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Attualità

PRESI PER MAFIOSI

SERGIO REDAELLI - 01/06/2018

rivistaÈ stata una distrazione, non siamo mafiosi e non ricicliamo denaro sporco. La Società Storica Varesina, benemerita associazione con quasi cento anni di vita, si difende dall’accusa di aver violato le norme antiriciclaggio e chiede alla Ragioneria di Stato di archiviare il procedimento amministrativo aperto a suo carico che rischia di mandarla sul lastrico. Si è vista infatti notificare una multa di seimila euro per aver pagato la stampa della sua Rivista con un assegno di 2.913 euro senza la dicitura “non trasferibile”. Una mancanza formale commessa in totale buona fede e punita con una sanzione esagerata.

Capita anche questo, nella nostra povera Italia: che la pedissequa applicazione della legge non distingua gli onesti cittadini dai malfattori e che lo Stato finisca per trattarli come mafiosi o peggio come terroristi. La Società Storica Varesina, fondata nel 1931 da studiosi locali per continuare l’attività della Società del Museo Patrio che operava a Varese dal 1871 sotto la guida di Luigi Borri, vive a fatica con un “giro d’affari” annuo che non supera i tremila euro. Ètutto ciò che incassa, infatti, dalle quote d’iscrizione del centinaio di soci e basta appena a pagare la stampa annuale della Rivista intitolata al fondatore Leopoldo Giampaolo.

L’avviso d’infrazione risale al 14 aprile quando il Ministero dell’Economia e delle Finanze e la Ragioneria Generale dello Stato hanno notificato alla società varesina e a Chiara Ambrosoli del consiglio direttivo, firmataria materiale dell’assegno, la violazione dell’articolo 49, comma 5 del decreto legislativo 231/2007 che ha reso più severe le norme antiriciclaggio; offrendo la possibilità di chiudere la pratica con lo sconto, seimila euro, da pagare entro sessanta giorni dalla notifica, invece di una cifra molto più alta. In base alle nuove disposizioni, l’infrazione è infatti punibile con una multa da tremila a cinquantamila euro.

Un inasprimento in certi casi spropositato. I primi a sollevare obiezioni sono stati i professionisti solitamente più bersagliati da questo tipo di sanzioni. Avvocati, commercialisti e notai hanno sottoscritto un documento nazionale sottolineando la necessità di rivedere gli importi minimi per le violazioni meramente formali. Una richiesta dettata da esigenze di ragionevolezza e proporzionalità, avanzata prima che la Società Storica Varesina incorresse nella multa. Tutti d’accordo, infatti, sul principio che la legge non ammette ignoranza, ma chi la amministra dovrebbe usare buon senso e verificare caso per caso.

La dicitura “non trasferibile” è prevista dalla legge per scongiurare truffe, frodi, riciclaggio di soldi sporchi e finanziamento del terrorismo, tutte ipotesi serie e sacrosante ma fuori luogo in questo caso. “I nostri conti sono trasparenti e facilmente verificabili – spiega il presidente degli storici varesini, Giuseppe Armocida – Si è trattato di una semplice dimenticanza. L’assegno non riporta la clausola “non trasferibile” perché faceva parte di un libretto emesso dalla banca prima della emanazione del decreto legislativo del 2007 e le nostre operazioni finanziarie sono talmente rare che usavamo ancora gli assegni senza la scritta prestampata”.

“Al di là del nostro caso – aggiunge Armocida – spero che il Parlamento rimedi presto a una disposizione di legge che confligge con il buon senso. Un piccolo errore formale non può comportare una sanzione così vistosamente eccessiva. Ed è grottesco che in un Paese come il nostro, afflitto da tanti gravi problemi, le autorità debbano perdere tempo a occuparsi di errori veniali. La nostra Chiara Ambrosoli si è vista piombare in casa la Guardia di Finanza e la tipografia di Galliate Lombardo che ha incassato l’assegno ha ricevuto a sua volta una multa di seimila euro. È mai possibile che accadano cose del genere?”.

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