Le preoccupazioni, evidenti e significative, sulla situazione politica sono rimaste sullo sfondo. In primo piano, nell’annuale assemblea degli industriali della provincia di Varese, è stata posta quest’anno la consapevolezza di essere sulla strada giusta sul fronte dell’innovazione e di avere la forza e la volontà per mantenere una strada di crescita e quindi anche di creazione di nuovi posti di lavoro.
Non a caso nella relazione del presidente Riccardo Comerio, che si è aperta con un invito a mantenere un tono pacato nella contesa politica, il tema dei giovani é stato uno dei più forti e più appassionati. E per questo l’educazione, la formazione, l’inserimento al lavoro, lo sviluppo dei rapporti tra scuola e imprese, sono stati altrettanti punti fermi di un percorso che ha avuto la volontà di coniugare la logica della realtà locale con le grandi trasformazioni della globalizzazione e della rivoluzione tecnologica.
Per questo il presidente dell’Unione Industriali ha chiesto di “mettere al centro della propria azione non il reddito fine a se stesso, ma la possibilità di dare ai giovani gli strumenti per guadagnarsi un reddito. In futuro. In questo Paese. In questo territorio”.
Il messaggio è rivolto alla politica: “Non tanto di redistribuzione vorremmo sentir parlare, ma di politiche per la Scuola, per la Formazione, per i Giovani, per il Lavoro”.
Il problema di fondo dell’attuale condizione giovanile infatti è sicuramente la difficoltà nell’entrare, possibilmente dalla porta principale, nel mondo del lavoro. Una difficoltà che è determinata anche da percorsi scolastici che non rispondono più alle esigenze delle imprese.
Non si tratta semplicemente della necessità di competenze unicamente tecniche o comunque specializzate. Si tratta di fornire quelle particolarità che gli esperti del lavoro chiamano soft skill, cioè competenze leggere, in pratica la capacità di affrontare i problemi e di trovare i percorsi per le possibili soluzioni.
È chiaro che siamo di fornite a qualcosa di particolarmente diverso dal classico elemento nozionistico dell’istruzione. L’educazione scolastica dovrebbe infatti tendere a fornire, insieme alla conoscenza, anche i criteri di giudizio, i percorsi comportamentali, la capacità di sfruttare fino in fondo la propria creatività.
È in fondo questa la sfida degli istituti tecnici superiori che da qualche anno offrono ai giovani una formazione alternativa a quella universitaria con una particolare attenzione alle tecnologie e al rapporto crescente con le imprese.
C’è poi un altro aspetto da sottolineare. Spesso eventi di questo tipo si traducono in parte in un grido di dolore per le difficoltà che si devono affrontare, in parte in esplicite rivendicazioni sui vari fronti che possono aiutare le imprese nella loro attività. In questa occasione è stato invece posto con forza la necessità di fare conoscere la realtà delle imprese, delle tante imprese che contraddistinguono la realtà varesina, una realtà che continua a essere una parte decisiva del manifatturiero italiano. La Lombardia, insieme al Nord Est, ha avuto negli ultimi anni una crescita in linea con quella dei maggiori distretti industriali della Germania e della Francia, ha saputo proseguire nella logica della ristrutturazione, ha saputo mantenere la forza della qualità.
Per Varese un fattore positivo e stato quello di una naturale diversificazione produttiva: la presenza di imprese di diversi settori, dalla chimica alla meccanica, dalla farmaceutica all’aerospaziale, dal tessile alle plastiche, ha fatto in modo che si venisse consolidando anche quello scenario favorevole che è fatto dalla rete dei trasporti, dal sistema educativo (e qui non bisogna dimenticare l’Università di Castellanza, promossa dagli stessi industriali), dal rapporto costruttivo con le istituzioni e le rappresentanze con in primo piano il sindacato.
Come detto la politica è rimasta sullo sfondo. È un momento, come ha sottolineato il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, in cui prevalgono incognite e preoccupazioni, come in tutti i casi in cui ci si indirizza verso una terra inesplorata. E peraltro i segnali della politica appaiono tuttora altrettanto enfatici, quanto contraddittori.
La volontà di cambiare rischia di travolgere anche quanto di positivo è stato fatto negli ultimi anni: dal lavoro alle pensioni, dal sostegno all’innovazione alle politiche fiscali le imprese hanno bisogno di certezze e di stabilità. Una stabilità che può nascere solo dal mantenere un sentiero di crescita.
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