Una trasmissione di tanti anni fa, agli albori della televisione, si intitolava Telematch, e aveva come rubrica l’Oggetto misterioso, cioè qualcosa di strano e poco conosciuto che veniva presentato nelle piazze italiane da tre bravi presentatori: Silvio Noto, Renato Tagliani e Enzo Tortora, e che si doveva indovinare. E anche da casa, seduti davanti alla tv (ma ancora erano pochi che la possedevano), ci si dilettava nelle ipotesi più strampalate: una molletta per stendere i panni, un giunto cardanico, una spazzola… E così via.
Se il paragone non fosse offensivo, e non lo è, si potrebbe oggi definire oggetto (o soggetto…) misterioso l’attuale presidente del consiglio, professor Giuseppe Conte. Continuiamo a chiamarlo professore perché pare sia la carica cui tiene maggiormente – quella di docente universitario a Firenze di diritto privato – invece di quella di politico, perché ufficialmente la politica almeno finora non l’ha mai masticata.
Ora, il presidente del consiglio Giuseppe Conte continua a essere un “mistero”. È poco conosciuto, se non dai suoi allievi. Anche se, ormai comincia a esserlo (un poco) da Macron, dalla signora Merkel o da Trump o da Putin. E, nonostante il suo manifestato desiderio di accreditarsi come avvocato di tutti gli italiani, per adesso resta avvocato solo dei suoi clienti, pochi o tanti non si sa. Si vedrà in seguito.
Parafrasando un bellissimo romanzo di molti anni fa di John Le Carré – La spia che venne dal freddo – si potrebbe dire, almeno per ora, che il presidente-professore-avvocato è l’ “uomo venuto dal nulla”. Sta lavorando per noi.
È sotto gli occhi di tutti, almeno dopo queste prime settimane di governo, la “prevaricazione” fatta nei suoi riguardi da parte del ministro dell’interno, il leghista Matteo Salvini, che in pratica ha assommato su di sé anche gli incarichi di presidente del consiglio, da vice che sarebbe, e di ministro degli esteri (e magari anche dopo l’annuncio di chiusura dei porti italiani alle navi delle ong anche di ministro delle infrastrutture), essendo il pentastellato Luigi Di Maio e l’uomo messo a capo della Farnesina, Enzo Moavero Milanesi, ancora di fatto non pervenuti. A Danilo Toninelli, Cinquestelle, visto che la delega ai porti gli è stata benevolmente sottratta altro non è restato che meditare sulla realizzazione della Tav o di altre grandi e presunte opere. Al momento non se ne sa nulla, o poco.
La spiegazione del perché si navighi con questi chiari di luna, o forse già in tempesta chi lo sa, è data forse dalla procedura non proprio consueta con la quale si è arrivati all’incarico del professor Conte da parte del presidente della Repubblica, e poi alla nomina dei suoi ministri. Suoi si fa per dire: sia il nome di Conte sia quello dei ministri sono usciti da uno scambio e da piazzamenti del vetero ma ancora attualissimo manuale Cencelli applicato solo da Cinquestelle e Lega. Il presidente Mattarella ha abbozzato, ha spinto per fare sì che questo risultasse come un suo disegno, un suo bene ordinato piano di battaglia o un finissimo ordito politico: non si sa.
Il risultato, per adesso, è che il vicepresidente del consiglio, Matteo Salvini, autonominatosi ministro dell’Interno, è di fatto o almeno visibilmente anche presidente del consiglio, ministro delle Infrasttutture (cioè dei porti, che lui ha dichiarato chiusi ai migranti) e ministro degli Esteri. Insomma i sostituiti, se ci sono, devono ancora battere un colpo.
Coloro che conoscono bene il professor Giuseppe Conte, che finora assomiglia più al personaggio reso celebre negli anni Quaranta e Cinquanta dal disegnatore Attalo sul Marc’Aurelio: “il Gagà aveva detto agli amici”, che a un novello De Gasperi dell’Europa, sostengono che bisogna dare tempo al tempo: diamogli modo di imparare il mestiere e vedrete.
Per adesso traccheggia, si guarda intorno, sta imparando di tutto un po’ e, come è apparso nel suo discorso di insediamento al Senato, le sue parole annuncianti il cambiamento sono sembrate quelle del celebre comizio di Consalvo Uzeda di Francalanza nel libro i Vicerè di Federico De Roberto, ripreso nel film di Roberto Faenza e bene citato in un magistrale articolo sul Corriere della Sera di Gian Antonio Stella: “Auguro la formazione di un partito capace di darci l’ordine all’interno e la pace con l’estero. Che protegga i laici ma anche la Chiesa. Che realizzi riforme ma conservi anche le tradizioni. Il passato e l’avvenire. Machiavelli ma anche Bacone. E dopo aver studiato Proudhon sono convinto che la proprietà è un furto. Ci sono tuttavia delle proprietà che dobbiamo riconoscere legittime. Viva il Re! Viva la Rivoluzione! Viva Sua Santità!”.
A prendere una posizione definita si fa sempre in tempo.
You must be logged in to post a comment Login