Una chiesa, San Giuseppe Cottolengo, che finisce ‘inglobata’ all’interno di un centro commerciale. Accade nel quartiere dove vivo, a Roma, Valle Aurelia un tempo chiamato anche Valle dell’Inferno per la presenza di decine di fornaci per la fabbricazione di mattoni.
Una protesta arrivata anche sulle pagine di Facebook: “Hanno soffocato la parrocchia, arrivando fino a pochi metri da essa. Ora c’è solo un lungo cancello che mette in risalto il pochissimo spazio rimasto davanti all’ingresso”. E ancora: “Non c’è più un accesso agevole per gli anziani, che sono ormai moltissimi nel quartiere. Dovranno entrare dalle lunghe scale. Non sarà nemmeno più garantito che possano arrivare davanti all’ingresso della chiesa in automobile, poiché l’unica rampa potrebbe essere chiusa in certi orari. Che ne sarà della messa della notte di Natale o di Pasqua o di altre celebrazioni serali?”.
Una storia di frizioni e incomprensioni durata ventotto mesi. Una occasione mancata che avrebbe invece potuto costituire un esempio pilota di coabitazione tra realtà differenti.
Dio e Mammona. Durante tutto il periodo dei lavori di costruzione del Centro Aura l’accesso alla chiesa ha subito varie interruzioni: per un certo periodo addirittura possibile solo attraverso un montacarichi. L’utilizzo di apparecchiature ad alto impatto ambientale (gru, escavatori, trivelle, betoniere) oltre a provocare un tappeto di continuo rumore anche di notte, ha danneggiato la pavimentazione del sagrato, lesionato l’intonaco di alcune strutture di servizio e delle abitazioni dei sacerdoti, provocato infiltrazioni d’acqua nei locali dell’oratorio. Tutti danni riconosciuti ma non ancora riparati dal Consorzio di gestione mentre le maestranze stanno via via lasciando l’area.
Una parrocchia non è un negozio. Le scelte di chi vi accede sono diverse. Tuttavia gli imprenditori che hanno dato vita al Centro non si sono nemmeno posto il problema del ruolo sociale che una chiesa locale svolge nel quartiere, riducendo il rapporto a mera questione economica, ovviamente a vantaggio del più forte.
Un esempio di questa logica è stata la promessa a inizio lavori, in cambio degli inevitabili disagi, di concedere alla parrocchia alcuni locali costruiti per ospitare gli operai del cantiere. Ebbene i locali promessi sono finiti in un centro Fitness, punta di diamante del Centro. Mentre carriolate di sabbia ancora ingombrano quello che era il campo di calcetto.
“Non si possono servire due padroni”. L’ammonimento di Gesù si rivela ancora una volta il più saggio nei confronti dei grandi gruppi industriali e di quel capitalismo che come spesso ci ricorda papa Francesco “instaura una nuova tirannia che impone in modo unilaterale e implacabile le sue leggi e le sue regole” (Evangeli Gaudium 56). Ora la Chiesa di San Giuseppe Cottolengo si scorge a fatica assediata da decine di negozi che arrivano sin davanti al sagrato. Tra gli scintillanti neon e i tripudi di vetrate e scale mobili, tra i led delle insegne luminose e le grida degli altoparlanti che annunciano l’ ‘ultima novità’, un sobrio cartello ne indica l’ingresso. Quasi perso in mezzo al perenne carnevale dell‘acquisto. Lumino nella solitudine della società dei consumi.
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