Tutto il mondo è paese. Protestano gli abitanti del centro di Varese che non sopportano il martellante suono delle campane di S. Vittore e la loro insofferenza ricorda quanto accadeva trent’anni fa in piazza S. Ambrogio a Milano e che accade regolarmente un po’ in tutta l’Italia. A Città di Castello (Perugia) il parroco è arrivato a “chiudere per lutto” la chiesa pur di far tacere le critiche. A Lavagna (Genova) la corte d’appello ha riconosciuto l’invalidità permanente del sette per cento a una donna con trent’anni di scampanii nella testa riconoscendole un risarcimento di diciottomila euro a carico della parrocchia.
A Majano (Udine) il parroco denunciato è finito in tribunale e ha dovuto pagare una multa di duemila euro più le spese processuali. A Siracusa la corte di Cassazione, con una sentenza del 2005, ha reso definitiva l’ammenda irrogata dal tribunale a un parroco che, dalle otto del mattino e per tutta la giornata, faceva rintoccare l’orologio campanario alle ore e ai quarti e amplificava il suono negli orari di funzione. Tecnicamente si tratta di “inquinamento acustico” paragonabile al frastuono prodotto in strada da un martello pneumatico ed è punibile per “disturbo delle occupazioni o del riposo” ai sensi dell’art. 659 del codice penale.
“Non c’è più religione” scuotono la testa i cattolici meno intransigenti che non capiscono ma si adeguano ai tempi che cambiano. È un fatto che il rintocco delle campane non segni più la vita nei campi come una volta e che abbia perso anche il significato di avvertimento di un pericolo come accadeva secoli fa con le incursioni saracene dal mare. Se sono vere certe statistiche, neppure un quinto della popolazione va oggi a messa almeno una volta la settimana e ciò significa che il rimbombo dei battacchi segna lo scorrere delle ore, segnala il giorno di festa e richiama alle funzioni liturgiche solo una minoranza di italiani. Tra tutti gli altri, c’è chi pensa che i parroci godano di troppa libertà nella scelta delle frequenze e degli orari.
La legge che dice? Le sentenze della Cassazione distinguono tra l’uso delle campane per le funzioni religiose e al di fuori delle esigenze liturgiche. In entrambi i casi la corte fa riferimento al concetto di “normale tollerabilità” per valutare l’eventuale illecito di cui all’articolo 659. Se lo scampanio è collegato alla liturgia, risponde alla libertà di esercizio del culto cattolico che è tutelata dall’art. 2 dell’accordo di revisione del Concordato. In questo caso è di competenza dell’autorità ecclesiastica a cui lo Stato riconosce il potere di regolamentarlo ponendo dei limiti. Lo Stato assicura infatti la tutela penale della salute dei cittadini in base al citato concetto di “normale tollerabilità”.
Il suono deve rientrare “nelle consuetudini della vita quotidiana” e costituire “fatto periodico e di breve durata, normalmente privo di intensità tale da porre problemi di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone” (n. 848/1995). Per quanto riguarda invece l’utilizzo non liturgico, “l’uso delle campane non differisce da qualsiasi altro strumento sonoro” (n. 2316/1998) e non gode di particolare tutela: “Non può invocarsi l’applicazione dell’art. 2 dell’accordo tra Stato e Santa Sede né l’applicazione dei regolamenti ecclesiastici locali qualora le campane siano utilizzate in tempi e con modalità non attinenti l’esercizio del culto”.
Insomma il “baccano” fuori orario delle campane, quando è ossessivo e ripetuto, fa scattare il reato. È ancora la Cassazione a ricordare che il suono è percepibile da un numero elevato e indeterminabile di persone ed entra nell’ambito penale. Ciò significa che il cittadino danneggiato può sporgere denuncia e richiedere il risarcimento. Fin qui le norme e i codici. Poi c’è chi il suono delle campane lo “sente” con altre orecchie. Come monsignor Angelo Del Frate, arciprete a S. Maria del Monte dal 1916 al 1949, che declamava in versi l’armoniosa magia sonora: “Disîi quel che vorîi, ma i nost campann, inn propri i pusèe bei de Lombardia! Che Monza, che Milan, tut vôs de rann, confront ai noster, pièn de melodia!…”.
E i fedeli s’incantavano allora come oggi ad ascoltare i rintocchi che dal Bernascone s’irradiano all’incantevole presepio di fondovalle e al richiamo di S. Maria del Monte rispondono S. Maria degli Angeli alla Rasa, S. Sebastiano a Bregazzana, S. Stefano a Velate, S. Giovanni Battista a Induno Olona, i Ss. Pietro e Paolo a Masnago. Di borgo in borgo, di campanile in campanile, il coro armonico segnala la presenza delle diverse comunità e il suono si propaga all’Angelus mattina e sera, all’Ave Maria di mezzogiorno e alle suonate liturgiche nei giorni di festa. Poesia, si dirà, ma i decibel dove li mettiamo?
Il campanile di S. Vittore è il simbolo di Varese. Fu bombardato dagli austriaci il 31 maggio 1859 e i segni dei colpi sono visibili sulla facciata sud. Incastonata nel muro, c’è ancora una palla di cannone a fianco di una lapide posta a ricordo. La fusione degli attuali otto bronzi è opera di Felice Bizzozero (1829) e da allora il concerto in labemolle affascina gli esperti per la vigorosa armonia. Il Varesotto possiede un ricco patrimonio campanario. Celebri dinastie di fonditori furono i Bizzozero, i Comerio, i Bianchi. Purtroppo molti dei loro capolavori sono andati perduti, requisiti nella seconda guerra mondiale e poi sostituiti con nuove fusioni.
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