È una delle prime sere estive di Roma. Il sole tinge di rosso i palazzi del centro e l’aria tersa e limpida ha finalmente asciugato l’umidità dei giorni scorsi. Auto blu con scorta al seguito fendono piazza Venezia diretti verso chissà quali centri di potere. Folle di turisti stanchi e distratti gremiscono i tavolini dei bar che danno sul Vittoriano. Ancora una volta il vigile della piazza si arrende, impotente davanti al caos del traffico e lascia la pedana.
Tra politica e distrazione un gruppo di giovani e meno giovani si dà appuntamento nella Basilica dei Santi Apostoli: una Messa per il bene della nostra nazione. Nell’edificio sono conservate le reliquie di Filippo e Giacomo il minore. Gente che il Signore lo ha visto da vicino e frequentato.
A poche centinaia di metri, verso il Pantheon, riposa Santa Caterina da Siena dove Don Giacomo Tantardini ci mandava a pregare nelle ore più buie della Prima Repubblica.
È quindi una sorta di quadrilatero virtuoso questo dedalo di vie e viuzze come solo il centro storico di Roma, tra medioevo e barocco, sa regalare.
L’iniziativa risponde all’appello lanciato la scorsa settimana dal presidente della Conferenza Episcopale Italiana Bassetti “Prima il bene comune” dove tra l’altro il Cardinale scrive: “In questo momento difficile servono parole di concordia e di dialogo per abbattere i muri di inimicizia e superare lo spirito di divisione che sembra diffondersi nel paese”. E ancora: “Questo è il tempo grave della responsabilità e non certo dello scontro istituzionale, politico e sociale. Per il bene delle famiglie, dei giovani e dei figli del popolo italiano”.
La presenza di cristiani nella politica è ridotta a un lumicino. Finita la stagione del partito di riferimento unico, ormai quasi ogni formazione può vantare al suo interno qualche esponente che si riferisce alla Dottrina sociale della Chiesa. Ma in questi anni nessuno è riuscito a fare squadra su alcuni temi forti ed i più’ si sono dispersi in una sterile dialettica partitica. Se ne è lamentato lo stesso Bassetti durante i lavori dell’ultima assemblea dei vescovi aggiungendovi anche una dose di autocritica nei confronti di una Chiesa troppo lontana da chi oggi ‘sente’ una vocazione al servizio sociale e politico.
Intanto la società post-cristiana è andata avanti: inverno demografico, cultura dello scarto, incertezza tra i giovani, barriere agli immigrati invece di accoglienza.
Da dove ripartire ? Nella navata della Basilica si intona la preghiera per l’Italia di Giovanni Paolo II scritta il 15 Marzo del ‘94. “Donaci di guardare le vicende umane con occhi puri e penetranti” recitava il Pontefice Santo “di conservare l’eredità di santità e civiltà propria del nostro popolo, di convertirci nella mente e nel cuore per rinnovare la società”. Generazioni diverse pregano unite, lontano dagli smartphone, dagli insulti in rete, dalle risse di una politica sempre meno ideale e sempre più ridotta a rapporti di forza. Ciascuno fa memoria in sé di quella eredità consapevole che per cambiare qualcosa occorre partire dal proprio cuore: “Da oggi non potremo andare al lavoro, fare la mamma o il papà, il prete o la suora come abbiamo fatto sino a ieri” sottolinea don Eugenio Nembrini che celebra la Messa.
Santa Caterina da Siena, giovane e analfabeta, esortava papa Gregorio XI ad essere ‘virile’. A noi basterebbero cristiani ‘responsabili’ ciascuno nel proprio ambito, che ci accompagnino e rendano più certa la crescita del piccolo seme di Vangelo affidatoci.
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