(S) Mescolare calcio e politica, calcio e filosofia morale è per te qualcosa di più di un luogo comune, è un vizio!
(C) Vi chiedo scusa, ma mi è impossibile resistere alla tentazione di mettermi alla tastiera un solo secondo dopo l’eliminazione della Germania dal Campionato mondiale. Ma state tranquilli, sarò serio, non parlerò di tattiche, di gol eccetera. Ma di comportamenti umani e magari anche di valori culturali e sociali; mai come in questa occasione, forse anche più che nell’orizzonte più vasto delle Olimpiadi, ho visto ribollire un microcosmo di imprevedibilità e e di apparenti contraddizioni da umiliare i più fantasiosi sceneggiatori di Hollywood. Ma sono spie luminose che si accendono sul pannello di controllo dei grandi avvenimenti storici per avvisarci di cambiamenti epocali già avvenuti, che si legano però a ostinate resistenze a riconoscerne la portata.
(S) Di paradossale e di epocale vedo soprattutto il tuo entusiasmo, che mi spiego semplicemente con un tuo ‘rancorino’ antitedesco. E sono sicuro che l’eliminazione eventuale della Francia ti avrebbe fatto godere anche di più. E’ il tuo giudizio sull’Europa a direzione franco-tedesca che trapela.
(C) No, non, no! Non è così! Ammetto di appartenere a quel tipo di tifoso che, quando non è in gioco la squadra o il campione del cuore, prende le parti del più debole. Davide contro Golia: sto dalla parte del piccolino, a prescindere dal merito. Non sono stato certamente il solo a tifare per gli avversari delle grandi potenze calcistiche, dell’Argentina, del Brasile, come della Germania. Ma non è questo il tema. Sembra che tutto il mondo, non più solo gli italiani, come anni fa ci burlava Churchill, consideri perdere le partite di calcio più importante delle sconfitte in guerra. Partiamo da qualche fatterello: Primo: gli stadi pieni di tifosi venuti da lontano, anche da paesi non proprio ricchi, rigorosamente abbigliati con i colori della nazionale: usanza quest’ultima poco diffusa tra gli italiani. Secondo: presenza assai significativa di figli di immigrati nelle squadre di Nazioni calcisticamente evolute, non più solamente le principali nazioni ex-coloniali, Francia e Inghilterra. Prendiamo ad esempio la Svizzera, otto cognomi su undici titolari mostrano origini straniere. Sembra una nazionale di migranti e questo dovrebbe renderci attenti ad un significato ben più che calcistico. Ma dal lato opposto ha fatto discutere l’esultanza ‘albanese’ dopo il gol alla Serbia del lo svizzero di origini kosovare Shaqiri. Un brivido ambiguo di nazionalismo, che come un fiume carsico erompe a grande distanza.
(O) Quindi nel mondo convivono forme diverse di nazionalismo, anche un po’ contraddittorie. Ma i tifosi, perfetti rappresentanti dell’uomo medio, sembrano ovunque orientati al nazionalismo triviale, Prendiamo il caso della Svezia: oggi saranno tutti uniti e contenti per il passaggio del turno, ma fino a ieri imputavano la sconfitta all’immigrato Durmaz , autore del fallo che ha portato alla vittoria tedesca. “Gli hanno dato del terrorista, del kamikaze, del maledetto immigrato” riferisce il Corriere.
(S) Durmaz oggi è rimasto in panchina, sarà per caso… o per una ragionevolezza di tecnica calcistica: non si gioca bene con addosso un senso di colpa. Comunque non si tratta di razzismo e nemmeno di xenobia, per una persona nata in Svezia e che ha già giocato una cinquantina di partite con la Nazionale del suo Paese,un simile trattamento può nascere solo da stupidità, la stupida, futile ricerca del capro espiatorio. Penso che sia colpa della barba che lo fa sembrare un talebano, come quelli del film ‘Il cacciatore di aquiloni’, benché sia di famiglia cristiana ortodossa, fuggita dalle persecuzioni islamiche. Tanto valeva, invece, incolpare il portiere di cattivo piazzamento o l’attaccante che, qualche minuto prima, invece di puntare l’angolo per perdere tempo, tentò un tiro improbabile, trasformandolo in un comodo passaggio al portiere avversario. La verità è che tutti sbagliamo, ma solo quando gli errori si aggiungono in una catena che provocano danni irreparabili. Questa deve essere la materia di riflessione per gli amici tedeschi, e qui non parlo di calcio, ma di politica europea: se siamo tanto vicini ad un tracollo della politica europea, che per la Germania è essenziale, sarà per colpa di uno strano destino o non anche per errori di chi l’ha principalmente condotta? Vedete anche il caso dei gironi eliminatori di questi mondiali: alla fine l’unica sorpresa è stata l’eliminazione della Germania; le sofferenze delle altre squadre favorite, certamente causate da loro errori, sono state superate, perché hanno saputo correggersi, accettando con umiltà di modificare l’atteggiamento di supponenza iniziale. Vedi, Costante, che assist ti ho servito, devi solo trasferire queste considerazioni alla politica, senza eccezione di nazione e avrai un editoriale politico già fatto.
(C) Temo che le questioni politiche siano un po’ più complesse. Nel calcio il fattore umano conta molto, può qualificarsi l’Islanda, popolazione come la metà della provincia di Varese e non l’Italia o l’Olanda; può arrivare Panama a rappresentare l’America del Nord e non gli Stati Uniti, può non qualificarsi la Cina, che ha più o meno un terzo di tifosi e praticanti di tutto il mondo intero, ma in economia e in politica temo che il fattore umano possa facilmente contribuire ad accrescere le difficoltà oggettive , di un Paese come l’italia o di una Regione come l’Europa, ma difficilmente diventa da solo un fattore vincente. Può farti vincere una volta le elezioni in un solo Paese, ben più difficilmente può cambiare certi rapporti di forza economici, politici e, permettetemi di dirlo, militari. Nessun genio politico risolverà facilmente la questione siriana o quella libica, vista l’enormità degli interessi in gioco e delle risorse che sarebbero necessarie per risolvere i problemi, in un senso o in un altro. Eppure… se riuscissimo a non confondere la vera natura delle Nazioni, quelle unità di popolo rese tali dalla storia, dalla lingua, dalla cultura dalla religione e soprattutto dalla tolleranza delle differenze marginali, con una volgare questione di potere, ipocritamente nascosta sotto la mitica parola ‘sovranità’, troveremmo, in tutte le cose che uniscono un popolo pur fatto di diversi talenti, le risorse umane capaci di cambiare anche la storia, quella vera, e non solo un torneo di calcio. Mi viene spontaneo pensare (scusate, non è pubblicità) al titolo del Meeting di quest’anno: “Le forze che muovono la storia sono le stesse che rendono l’uomo felice”. Per me significa non dover aspettare che qualcosa di esterno a me cambi il mondo, ma, al contrario, che ciò che può rendere felice e quindi diverso un uomo, potrà anche cambiare il mondo.
(O) Speriamo, magari cominciando proprio da questo campionato mondiale, in qualche altra bella sorpresa . Sapete, avevo un sogno calcistico anch’io, che per poco non si è realizzato: la qualificazione proprio della Siria, respinta da una maledetta traversa che ha qualificato l’Australia. Arrivare in Russia, anche a far la cenerentola, non sarebbe forse stata la più bella testimonianza del prevalere del fattore umano, nel fare la storia, su tutte le circostanze materiali, economiche organizzative e quant’altro potete aggiungere per confrontare un continente prospero con un luogo di afflizione e di povertà materiale?
(C) Mi hai letto nel pensiero. Temo che per qualche tempo i più bei sogni ‘politici’ siano destinati a schiantarsi anche loro contro il legno di una traversa. Però non dovremmo pensarli come utopie irrealizzabili, ma come il faro di una prassi quotidiana che miri a costruire l’unità di un popolo, o nazione che dir si voglia, e non soltanto ad accaparrarsi un effimero consenso elettorale, a prezzo di astiose contrapposizioni, capaci solo di creare divisioni tra la gente.
(S) Sebastiano Conformi (O) Onirio Desti (C) Costante
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