Negli scorsi giorni e settimane ho espresso in più sedi le mie forti perplessità sulla capacità politica del professor Conte di “dirigere la politica generale del Governo, di cui è responsabile, e di mantenere la unità di indirizzo politico, promuovendo e coordinando l’attività dei ministri”.
Mi sono sbagliato, lo ammetto e ne faccio ammenda: mea culpa, mea maxima culpa.
Uno che riesce, con controllata gestualità ed un sorprendente ritmo da consumato oratore, a parlare per un’ora e un quarto senza dire niente è un politico nato.
Qualche segnale per la verità c’era stato, il curriculum agli steroidi, la capacità di individuare il carro del vincitore col cuore che batte a sinistra, non sono attitudini che si sviluppano nelle aule universitarie, ma chissà perché non li avevo colti.
Qualcuno al Senato lo ha definito un premier Arlecchino, perché troppe pezze avrà da mettere per tenere insieme le opposte forze politiche che lo hanno, di fatto, nominato; io credo che sarà sì Arlecchino, ma non per le troppe pezze, bensì perché “servo di due padroni”, con buona pace del grande Goldoni. E che i padroni siano due si è colto nel back stage della “messa in scena” del discorso programmatico.
Il professor Giuseppe Conte, lo confermo, è proprio bravo; anzi bravissimo.
Nel non dire niente per 75 minuti è riuscito anche a creare un “non detto” che ha provocato la reazione serale del vice Salvini, cui non è sfuggita la volontaria omissione di argomenti quali l’IVA, la legge Fornero, ed i problemoni quali Alitalia ed Ilva.
A differenza del professor Conte infatti, che non ha una base elettorale, Salvini e Di Maio ce l’hanno eccome e verso di essa sono stati presi impegni fiduciari.
Arriva quindi, subito dopo l’incasso della fiducia, la puntualizzazione di Salvini, che non corregge il premier, ma non per questione di garbo istituzionale, solo e semplicemente perché entra a gamba tesa nella area del ” non detto” e precisa che l’IVA non aumenterà e la legge Fornero verrà abolita.
Per la Flat tax e il reddito di cittadinanza, invece, passare più tardi.
Come dicevano gli antichi romani: “panem et circenses” per tutti.
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