Nato da famiglia di ebrei portoghesi sefarditi a Amsterdam nel 1632, in un’Olanda che godeva dell’età dell’oro grazie all’agiatezza della nuova classe mercantile (è noto il giudizio del grande storico Johan Huizinga: “Chi può ricordare un altro popolo che, appena nato, abbia raggiunto il vertice del suo sviluppo civile? “), Baruch Spinoza (1632-1677) venne messo al bando dalla sua religione perché sostenitore del libero pensiero e demistificatore della superstizione contenuta nelle religioni (v. i miracoli), in fama di ateo, materialista e addirittura di libertino in spregio alla verità.
In realtà come pensatore Spinoza conduce sino al massimo grado di intensità e conseguenze lo sviluppo del filone razionalistico: non materializza Dio, piuttosto divinizza il mondo secondo una concezione monistica (mondo e Dio sono inscindibili) e panenteistica (tutto è in Dio), nega il libero arbitrio e l’autodeterminazione in quanto tutto il mondo agisce in base a una concatenazione di cause e conseguenze dettate da necessità assoluta. Deus sive natura è la sua definizione dell’essere supremo.
Fino a 13/14 anni Spinoza segue la scuola della Talmud Torah interessato alla lingua ebraica, alla Cabala, all’Antico Testamento, al Talmud. Frequenta la scuola di latino di Franciscus van den Enden, si appassiona alle teorie di Hobbes, Bacone, Cartesio. Dopo la morte del padre (1654) abbraccia pienamente la professione di mercante, ma nel 1656 a causa del suo rifiuto di accettare acriticamente i dogmi della fede viene espulso dalla comunità con il contesto di terribili anatemi.
Rimasto senza un soldo Spinoza si guadagna da vivere con l’attività manuale (levigatore di lenti). Si mantiene nutrendosi di zuppe d’avena, un boccale di birra e poco altro. Celibe assoluto per amore della tranquillità speculativa rifiuta una cattedra all’Università di Heidelberg, propostagli dall’Elettore palatino (1673). Si spegne serenamente col peggioramento della tubercolosi assistito soltanto dalla padrona di casa e da un amico medico.
Del 1656-57è il Trattato sull’emendazione dell’intelletto (incompiuto): questa è concepita nei termini di una purificazione. L’indagine ha una finalizzazione etica. La mente deve essere razionalmente distratta dagli oggetti dell’ordinario appagamento (ricchezze, onori, piaceri dei sensi); solo “l’amore per una cosa eterna e infinita nutre l’animo unicamente di letizia, priva di ogni tristezza “. Il sommo bene è il fine a cui pervenire come stato di perfezione, vero bene è tutto ciò che può essere un mezzo per pervenirvi. La conoscenza è classificata in quattro generi: indiretta, per generalizzazione, mediata che permette di inferire l’essenza di una cosa dall’altra, conoscenza della cosa mediante la sua sola essenza. Privilegiato è il quarto modo. Prima di tutto deve esistere in noi l’idea vera come strumento innato. Inadeguate risultano invece le idee finte, false, dubbie, generate dall’immaginazione (indefinibile potenza distorsiva). Spinoza definisce l’intelletto quale conoscenza chiara e distinta all’origine della catena deduttiva.
Tra il 1659 e il 1662 Spinoza si dedica al Breve trattato su Dio, l’uomo e il suo bene. Verrà alla luce soltanto nel 1862, pubblicato da Jan van Floten. Due ne sono le parti: la prima affronta il problema di Dio, dei suoi attributi e delle sue proprietà; la seconda si occupa dell’uomo, della sua conoscenza e degli affetti, dalla cui schiavitù deve liberarsi. Dio è il contenuto immediato del nostro pensiero.
L’autoevidenza dell’originario si pone quale primo contenuto immediato dell’intelletto. Dio è mente, di cui si può affermare tutto, cioè un numero infinito di attributi, ciascuno dei quali è infinitamente perfetto nel suo genere. Dio è il tutto, infinito e perfetto, cui appartiene la totalità degli attributi. Negata la creaturalità del mondo, res cogitans e res extensa sono reinterpretate come attributi dell’essenza di Dio, unica sostanza. Dio è causa immanente, libera per assenza di coazione esterna. La triade dell’ontologia spinoziana contempla la sostanza, unica e infinita, gli attributi che ne esprimono l’essenza e i modi, che non sussistono da sé, ma nei rispettivi attributi. Si distingue tra natura naturans (in cui sono ancora concepiti sostanza e attributi) e natura naturata (i modi). Come causa immanente del mondo Dio è natura naturans, come universo prodotto natura naturata.
All’uomo, a causa della sua finitezza, è negato l’essere sostanziale, è concepito invece come modo dei due attributi di pensiero ed estensione. I tre generi di conoscenza sono ora riclassificati: semplice credenza, credenza vera, detta comunemente ragione, non soggetta ad errore, conoscenza chiara e distinta, designata come intelletto. La pura conoscenza e l’amore di Dio comportano il dominio delle passioni.
Nel 1663 compaiono i Principi di filosofia di Cartesio dimostrati secondo il metodo geometrico con l’aggiunta dei Pensieri metafisici dello stesso autore. Spinoza diverge ormai sensibilmente in più punti, ma vede nel rafforzamento del pensiero cartesiano un contributo al piano di una riforma generale della filosofia.
Iniziata nel 1662 e protratta nella elaborazione per ben tredici anni sino al 1675, l’Ethica more geometrico demonstrata vede la luce alla fine del 1677, anno della morte di Spinoza. L’ordine geometrico riflette la sensibilità del tempo, che vede nelle scienze matematiche l’ideale regolativo secondo cui configurare la ragione. Articolata in cinque parti, Dio, mente, affetti, forza degli affetti,, libertà umana conseguente alla potenza dell’intelletto, l’opera costituisce nell’insieme un’esposizione compiuta dell’intero sistema filosofico di Spinoza in osservanza di un procedimento deduttivo rigorosamente geometrico. Dio è causa di sé, autoevidenza dell’assoluto, essenza ed esistenza che non si possono disgiungere, ente assolutamente infinito. La sostanza è infinita come ciò che è in sé e per sé si concepisce, l’attributo come ciò che l’intelletto percepisce della sostanza, i modi sono le affezioni della sostanza, autodeterminazioni eternamente e necessariamente inerenti alla sostanza. Dio è l’originario tanto sul piano ontologico che gnoseologico.
C’è coincidenza tra l’originario del sapere con il fondamento dell’essere. L’intelletto non deve adeguarsi all’essere, perché già vi si trova originariamente. La sostanza assolutamente infinita ha le proprietà dell’indivisibilità, dell’unicità, della onnicomprensività (tutto ciò che è è in Dio. Senza Dio nessuna cosa può essere né essere concepita. Per cui si può parlare di panenteismo. Dalla necessità della natura divina devono seguire infinite cose, in infiniti modi. Dio è causa immanente, e non transitiva, di tutte le cose. Il pregiudizio finalistico risulta radicalmente sovvertito rispetto alla retta interpretazione della realtà.
La conoscenza si presenta in termini d’esperienza vaga, di nozioni comuni e di idee adeguate delle proprietà delle cose, o conoscenza matematica, di scienza intuitiva. La veridicità è garantita soltanto dal secondo e terzo genere. La vera conoscenza è presenza del reale alla mente e non, mediatamente, della sua rappresentazione. Noi agiamo per il solo volere di Dio e dobbiamo accettare tutto ciò che accade con uguale disposizione d’animo, aiutare il prossimo secondo ragione, educare i cittadini ad essere governati, affinché compiano liberamente ciò che è meglio.
Affetti e passioni generano una conoscenza inadeguata in condizioni di passività. La dottrina delle virtù consiste nel retto uso delle passioni. Tutti si sforzino insieme di conservare il proprio essere e tutti insieme cerchino l’utile comune sotto la guida dela ragione. La stabilità dell’istituzione statale deve essere assicurata dall’effetto deterrente di un potere forte. La libertà è frutto della liberazione dalle passioni con la forza della ragione.
Nel 1670 Spinoza pubblica anonimo il Trattato teologico-politico, che intreccia la teoria della religione e quella dello Stato, mostrandone l’intima connessione. Di contro ai pregiudizi dei teologi contro la filosofia Spinoza si batte per la libertà di filosofare, che rischia di essere soppressa a causa dell’eccessiva autorità e invadenza dei predicatori. Punto di riferimento costante è la Sacra Scrittura (primo tentativo sistematico di disegnare i termini di un’esegesi storico-critica razionalistica); c’è una critica della nozione di miracolo; la stessa rivelazione diviene superflua.Spinoza difende la libertà di pensiero, si pronuncia per la tutela e promozione di tale libertà, con preferenza per il governo democratico. Rimangono alla persona alcuni diritti inalienabili, tra cui quelli di libertà di pensiero e di parola.
C’è nell’opera un abbozzo di una teoria della laicità dello Stato. Pietà e religione siano circoscritte al solo esercizio della carità e della giustizia. I diritti delle supreme potestà sono riferiti soltanto alle azioni: ognuno possa pensare ciò che vuole.
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