Ricordate don Ferrante, quel nobiluomo milanese protagonista dei “Promessi sposi” che si riteneva un grande erudito?: “Al primo parlar che si fece di peste, don Ferrante fu uno de’ più risoluti a negarla, e che sostenne costantemente fino all’ultimo, quell’opinione; non già con ischiamazzi, come il popolo; ma con ragionamenti, ai quali nessuno potrà dire almeno che mancasse la concatenazione”. E il Manzoni dedica una bella pagina a spiegare questi ragionamenti il cui succo era che la peste non esiste perché non si può dimostrare né che sia sostanza, né che sia accidente. “His fretus, vale a dire su questi bei fondamenti, – conclude il Manzoni – non prese nessuna precauzione contro la peste; gli s’attaccò; andò a letto, a morire, come un eroe di Metastasio, prendendosela con le stelle”.
La figura di don Ferrante calza a pennello con quella di alcuni politici ed esperti vicini all’attuale Governo i quali affermano che non bisogna occuparsi dei mercati finanziari perché la volontà del popolo non può essere condizionata dai poteri forti, dagli speculatori, dagli interessi dei capitalisti.
In effetti i mercati finanziari hanno fatto sentire presto la propria voce. Quello che non si era verificato immediatamente dopo le elezioni, nonostante un risultato che non garantiva certo la stabilità, è avvenuto non appena si sono arenate le possibilità di dare un governo politicamente solido al Paese e poi quando il nuovo Governo è apparso indeciso e debole nel garantire gli impegni. In pochi giorni la Borsa valori ha perso quasi il 10%, penalizzando in particolare i titoli bancari, e il differenziale tra i tassi sui titoli di Stato Italiani e quelli tedeschi, quello che viene chiamato lo spread, è passato da meno di 150 a oltre 300 punti, portando in alto tutti i tassi di interesse.
Il problema alla base di questo nervosismo è stata la sostenibilità del debito pubblico: 2300 miliardi di euro su cui lo Stato paga ogni anno dai 60 agli 80 miliardi di interessi. Al debito pubblico corrisponde infatti un credito privato posseduto sia dalle istituzioni finanziarie, come le banche e i fondi di investimento, sia direttamente dai cittadini con l’investimento in titoli di Stato considerato tradizionalmente tra le più sicure forme di risparmio. Ebbene il rischio che un nuovo Governo potesse imboccare una strada potenzialmente capace di fare uscire l’Italia dall’euro ha creato più di una paura e molte preoccupazioni. Il ritorno alla lira equivarrebbe infatti ad un taglio netto del valore dei risparmi, ad un aumento dei prezzi per i beni importati, ad un isolamento internazionale con effetti catastrofici su di un’economia come la nostra che ha nelle esportazioni il suo punto di forza.
Tutti elementi che dovrebbero preoccupare tutti i cittadini. Perché anche se noi non ci occupiamo dei mercati, sono i mercati ad occuparsi di noi, di tutti noi, anche di chi li disprezza e vorrebbe farne a meno. Ci si deve chiedere infatti se il popolo e i mercati sono realmente due realtà diverse e separate che possono viaggiare su binari paralleli senza incontrarsi? Forse bisognerebbe ricordare che ogni mercato, quindi anche quello finanziario, è una realtà che si muove giorno dopo giorno sulla base delle scelte libere e spesso emotive di tutti i soggetti economici e quindi in primo luogo dei cittadini che sono nello stesso tempo lavoratori, consumatori e risparmiatori. Gli stessi che votano con la ragione o il cuore nelle elezioni politiche, votano poi con il portafoglio nelle scelte economiche e finanziarie di tutti i giorni.
Non si può negare che esista la speculazione dei cosiddetti poteri forti, ma ogni speculazione deve comunque trovare un terreno favorevole per svilupparsi. E il terreno favorevole è stato negli ultimi giorni un crollo della fiducia con il rischio che un nuovo Governo potesse, come detto, far uscire l’Italia dalla moneta unica europea ritornando a quella lira che può essere ricordata per le continue svalutazioni che l’avevano portata, alla fine del secolo scorso, ad avere uno dei valori nominali più piccoli del mondo.
Se si ha il coraggio di guardare alla realtà dei fatti, e non alle stelle come faceva don Ferrante, si può riflettere su quanto sta avvenendo in Gran Bretagna. L’uscita dall’Europa per un Paese che peraltro non aveva adottato l’euro, ha provocato una frenata dell’economia, una svalutazione della sterlina, l’abbandono di molte grandi imprese e istituzioni finanziarie con ripercussioni negative che andranno moltiplicandosi nei prossimi anni. E il fatto che la Brexit l’abbia voluta il popolo non riduce gli effetti negativi.
Se è vero che l’Europa ha tanti difetti, è altrettanto vero che un’ipotetica uscita dell’Italia dall’euro non ne risolverebbe nessuno, anzi ne creerebbe di enormemente più grandi. C’è un detto padovano che esprime bene questa realtà: “Xe pezo el tacon del buso”. Come dire: dalla padella nella brace. Non è una bella prospettiva, anche in nome del popolo.
You must be logged in to post a comment Login