Una nuova opera di misericordia si è aggiunta con papa Francesco alle sette corporali e alle sette spirituali della tradizione, la cura della casa comune, sulla base di una interrelazione tra tutti gli esseri umani e la creazione. A fame, violenza, povertà corrispondono i cambiamenti che interessano l’ambiente.
Per le prime sei opere di misericordia corporale (dar da mangiare agli affamati, da bere agli assetati, vestire gli ignudi, accogliere i forestieri, assistere gli ammalati, visitare i carcerati) ci si riferisce di solito al Cap. 25 del Vangelo di Matteo, mentre la settima (seppellire i morti) si è aggiunta grazie a un teologo medioevale francese del XII secolo, Pietro Comestore, sul fondamento del libro di Tobia. Ognuna comunque trova precisi riferimenti biblici, atti generosi di aiuto e di perdono.
La relazione non si configura a senso unico, che prescinde dall’atteggiamento di chi dà verso chi ha bisogno. Non ci si limita a fissare una lista di azioni concrete, ma si include l’atteggiamento con cui vengono compiute, così come si prendono in considerazione le relazioni cui danno vita. Si stabilisce un legame tra i nostri gesti di amore (si hanno a cuore coloro che soffrono, i miseri) e l’esperienza di un Dio, che si prende cura di noi. Riconoscendo la nostra povertà e miseria ci mettiamo in grado di ricevere la misericordia divina. La reciprocità del perdono è contemplata nel Padre Nostro. Così partecipiamo al bene con opere che valgono a contrastare il male, il peccato, che ha introdotto il disordine nel mondo, il limite in cui si specchia la nostra finitezza. È tutta una forma creativa di restaurazione. Si tratta di “semplici gesti quotidiani, con cui spezziamo la logica della violenza, dello sfruttamento, dell’egoismo” (Laudato si’ n. 230). Così contribuiamo all’ordine e alla guarigione del caos presente nel mondo.
Da questi gesti traggono origine una cultura e uno stile di vita, l’habitus stesso della virtù, la continua conversione che si opera in noi, consentendo crescita umana e spirituale delle persone e della società. La misericordia si esercita in una dimensione pienamente e integralmente spirituale.
La cura della casa comune ha precedenti significativi nel magistero dei pontefici a partire da Paolo VI. Nell’Octogesima Adveniens (1971) è precisato: “Non soltanto l’ambiente materiale diventa una minaccia permanente: inquinamento e rifiuti, nuove malattie, potere distruttivo totale, ma è il contesto umano, che l’uomo non padroneggia più, creandosi così per il domani un ambiente che potrà essergli intollerabile “ (n.21). Giovanni Paolo II (Dives in misericordia n.2, 1980) chiarisce allarmato che a causa dell’enorme e rapido sviluppo della scienza e della tecnologia l’umanità “è diventata padrona e ha soggiogato e dominato la terra (v. Gn 1,28).
Tale dominio, inteso talvolta unilateralmente e superficialmente, sembra che non lasci spazio alla misericordia, onde un appello alla “conversione ecologica, un’ecologia umana che protegga il bene radicale della vita in tutte le sue manifestazioni e prepari alle generazioni future un ambiente che si avvicini il più possibile al progetto del Creatore”. Nell’Enciclica Caritas in veritate (2009) Benedetto XVI evidenzia il fallimento dei modelli economici dominanti e propone una svolta verso un’economia del dono, in una visione che ponga la carità ben più che la semplice giustizia a fondamento dell’ordine sociale. Nel Messaggio del 2010 “Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato” indica nel rapporto con Dio e in quello col creato la premessa per la sicurezza globale.
Quella di papa Francesco è un’ecologia integrale che implica profonde connessioni tra tutte le parti della Creazione, ascoltando “tanto il grido della terra, quanto il grido dei poveri “ (Laudato si’ n.49). Il degrado dell’ambiente naturale va ridotto già dai piccoli gesti quotidiani. La bellezza della terra va preservata in tutti i suoi aspetti e tutte le creature hanno un valore in se stesse.
Prendersi cura comunque è ben più che amministrare un bene, implica l’amore. Dio ci sostiene e ci governa tramite la terra, nostra madre e sorella. Così non solo si custodisce, ma si porta a compimento il progetto della creazione, dono di Dio. La prospettiva ecologica integrale accolta nella Laudato si’ trascende gli individui ed è pertinente alla globalità.
Non possiamo comprendere e rispettare un essere umano, se lo si isola dal contesto sociale e naturale. E il principio vale tanto nella sfera delle opere di misericordia corporali, quanto in quella delle spirituali.
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