…penso fosse gelosa di quello che provavo per la poesia, del tempo che mi sottraeva e che dedicavo a me stesso, isolandomi, un tempo tutto mio. Agli occhi di chi convive con la persona affascinata dal bello forse può sembrare un atto di egoismo quella passione, come nel caso del protagonista del racconto di Kent Haruf (Le nostre anime di notte) che sembra negarsi a chi lo ama, a chi sente il bisogno di lui, cioè alla moglie, per dedicarsi alla poesia, ma che poi esteriorizza ridonandola a chi sembrava derubare. Un situazione simile può accadere all’artista che, ispirato, si dedica a creare un’opera che coinvolge tutto il suo intimo costringendolo a concretizzare un sentimento in modo che tutti lo possano percepire, restandone affascinati.
Una amica, capace di “ vivere” la poesia, mi ha detto una volta :”Mi sento attraversata dalle parole”, parole che verga sulla carta e che rapiscono il lettore, coinvolgendolo in momenti di pace, di dolore, di piacere o sofferenza a seconda dei contenuti di ciò che usualmente si declina o si sintetizza nel termine un po’ banale di “ispirazione”.
Analogamente i miei amici acquarellisti si sentono attraversati dai colori e dalle immagini. Davanti ad un paesaggio, ad un evento, ad una figura, a dei semplici fiori vengono coinvolti da ciò che vedono, gustano ciò che li affascina, versando sulla carta la loro intima sensibilità con l’uso di colori ed immagini proprie, esprimendo un nuovo bello, una nuova realtà agganciata al loro subconscio, ai loro sogni, alle loro passioni, ad un personalissimo concetto estetico: in sintesi, sentono la necessità di vivere la bellezza! Semplicemente disegnando e applicando colori. Tutti atti apparentemente fini a se stessi, ma invece vissuti per poi donarli agli altri che, se si lasciano coinvolgere, ricevono un contributo positivo. Deve essere qualcosa di assolutamente gratuito che purtroppo può invece cadere nel banale, nell’insignificante, nel brutto se fatto per un fine economico.
È importante che nasca e sgorghi in modo assolutamente generoso e spontaneo, non sotto la spinta della necessità di fare, di produrre, perché ciò, come detto, potrebbe andare a scapito de “il bello” che dovrebbe essere il contenuto del frutto della passione dell’artista, che deve essere libero per poter agire con amore. Se mancano la libertà e l’amore, l’opera che nasce comunica meno, o comunica altre cose perdendosi nella tecnica necessaria per esprimersi.
È importante saper metter nello spazio, rappresentato dal foglio, le parole, i progetti, i disegni, i colori, saper trasformare una materia in una sintesi affascinante, bella, che fa godere guardandola, toccandola, che trasmette felicità o angoscia ossia sentimenti opposti, ma veri e coinvolgenti. È chiaro che si deve esser padroni della tecnica per non rischiare di fare cose inutili, repellenti, “delle boiate” come si usa dire.
Poco fa abbiamo definito banale la parola ispirazione. È questo un termine troppo riduttivo, perché la ricerca del sentire, del vivere il momento che prende tutto te stesso, può arrivare a farti soffrire se trovi ostacoli ad esprimerlo. Perché? Perché non si tratta d’ispirazione, ma d’amore. È nell’amore che /ti doni nel cercare il vocabolo, nel cercare il segno, il mezzo, la materia. Se non riesci a fare, ti scoraggi, puoi diventar sarcastico verso te stesso, ti critichi.
Ti senti realizzatore non d’atti d’amore, ma di “boiate”tanto per ripetere un termine molto significativo e il rischio di farle è grande, specialmente se non hai umiltà. Umiltà e semplicità che sono il contrario della sindrome di onnipotenza propria di si crede grande.
E qui il discorso cambia perché i portatori di onnipotenza nella vita di tutti i giorni non servono più il prossimo ma lo usano solo per se stessi e noi siamo costretti a gustare l’amaro che ci lasciano.
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