Programmi, contenuti, un compito del presidente (ndr: della Repubblica), contratto di governo, cambiamento radicale e infine – trionfalmente –: responsabilità. Sono parole che si sono succedute, che si succedono, che si ascoltano e si riascoltano in questi giorni di “caccia a un governo purchessia”, magari subito dopo le elezioni regionali del Molise, per poi decidere se e quando e soprattutto come si dovrà procedere.
Perché se in occasione della campagna elettorale, e anche prima, si sono pure viste e sentite alcune indicazioni (per esempio: abolizione della legge Fornero, riforma della riforma del lavoro – il cosiddetto jobs act –, una nuova politica per espellere i clandestini e per arginare le immigrazioni), mai – nel prosieguo delle trattative – si è sentito dire come questi programmi verrebbero attuati.
Sostituzione della legge Fornero? Sta bene: ma quale sarà la nuova riforma del lavoro? In pensione dopo quarant’anni di impiego? Ok, ma se uno – ammesso che il lavori lo trovi perché è presumibile che con congruo reddito di cittadinanza, specie in certe regioni del centro-sud, rimanderà il giorno fatidico il più possibile – comincerà a lavorare a trent’anni? Tre anni di più dei “fatidici” 67?
E poi, qui viene il bello, c’è sul campo anche la politica estera. Chi disdegnava l’Europa (l’Europa delle banche e l’Europa che provvede solo a stabilire le misure dei cetrioli), chi suggeriva anche un possibile referendum (possibile solo se si modifica la Costituzione, se no è tempo perso, e più che perso buttato via con denari al seguito) sull’uscita dell’Italia dall’Euro, adesso fa annunci che neanche Mario Draghi. State tranquilli, italiani: la politica delle bombe e delle alleanze viene confermata.
Ma prima dicevate? Beh, quando si scherza si scherza ma quando si condisce…
La cosa più “bella” (aggettivo del tutto inutile) sono i calcoli e gli intrecci di un possibile nuovo governo. Ogni giorno sui giornali si leggono – dati alla mano, cioè compulsando i numeri dei seggi in Senato e alla Camera – le possibili formule: x+y; oppure y+x con z che appoggia dall’esterno. Sì al governo con x – dice y – ma a patto che x si privi di x1; e via di questo passo. Mai e poi mai con la povera h, che ha distrutto l’Italia. Ma se forse h desse una prova di responsabilità, se glielo chiedesse il presidente è naturale, probabilmente risponderebbe signorsì…
È impossibile dire, stando così le cose, come andrà a finire. Può anche darsi che qualcosa alla fine quagli, perché mica si può andare avanti all’infinito: e poi tra qualche mese, dopo le elezioni in un paio di “regioni strategiche”, cominceranno le vacanze al mare o ai monti dei cittadini più o meno reddituari e – soprattutto – cominceranno i Mondiali di calcio, che se non c’è l’Italia a risparmiarsi figure barbine è quasi meglio.
C’è il voto, un nuovo voto. Che le cose cambino radicalmente – a meno di eventi incredibili o di una nuova legge (ma chi la approverà?) – è pressoché impossibile, a leggere anche i sondaggi. E poi c’è il freno a mano tirato più importante: chi e perché si vorrà rimettere in gioco dopo essersi gustato il cadreghino parlamentare?
È difficile a onor del vero sostenere, in una democrazia rappresentativa, che vi sia distacco tra i rappresentanti e i rappresentati, perché di norma – magari intuitivamente, magari perché illusi, magari perché non se ne può più – sono i secondi a scegliersi i primi. Ma qualche dubbio viene, il dubbio del famoso scollamento tra politica e cittadini.
L’articolo 1 della Costituzione può apparire un grido retorico: L’Italia è una repubblica democratica, fondata sul lavoro. Qualcuno avrebbe preferito “fondata sulla libertà”, ma tant’è, accettiamolo così com’è per rispetto dei nostri Padri, anche se il lavoro non c’è e il reddito – s’è sentito dire – può derivare o dall’essere cittadini del beneamato Paese o, addirittura, dall’esservi nati.
Ma il secondo come, dell’articolo 1, è ancora più retorico: La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione…
Appartiene… La esercita. Sarà vero? Forse. Chi lo sa. E da quale popolo?
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