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Qui Haiti

ULTIMI ARRIVI

JANUSZ GAWRONSKI - 06/07/2018

portLa mia presenza continuativa a Haiti è entrata nel terzo anno, mentre GasMuHa, l’associazione Onlus fondata con amici, sta per compiere due anni. Mi sembra un momento adatto per raccontare dove sono e siamo. Per farlo, devo parlare sia dell’associazione, sia di me: ancora ci unisce un cordone ombelicale. Domani, chissà!

Da dove cominciare. Forse dalla fine. Come si presenta, oggi, il villaggio? Il villaggio di Port de Bonheur è stato profondamente influenzato dalla nostra presenza. Questo non si deve in maniera riconoscibile a questa o quella opera: alle case, all’abbeveratoio, all’acquedotto, alla tettoia, alla clinica, alle nasse, alla riparazione delle piste, ai mille aiuti distribuiti per situazioni specifiche. Tutto questo c’è stato, ma nulla di questo, isolatamente considerato, può prendersi il merito di quello che è successo a Port de Bonheur, che non è successo nei villaggi circostanti, paragonabili per povertà e dimensione: il fervere di attività spontanee, l’edilizia, le mille piccole e meno piccole intraprese che in questi due anni, specialmente nell’ultimo, abbiamo visto iniziare, che mi fa dire che Port de Bonheur in due anni di nostra presenza ha ricevuto una frustata, si è svegliato. Ora si avvia a trasformarsi in un importante centro, un capoluogo. L’aspettativa della popolazione è questa. La popolazione è in aumento. I terreni stanno diventando più cari. Le persone raddoppiano ogni sforzo, per affrancarsi, perché, come il prigioniero che spinge le sbarre, le sente prossime a cedere, così essi sentono che il momento è quello giusto. Perché qui c’è la distribuzione dell’acqua, qui c’è il medico e le medicine, qui c’è molto. Soprattutto, qui c’è una strategia di sviluppo.

Restando sull’oggi. Chi siamo noi oggi per Port de Bonheur? GasMuHa a Port de Bonheur è una presenza consolidata, con la sua sede (“l’hotel”). Per il villaggio noi siamo molte cose, molte ma non tutte positive. Siamo quelli che hanno eliminato la fatica del trasporto dell’acqua, quella dell’abbeverata degli animali. Siamo quelli che con molte opere hanno reso la vita più vivibile, quelli che hanno finanziato moltissimi tentativi di uscita dalla povertà di persone specifiche, con nome e cognome. Siamo l’ultima chance dei più poveri. Siamo quelli che curano, senza chiedere il pagamento a chi non ne ha. Siamo anche uno schiaffo, per alcuni di loro: quelli che, soldi alla mano, tengono le persone in pugno, con la propria presenza ricordano ai neri che esiste, o c’è rischio che esista, una prevalenza dei bianchi.

Siamo infine quelli del personale diverso, sebbene preso dai loro ranghi, però ormai testato e fidelizzato, persone che iniziano a ragionare con una identità precisa: quelli di GasMuHa. Chi è entrato per primo inizia a raccogliere importanti soddisfazioni. Chi è arrivato dopo è orgoglioso di esserci. Fuori, una lunga lista di attesa di persone che vorrebbero essere dei nostri.

Su questo punto, della lista di attesa, voglio raccontare delle ultime cooptazioni, le ultime persone diventate “nostre”, perché la nostra è una avventura di persone. Gli ultimi arrivi, le ultime cooptazioni, sono state Marlene, Clemene, e la madre di Watson. Quest’ultima è una signora indicibilmente povera, che abbiamo spesso aiutato, ed è madre di un ragazzo, Watson, che abbiamo sostenuto agli studi – uno dei tanti dei quali non abbiamo mai raccontato. Maman Watson, la donna probabilmente più piccola della zona, si è offerta per darci una mano nella gestione della cucina, quando Andrena si è tirata indietro. Non ha chiesto nulla. Ha cucinato, pulito, lavato, ordinato. Finché la comunità si è riunita, ne ha sancito l’ingresso, con tanto di responsabilità e stipendio. Come tutti, anche maman Watson dovrà guadagnarsi nel tempo il diritto a restare fra noi. È già buono come si è posta, come si è messa a servizio, senza chiedere nulla. Storie simili quelle di Marlene e Clemene. Marlene è la moglie di boss Wilson, un capomastro che ha fatto dei lavori per noi. Clemene è una delle donne che ha ricevuto da noi una bella casa, in sostituzione della precedente baracca di rami intrecciati. Queste due donne un giorno ci hanno visti riparare la pista, si sono messe silenziosamente a farlo con noi. Trascorsi un paio di mesi, poiché non demordevano, è sembrato naturale iniziare a considerarle parte della comunità. Sono due stipendi e due bocche da sfamare in più, cosa che ci riempie di gioia, essendo conseguenza di un rapporto di reciproco dono. Così oggi il nucleo duro della comunità è più o meno composta da: Johnny, Bebi, Keystone, Dariville, Evena, Herby, maman Watson, Clemene, Marlene, Mardi, Kuku, il dottor Jimmy, nonché le nostre bimbe Esther, Joudna, Joulendi, me stesso. Farebbe sedici persone. Alle quali si aggiungono molte figure abituali, amiche, che passano da noi spesso, o giornalmente.

Fisicamente, come siamo presenti, al villaggio? La nostra sede, ovvero l’hotel, é sempre quell’edificio strano e funzionale degli inizi. Dagli inizi, alcune cose sono cambiate, in positivo. Oggi esistono delle regole, elaborate autonomamente dai membri della comunità, che tutti sono chiamati a rispettare. Non c’è più, com’era all’inizio, il bianco che impone, i neri che alzano le spalle, no: al punto che il bianco ha le stesse probabilità degli altri di essere ripreso, se non fa come si è deciso. Le responsabilità e funzioni sono tutte in mani haitiane: la direzione generale (Madame Evena), la gestione tecnica (Herby e Johnny), i veicoli (Johnny e Bebi), la cucina (maman Watson), la clinica (Dr. Jimmy), il dispensario (mme Evena), i cantieri (Keystone e Dariville), la gestione tecnica dell’acquedotto (Johnny e Herby), eccetera. Oggi a volontari e visitatori siamo in grado di offrire un letto, energia, acqua corrente, servizio mensa, sicurezza: il che alla GONAVE è davvero molto! Fuori, davanti all’edificio, stazionano i nostri veicoli: la moto cinese, il pick-up, utili per spostarci, trasportare cose.

Dei progetti passati non serve ripetere. Non serve nemmeno ripetere la storia dei molti attriti e scontri, ad esempio con il prete cattolico (che ultimamente è tornato a essere nostro interessato amico). Noto soltanto questo: che per qualità e quantità i primi progetti sono serviti ad accreditarci, in un paese dove le ong vanno e vengono, ma nulla accade. Qui invece la gente ha toccato con mano che non ci spaventiamo, nessun potente è riuscito a sottometterci, ci siamo, ogni tot iniziamo un nuovo progetto, sempre per il miglior interesse comune. La gente è quasi tutta dalla nostra parte. I potenti, come il prete, e Paulner (P, nei diari di aprile), si sono dovuti calmare. La gente ci fa richieste e ci incoraggia ad attuarle.

Parliamo dunque del futuro.

A luglio inizieremo la costruzione del nuovo acquedotto dalle colline, che porterà acqua dolce da un vecchio pozzo alle campagne, e al villaggio. L’acqua servirà due villaggi: il nostro, e Source-a-Filip, di mille e cento abitanti, che è totalmente a secco. Compatibilmente con la falda, irrigheremo una prima parte di terre fertili, diciamo cinque ettari, che recinteremo per la coltivazione intensiva di Moringa

(https://en.m.wikipedia.org/wiki/Moringa_oleifera  pianta c.d. miracolosa, merita un’occhiata). Questa coltivazione godrà del supporto dei prof. Alberto Schiraldi e Alberto Spada dell’Università di Milano. Con la Moringa alimenteremo un primo pack comunitario di due o trecento capre. Se tutto funziona come deve, con l’inizio del 2019 l’allevamento inizierà a produrre un importante cash flow.

In attesa di nuovi finanziamenti, ci giochiamo tutto su questo progetto, che utilizzerà quasi tutte le risorse oggi esistenti, al netto dei fondi per pagare il medico, le medicine, gli stipendi, gli imprevisti.

Alziamo lo sguardo oltre questo progetto. Sul tema acqua i progetti già studiati e approvati sono quasi dieci. Acqua dolce che scende, acqua salmastra che risale, cisterne, abbeveratoi, reti di distribuzione. C’è bisogno. C’è urgenza. Se Dio vuole, presto faremo tutto.

La Pedrollo Spa ha donato altre quattro pompe, che saranno consegnate fra circa un mese. I progetti inizieranno man mano che avremo la copertura economica. Le popolazioni interessate ci pressano, noi promettiamo di arrivare, chiediamo ancora pazienza.

Questa estate sono iniziate le prime visite di amici. È con noi una brava volontaria UK, neolaureata in medicina, di nome Freyia Miller. Entro qualche mese credo che verranno qui, se Dio vuole: Roberto Alessandrini, Maurizio Pino, Marco Martegiani, spero Alessandra Gabrielli, forse altri.

Passate le recenti turbolenze, la mia presenza a Haiti spero torni ad essere più programmabile e regolare. Dovrò sempre assicurare momenti di presenza a Roma. Comunque sarò di nuovo più regolarmente presente alla Gonave. Per i prossimi mesi, sarò a Haiti: luglio, poi dal 15.9 a fine ottobre, poi da Natale a fine gennaio.

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