Il lavoro dell’insegnante è bellissimo, ma a tratti non lo si vede, non lo si tocca con mano e così diventa più facile parlare di quello che non va. Ma la scuola c’è sempre, è e resta il punto fermo subito dopo la famiglia, anche quando ce la dimentichiamo o la consideriamo come un bene di passaggio. Non c’è bullismo o ingratitudine o maleducazione che tenga, se non ci fosse bisognerebbe inventarla, offrendole in cambio tutta la nostra energia e la nostra gratitudine. La scuola c’è perché ci sono ancora moltissimi docenti che la sanno far amare, che dedicano la loro vita ad accompagnare un cammino in cui il mondo si apre, si mette a nudo e lascia trasparire tutta la sua dirompente umanità.
È in questo clima e dentro questo fermento ideativo che il professor Saverio Moretti, docente di lettere del liceo Scientifico Sereni di Luino, con l’hobby e la passione della fotografia, ha voluto creare con i suoi alunni una mostra fotografica sulla legalità. Un viaggio dentro e fuori l’umanità da parte di un professore estremamente attento alle dinamiche educative, un viaggio voluto e preparato per alimentare il bisogno di certezze di un mondo giovanile che vuole essere protagonista in positivo della sua storia. Una mostra quella del professor Moretti che ha suscitato l’interesse e la partecipazione della classe e il plauso di una scuola da sempre in primo piano per la sua capacità di produrre e di incontrare cultura, costituzionalmente preparata a indagare e a trovare risposte. In questo clima collaborativo ho incontrato il professore, con il quale avevo già ampiamente collaborato in passato, e con lui ho percorso in breve alcuni dei momenti di questo suo nuovo impegno educativo.
Professor Moretti, come nasce questa mostra fotografica sulla legalità?
L’idea di sviluppare una mostra sulla legalità mi è venuta perché ci imbattiamo quasi quotidianamente in regole infrante, in piccole situazioni “illegal” che ci inducono a riflettere. Lavorando a costante contatto con gli adolescenti, credo che stimolare in loro l’occhio a osservare, ad andare oltre il semplice guardare, quindi guidarli a criticare anche grazie alla fotografia, possa essere un modo per denunciare qualcosa che non va e che non piace. Costruire legalità si deve, anche attraverso la condanna del “non si deve” per mezzo di un click.
Come hanno vissuto i ragazzi del Liceo Scientifico Sereni di Luino questa avventura?
Certamente con grande passione e voglia di dire la propria; le idee che hanno prodotto testimoniano la voglia di gridare il proprio dissenso, di alzare un rimprovero e ribadire che vivere bene, nel rispetto del senso civico, gratifica molto di più che gettare una gomma da masticare per terra.
Professore, il ruolo della scuola nella promozione dei valori umani è fondamentale e voi fate parecchio, mi può parlare del suo impegno sul fronte educativo?
Educazione è una parola “forte”, un progetto a cui tutti noi, dalla famiglia alla scuola, dalle amicizie allo sport, forniamo ogni giorno un piccolo contributo. Parlare con i ragazzi di senso del dovere, di coscienza, di rispetto, penso sia fondamentale per plasmare i futuri protagonisti della società; contaminare in senso positivo le loro menti con idee sempre nuove che prendano spunto dal loro vissuto, riflettere su quello che facciamo e perché lo facciamo, sono strumenti credo efficaci per vincere su modelli e format devianti che, purtroppo, oggi invadono le nostre menti e quella, senz’altro più debole e vulnerabile, di un quindicenne. Per questo educare a scuola deve voler dire promuovere idee sempre nuove, lanciare sfide e stimolare menti intelligenti sempre nella ferma consapevolezza che nessuno di noi sia solo, ma parte di un sistema complesso che va rispettato.“Vivi il Liceo”, non a caso, è lo slogan che ha accompagnato l’attività di orientamento quest’anno.
Che cosa manca di più alla scuola di oggi e che cosa si può fare per renderla sempre più vicina alla domanda di un mondo giovanile alla ricerca di nuove certezze?
Da sempre i ragazzi di ogni generazione hanno cercato altro, oltre quello che era loro dato dal mondo degli adulti. Il mondo della scuola penso sia molto cambiato da quando frequentavo io le superiori e oggi tutto si ripete, generazioni che spesso non si trovano, conflitti, incomprensioni… La scuola, come istituzione dinamica, deve quindi adattarsi ai cambiamenti e cercare strategie sempre nuove ed efficaci che promuovano un costante dialogo con le nuove generazioni e definiscano obiettivi sempre in accordo con le richieste della società che, non dimentichiamo, rispetto a ieri è sempre più globale. Quando si parlava di certezze trent’anni fa, si faceva riferimento a qualche chilometro da casa, a un “posto fisso”. Oggi i chilometri si sono moltiplicati e i rapporti di lavoro si sono trasformati. Bisogna allora proiettare le nuove leve verso orizzonti molto diversi da quelli spesso attesi dalle famiglie. Oggi i ragazzi vivono uno stato di maggiore incertezza, non bisogna commettere l’errore di fermarsi e questo la scuola lo sa e deve trasmetterlo.
Professore, com’è il vostro rapporto con Luino e con il territorio circostante?
Luino, lo sappiamo, è zona di frontiera, nella periferia della provincia, e questo sembrerebbe un handicap; tuttavia è capace di offrire stimoli e idee. Il Liceo di Luino è attento a quanto l’hinterland sa offrire e cerca, nel suo piccolo, di valorizzarlo a suo modo con iniziative e partecipazioni. Il rapporto scuola territorio, al di là dell’aspetto istituzionale, è sempre vivo e si nutre di costante collaborazione. Insomma cerchiamo ogni giorno di vivere insieme alla realtà che ci circonda, puntiamo a trasmettere l’idea che bisogna fare tesoro di quello che si ha e saperlo investire al meglio. Il fatto di essere decentrati ci rende, come dire, “intimi”, ci sentiamo davvero una famiglia e il territorio che ci ospita, per questo, ne è geloso. Insomma è un bel rapporto…
Ritiene che la scuola in generale sia in sintonia con le attese di giovani che dovranno un giorno affrontare i temi del lavoro?
Parlare di lavoro oggi ai ragazzi è dura, anche perché il mondo gira molto più velocemente di qualche anno fa e le generazioni cambiano ancora prima che l’anagrafica dia il beneplacito. Il mondo del lavoro è in repentina metamorfosi, il posto sotto casa non esiste più e le richieste di competenze sono sempre più specifiche. Allora dobbiamo costruire competenze oltre che fornire cultura, sono queste che il mondo chiede. E la scuola si sta adeguando. Ma non è l’unica istituzione a doverlo fare, se consideriamo quante ore i ragazzi vivono in altre realtà durante la giornata (penso al mondo dello sport, alle associazioni…). Tuttavia sono sempre convinto che la cultura che un Paese come l’Italia possa offrire sia la carta vincente. Combinare cultura e competenze in armonia penso possa essere la soluzione migliore da offrire ai giovani di oggi che si apprestano ad affrontare il mondo del lavoro. Ma questo richiede menti aperte e attente. E in una società che purtroppo offre fittizi e facili rifugi virtuali in cui costruire false identità parallele, il target si restringe. Purtroppo.
Saverio Moretti è nato a Matera l’11/04/1967. Laureato in Filosofia, insegna Lettere presso il Liceo Scientifico Sereni dal 2001. Appassionato di fotografia e di arte figurativa più in generale, tiene ormai da oltre quindici anni un corso di fotografia per gli alunni del Liceo, in cui parla di tecnica e di costruzione dei soggetti. Ha organizzato, sempre a scuola, altre mostre come “Fotografare una poesia” nel 2017 e altri allestimenti negli anni passati. Sportivo nel sangue (è diplomato ISEF), quando iniziano i tornei, torna con piacere a essere arbitro nazionale di tennis sui campi in terra rossa, a chiamare…Out! Second service!
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