Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Società

SEMPLIFICAZIONI

GUIDO BELLI - 22/06/2018

don Milani

don Milani

Milena Gabanelli, rispondendo a 50 economisti che contestavano nel contenuto e nella forma un suo servizio intitolato “Debito: un’idea per uscirne vivi e tornare a crescere”, ha affermato di aver operato una “semplificazione giornalistica di passaggi complessi” e che, quindi, le sue affermazioni erano vere e non errori.

La questione sembrerebbe correre sul filo di quanta approssimazione ci può essere nel dire il vero, per fare in modo che il vero sia compreso dal lettore del Corriere, addomesticando in questo la complessità del reale.

In altre parole, la domanda sembrerebbe essere: quanta approssimazione può essere tollerata per raggiungere un pubblico più ampio?

Da questo punto di vista, la risposta parrebbe essere l’applicazione di una rigida deontologia professionale da parte del giornalista, il quale non fa da portavoce di una visione, ma racconta i fatti applicando una separazione anglosassone tra fatti e opinioni, come usiamo spesso dire a queste latitudini dove il temperamento prende facilmente il sopravvento sulla ragione.

In altre parole, se la Gabanelli avesse privilegiato spiegare rispetto fornire una lettura del problema secondo l’opinione degli esperti interpellati, il problema non si sarebbe posto.

Grossomodo, la soluzione è più o meno dello stesso tipo di quella proposta per un controllo (una censura?) da parte dei gestori dei grandi siti sociali per limitare le fake news. Si tratta di incaricare chi veicola informazione di controllare ciò che veicola, assicurandone la veridicità.

Insomma: un po’ come chiedere all’oste se il vino è buono.

Non può funzionare.

Possiamo però vedere la “questione Gabanelli” da un altro punto di vista.

Partiamo da qui: “Un operaio conosce 100 parole, il padrone 1000. Per questo lui è il padrone”.

Don Milani aiuta a capire dove può essere il centro della questione.

La domanda da questa prospettiva è: a chi giova semplificare se, facendolo, si perde la comprensione del reale?

Per la risposta, interpellate uno bravo.

Io posso, solo, raccontare la storia di mio suocero, che forse aiuta a trovare una direzione.

Nei primi anni ’70 del secolo scorso, mio suocero, immigrato venti anni prima dalla campagna veneta per lavorare nelle aziende metalmeccaniche del varesotto dopo un passaggio nelle miniere belghe di carbone, utilizzando un istituto che si chiamava “150 ore”, prese la licenza media.

Il suo problema non era solo saper leggere la busta paga, ma era capire il mondo nel quale si trovava. Aveva bisogno di conoscere, ed era orgoglioso di aver delle conoscenze per saper scegliere da che parte stare.

In qualche modo, a mio suocero non andava bene che qualcuno manipolasse la realtà per fargliela semplice da capire, ma chiedeva di poter studiare per conoscerla nella sua complessità.

Voleva saperne 1000 di parole, non voleva che per parlare con lui ne usassero solo 100. Ne andava di se stesso e della sua presenza nel mondo. Per questo si sforzava e studiava. Era una questione di dignità.

Voleva conoscere il vino, non chiedere all’oste.

Il servizio è visibile qui.

Il sito Valigia Blu ha riassunto tutta la vicenda qui

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login