La parola “sacramento” deriva dal latino “sacramentum”, che significa “giuramento di fedeltà”, gesto con cui si usava sigillare un patto tra due persone. Di per sé il sacramento è il patto con cui Dio, che intende parlare all’uomo con amore, entra nella nostra storia e ci chiama a rispondere con amore al suo progetto del Regno di Dio.
L’iniziativa, il dono, l’atto primo di fiducia è di Dio; chi riceve il sacramento del matrimonio consegna a Cristo la sua storia personale e riceve da lui pienezza di vita, di senso e di forza per seguirlo e amare il coniuge come lui ha amato la Chiesa.
Se il nostro amore, per la grazia ricevuta, può essere addirittura simile allo stile di Dio, allora “l’amore concretizzato in un matrimonio contratto davanti agli altri, è manifestazione e protezione di un “sì” che si dà senza riserve e senza restrizioni” (AL 132).
Nel matrimonio due sposi, già consacrati singolarmente a Dio con il battesimo, si consacrano insieme come famiglia, imitando il carattere matrimoniale dell’alleanza che Dio ha stipulato con l’umanità in maniera privilegiata.
Come è stato pensato dall’inizio del mondo, il matrimonio è la comunione di tutta la vita tra un uomo e una donna. L’ambito di questa unicità comporta che gli sposi si promettano fedeltà per sempre, con l’impegno – senza ritorno – di amarsi e onorarsi tutti i giorni della loro vita terrena, concedendosi l’un l’altro rapporti di amore e di intimità (anima, corpo e psiche) esclusivi, perché “non sono più due”, ma sono diventati “una cosa sola”.
Questo patto di fedeltà richiede un impegno continuamente nuovo, che non faccia mai intristire l’amore nell’assenza del dialogo e nella rassegnazione, e spinga ciascuno dei due a prendere l’iniziativa di andare verso l’altro anche quando l’altro non faccia altrettanto, proprio come Cristo ha amato la Chiesa e ama ciascuno di noi indissolubilmente.
Ecco perché, quando un vincolo matrimoniale è validamente costituito, non può essere sciolto da nessuna autorità umana, salvo la morte. Il divorzio, infatti, non scioglie il matrimonio davanti a Dio, ma ne fa cessare solamente gli effetti civili davanti allo Stato.
I due, per volere di Dio, quando lasciano le rispettive famiglie diventano una sola carne (Gen 2,24), cioè inseparabili.
Terza grazia, oltre l’unicità e la fedeltà, è l’apertura alla vita: infatti come dono di Dio, il matrimonio è un consorzio di vita, unione intima di intenti, di impegni, di responsabilità permanente e ordinata alla procreazione. Dallo Spirito gli sposi ricevono la grazia di vincere le resistenze dell’egoismo e la paura di amare.
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