Essendo la nostra un’attività usurante maturai il diritto al riposo concesso anticipatamente negli Anni 80 ai giornalisti. Non erano numerose le persone che pensavano al mio accantonamento come a una soluzione positiva, ma io facevo parte del gruppo favorevole.
Non ebbi il tempo di programmare un ozio attivo: mi attendevano altri 30 anni di attività in tutti mezzi di comunicazione, di esperienze e impegni gratificanti. E con Varesenews ho potuto fare addirittura fare un balzo nel futuro, con un solo inconveniente: al primo cedimento fisico la mia carta di identità mi ha ricordato che certe cose accadono solo ai vecchi. Invece di imprecare ho ringraziato Varesenews e RMFonline che mi ospitano ancora.
In effetti può essere utile la presenza di chi certe situazioni le ha vissute e ne ha dato testimonianza con lealtà e misura, non come unica voce di democrazia, ma come parte di un piccolo tenace coro che ha sempre guardato alla comunità non come espressione di gruppi ideologici, ma di persone che per sé e i loro cari cercavano la serenità e il diritto a un giusto benessere. Con occhio diverso, con ironia ma non arroganza ho guardato invece ai politici solo perché volontari
nella ricerca del progresso e del benessere collettivo: ho cercato di essere attivo nell’evitare che le tentazioni del potere portassero a deragliamenti. Che però sono venuti ugualmente alla faccia anche dei cronisti, non solo dei politici onesti, che da noi dal comune più piccolo alle roccaforti dei trionfi, non sono mai mancati.
Oggi siamo in una fase nuova, di rinnovamento: il problema della affidabilità non è acuto e sconvolgente come all’inizio della Seconda Repubblica, ma non è per nulla soddisfacente il livello globale dell’intera galassia : la politica non è più oggetto di studio, di preparazione, non è premiante, errori e pasticci hanno attraversato e sconvolto l’ambiente, i vecchi militanti non hanno più l’ascolto d un tempo, l’incalzare delle novità li sistema sul fondo della classifica.
Vedere un Fassino scacciato da una bambina dal seggio di sindaco di Torino fa venire la malinconia anche a chi non è mai stato comunista.
Difficoltà e crisi non mancano a Varese dove però slanci e novità rivoluzionarie ci sono ma vengono combattuti con una flemma che non è disinteresse ma voglia di approfondire, di verificare che trova peraltro da sempre la burocrazia come alleata.
E quando si deve decidere del futuro della città si è ancora di più posapiano. Questa prudenza oggi è dettata dal fatto che con il boom del secolo scorso e l’arrivo della Seconda Repubblica non ci sono stati progressi: il tutto ha moderatamente colpito l’intera collettività che chiamata a un voto del cambiamento ben poco ha mutato.
Varese oggi però rischia grosso con questa sua disattenzione alla cosa pubblica: non ha capito che il futuro diventerà presto nero se la politica non cercherà nella comunità del lavoro imprenditori e professionisti, gli uomini che potranno collaborare al rilancio grazie alla loro preparazione e alla loro esperienza. Dalla politica non si deve però fuggire: ci vuole pazienza, serenità e umiltà. Come si dice al Sud nessuno nasce imparato.
Ma politici navigati sono oggi anche da noi campioni senza apprendimento. In una foto del raduno dei primari di Busto e Gallarate, amareggiati per la disastrosa situazione della sanità ho visto l’assessore, non eletto dal popolo, regionale Cattaneo che avrebbe rimpianto un direttore come Lucchina. E chi non rimpiange Lucchina?Alla sanità lombarda oggi mancano i finanziamenti di Roma e uomini guida preparati.
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