvini, che sa di avere contro tutto l’establishment (dal presidente della Repubblica in giù), non può permettersi di fare continue “sparate” da bar Sport solo perché gli rendono in termini di consenso popolare immediato. Viene il momento in cui le cariatidi del Palazzo gli presentano il conto. La vicenda dei presunti profughi (in realtà migranti irregolari), trasbordati in acque libiche dal rimorchiatore d’altura Vos Thalassa alla nave guardiacoste italiana Umberto Diciotti, è piena di ombre. A un ministro dell’Interno non conviene però proclamare che i presunti profughi scenderanno dalla nave a Trapani solo in manette quando non è lui che può ordinare che sia così, e quando per di più dovrebbe ben sapere di aver contro la magistratura. La figuraccia era inevitabile anche senza la discesa in campo del presidente della Repubblica.
Nemmeno però a un ministro dello Sviluppo Economico come Di Maio conviene demagogicamente brindare in piazza a Roma davanti alla sede della Camera per il varo di quella specie di grida manzoniana con cui si è deciso il taglio dei vitalizi degli ex-deputati mentre non fa ancora nulla di serio e di importante per contrastare il rallentamento dell’economia del Paese, e mentre non è all’orizzonte alcuna nuova politica organica di lotta a giganteschi sprechi dell’amministrazione dello Stato rispetto ai quali i vitalizi degli ex-deputati sono dei bruscolini. E’ un errore credere che quelli del bar Sport non capiscano mai niente. Magari ci mettono un po’ a capire, ma poi alla fine capiscono. E, come Matteo Renzi imparò a sue spese, quando hanno capito non se ne dimenticano. Che dire poi della politica estera di questo governo, la cui irrilevanza trova nel ministro Moavero Milanesi il suo testimone ideale?
Il nostro è un Paese che oggi più che mai ha bisogno di un lavoro di affronto meditato e organico dei grandi problemi politici di fondo, a partire da una riforma generale dell’amministrazione dello Stato. Con una “macchina” dello Stato che funziona poco, male e con costi enormi, come quella di cui disponiamo, tutto ciò che al governo si proclama e si pretende di decidere diventa aria fritta anche quando all’origine non lo era. Figuriamoci poi che cosa diventa quando era aria fritta già in partenza.
Già lo stesso caso del controllo dell’afflusso di migranti irregolari via mare è una conferma della confusione dei ruoli e della sovrapposizione di competenze che caratterizza la nostra amministrazione statale. Sono infatti tre le forze navali italiane con funzioni di polizia marittima, dipendenti ciascuna da un diverso ministero: la Guardia Costiera, che dipende dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti; il Servizio navale della Guardia di Finanza che dipende dal ministero dell’Economia e delle Finanze; e infine la Marina Militare, che fa ovviamente capo al ministero della Difesa. Già questo stato di fatto basterebbe da solo a spiegare una confusione che poi l’incapacità delle attuali forze politiche (tutte, non solo quelle adesso al governo) non fa accrescere ed aggravare.
Nel caso specifico dell’attuale governo accade che le forze navali più direttamente impegnate nella raccolta (ufficialmente è un soccorso, ma in realtà è una raccolta) dei migranti irregolari in mare dipendano da due ministri dei 5 Stelle, ossia Danilo Toninelli e Luigi Di Maio, il che toglie molte frecce dall’arco di Matteo Salvini. Avendo alle sue dipendenze la Polizia di Stato Salvini può intervenire solo quando i migranti raggiungono il territorio nazionale. In una situazione del genere occorrerebbe a monte un previo e forte accordo politico in sede di governo, che invece evidentemente non c’è.
E’ vero che comunque il flusso di migranti irregolari dall’emisfero Sud verso l’Unione Europea si è quest’anno drasticamente ridotto rispetto agli anni precedenti. In Italia ne sono giunti 3895 nel maggio e 2155 nel giugno scorsi. Negli stessi mesi del 2017 se ne erano rispettivamente contati 22.993 e 23.524. Questo significa evidentemente che la notizia della sempre maggiore difficoltà e della sempre minor convenienza a tentare la carta della migrazione irregolare in Europa è giunta nei luoghi di origine dei migranti. Tutto sommato quindi tale problema ha oggi un’eco mediatica e un impatto sull’opinione pubblica ben più che proporzionale alla sua entità effettiva. Sarebbe piuttosto ora di cominciare a prestare ben maggiore attenzione a quanto sta accadendo in sede internazionale, tanto più dopo il vertice della Nato a Bruxelles e l’incontro fra Trump e Putin. I conflitti interni dell’attuale governo in tema di contrasto all’immigrazione irregolare sono molto meno gravi del fatto che non abbia un’adeguata politica estera in un momento in cui è comunque in atto una svolta nei rapporti tra Usa ed Europa con tutte le conseguenze che ne derivano.
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