L’ultima volta che lo vidi in campo era ancora in bianco-rosso. Vestiva, però, i colori del Mantova sul cui campo gli scaligeri affrontavano il Varese.
Ero in compagnia di Franco Giannantoni per fare un servizio sull’incontro decisamente finito male per il “nostro” bianco-rosso sconfitto per due reti a zero.
Ce ne tornammo infreddoliti da una giornata scura e uggiosa come il risultato (per noi) solo favoriti da un buon lesso gustato in un antico ristorante, uno di tanti, che si trovavano in quella città.
L’ultima volta, dicevo, che lo vidi in campo ma primo lo avevo sostanzialmente, adottato vedendolo quasi ogni giorno, a scorrazzare “contro” un pallone nel cortile retrostante all’oreficeria di famiglia all’età più o meno di tre: lui per mostrare già una passione per il calcio ed io quella per il bigliardo nel locale adiacente.
Negli anni fu proprio quella sua passione così coltivata a darmi giustificazione della sua predisposizione nel tempo fattasi avanti per il calcio preferendolo al basket nonostante le sue eccellenti qualità dimostrate come difensore nelle file della Robur dove io lo avevo seguito nel suo ruolo di “difensore” perché i termini “guardia” “play maker” non erano ancora affiorati nel vocabolario cestistico.
Così stando le cose “Cicci” e io fummo sempre sostanzialmente amici nonostante il divario di età anche per la vicinanza dell’abitazione.
Mi sono sempre tenuto molto cara una foto in cui lui – già giocatore della Robur – assisteva ad una partita della Pallacanestro Varese proprio sotto quella scomoda panca sopraelevata riservata ai giornalisti dove figurava anche Mario Lodi, Bruno Minazzi e Camillo Faoro.
Lo ricordo anche presente – con Aldo – a una serata in cui il “Rotary del Verbano” assegnava un proprio riconoscimento ai tre Ossola.
Io chiudevo il pezzo dicendo che dei tre fratelli due erano presenti mentre il terzo era rimasto “in volo” nel cielo da dove, del resto, si vedeva meglio.
Cicci – pur non solito alle lodi – non finiva di ringraziarmi.
Adesso avrà raggiunto Franco. Guardando, con Franco, appunto, dal cielo lasciando ad Aldo il compito di rappresentare in terra il “trio dei campioni”.
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