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Opinioni

DISCONTINUITÀ INVISIBILE

CESARE CHIERICATI - 01/06/2018

Davide Galimberti, sindaco di Varese

Davide Galimberti, sindaco di Varese

Un anno fa a lanciare a piene mani pietre mediatiche contro la Giunta Galimberti era il coordinatore di Forza Italia Roberto Leonardi che, subito dopo l’insediamento del centrosinistra a Palazzo Estense, non aveva perso tempo formulando accuse, all’epoca semplicemente ridicole. “Varese –aveva tuonato – è sempre più sporca a buia” come se la città negli ultimi decenni fosse stata amministrata da altri e non da governi a trazione leghista, confortati puntualmente da berlusconiani a vario titolo, che certo se ne erano infischiati sia della pulizia sia dell’illuminazione. Ora il testimone dell’opposizione, sempre e comunque, è passato nelle mani dello “sceriffo” bustocco della Lega Andrea Gambini, nuovo commissario paracadutato in Piazza del Podestà per riportare ordine (anche nei conti) del partito e rilevare il segretario Carlo Piatti messo per ora in salutare standby.

Si dice che quando le “vedette lombarde” disseminate in città lo avvistano alle porte del capoluogo, partano inequivocabili segnali di mobilitazione generale. A quel punto decine di militanti gli vanno incontro brandendo elenchi cartacei e digitali, preconfezionati, di lamentele di ogni genere e tipo che inevitabilmente si traducono in titoli giornalistici da “day after” tipo “Il centro si svuota commercianti disperati” oppure il ricorrente “Varese abbandonata” come Rossella O’Hara (Vivien Leigh) dall’impenitente seduttore Rhett Butler (Clark Gable) in Via col Vento. Fuori di metafora l’improbabile seduttore urbano è ovviamente il sindaco Davide Galimberti che molto promette e poco mantiene, secondo lo “sceriffo” verde. Giudizio frettoloso che non tiene minimamente conto di quanto messo in cantiere fin ora: riqualificazione delle stazioni in rampa di lancio tra qualche mese dopo il faraonico nullismo dei precedenti progetti; interventi rilevanti per l’edilizia scolastica al netto delle polemiche strumentali sulla scuola Canziani candidata all’abbattimento; misure strutturali in favore della sicurezza stradale; avvio della costruzione del parcheggio di via Sempione voluto certo dalla Giunta Fontana 2 ma poi lasciato su un binario morto senza finanziamento di spesa; Il festival del paesaggio ovvero Nature urbane avviato, non senza polemiche interne alla maggioranza, verso la seconda edizione; il recupero al via dell’area dismessa ex Enel di viale Belforte, un inizio a fronte di decine di aree degradate cui le giunte precedenti hanno dedicato un’attenzione pari a zero; il piano della sosta ancora migliorabile, ma che ha liberato alcuni quartieri da un insostenibile morsa automobilistica.

Un consuntivo confortante, ma le opposizioni sembrano aver scelto la sterile strade del muro contro muro. Detto questo non si può tuttavia non rilevare un deficit realizzativo nella manutenzione ordinaria e straordinaria dell’esistente. Strade e relativa segnaletica, marciapiedi, tombini, decoro urbano nelle diverse declinazioni di arredo, pulizia, illuminazione versano più o meno nelle stesse condizioni in cui sono state ereditate il 16 giugno 2016 quando gli elettori decretarono lo sfratto del centrodestra da via Sacco. Persino dell’annunciato telone destinato a coprire l’orrore della Caserma Garibaldi si sono perse le tracce. Si era detto da parte delle forze della nuova maggioranza che era necessario un approccio nuovo alla città, una discontinuità decisa e da subito visibile nel giorno dopo giorno, l’approdo a una qualità urbana di Varese degna delle ambizioni dei suoi amministratori. Un cambio che oggettivamente non si è ancora realizzato e che non può attendere oltre. Sappiamo che le difficoltà ci sono e riguardano le risorse e la macchina amministrativa, di suo scarsamente solerte e non sempre in linea con le scelte politiche. E che dire infine dello stallo del piano luce, approvato dalla giunta Fontana, bloccato da un ricorso giudiziario di un’azienda concorrente.

Il che condanna la città a un’avvilente intermittenza luminosa in strade e interi quartieri nonostante alcuni interventi di pronto soccorso. Un esempio: risalendo viale Belforte dalla svincolo dell’Iper, buio da mesi, ci si imbatte in una lunga serie di lampioni morti fin oltre la discarica. Forse si vuole battere il record della seconda giunta Fumagalli allorché, sullo stesso percorso, ne contammo ben ventitre spenti. Nel segnalarlo agli uffici ci sentimmo rispondere in burocratese stretto che “in effetti esistevano delle criticità”. E lì ancora stiamo. Nell’interminabile frattempo si sfrutta la “sussidiarietà elettrica” dei rivenditori di automobili presenti sulla salita.

 

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