Confermato negli scorsi 5-6 giugno dal voto favorevole di entrambi i rami del Parlamento, il nuovo governo 5 Stelle/Lega ha ormai appunto cominciato a governare. Tra i vari obiettivi che nel suo programma, l’ormai famoso “Contratto per un governo del cambiamento”, sono indicati in modo vago e lacunoso uno dei più importanti riguarda la politica estera.
In questa materia, cruciale per la ripresa socio-economica del nostro Paese, sia nel Contratto che nel discorso programmatico del presidente del Consiglio Giuseppe Conte c’è qualche novità, anche promettente, come l’apertura verso la Russia, ma nel complesso è tutto un gran giocare in difesa. Nel Contratto si parte dalla necessità di “rifocalizzare l’attenzione sul fronte del Sud” per poi affermare che “Non costituendo la Russia una minaccia militare, ma un potenziale partner per la Nato e per l’UE, è nel Mediterraneo che si addensano più fattori di instabilità quali: estremismo islamico, flussi migratori incontrollati, con conseguenti tensioni tra le potenze regionali. Nell’area, l’Italia dovrebbe intensificare la cooperazione con i Paesi impegnati contro il terrorismo”.
Il premier Conte per parte sua si è in primo luogo preoccupato di “preliminarmente ribadire la convinta appartenenza del nostro Paese all’Alleanza atlantica, con gli Stati Uniti d’America quale alleato privilegiato”, aggiungendo poi che “Saremo fautori di una apertura alla Russia, che ha consolidato negli ultimi anni il suo ruolo internazionale in varie crisi geopolitiche. Ci faremo promotori di una revisione del sistema delle sanzioni, a partire da quelle che rischiano di mortificare la società civile russa”.
Non si tratta peraltro solo di parole. Le dichiarazioni di Conte in margine al vertice del G7 in Canada, e rispettivamente il blocco dei trasferimenti indiscriminati dei migranti irregolari in Italia ordinato del ministro degli Interni Salvini, già sono un segno concreto di tali svolte. Il loro limite principale a nostro avviso sta nel fatto che restano però qualcosa di isolato. Non si situano cioè in alcun nuovo orizzonte complessivo di politica estera. Sembra non ci si renda conto che il Mediterraneo diventa un problema soltanto perché non può essere la risorsa che potrebbe essere, o più precisamente perché ci sono potenze che non vogliono che lo sia. E così pure sembra non ci si renda conto che prendere le distanze dalla politica del muro contro la Russia implica che il nostro Paese si dia una politica organica verso l’Europa orientale e verso il Levante che finora non ha. Altrimenti ci si riduce solo a cambiare posizione all’interno di un gioco che comunque non ci conviene.
Aprendo la via all’eco planetaria immediata anche dei pensieri più effimeri e dei pettegolezzi più irresponsabili le reti sociali (social) rendono oggi sempre più difficili il pensiero e la riflessione, con conseguenze negative evidenti ad ogni livello dalla vita: da quella delle persone a quella dei popoli. A questo quadro i primi passi del nuovo governo italiano non fanno purtroppo eccezione. Auguriamoci che — malgrado Facebook, Twitter e compagnia bella — Conte e i suoi ministri trovino anche il tempo di darsi una vera e propria linea di politica estera.
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