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Noterelle

AFFLIZIONI TRASVERSALI

EMILIO CORBETTA - 04/05/2018

suoceraNon è facile distinguere i pensieri, i fatti, i bisogni, i problemi, la vita di un buon numero di persone che, per difendersi, danno vita ad una organizzazione, sentono la necessità di muoversi politicamente, studiano un progetto da cui nasce un partito, e non è facile distinguere le loro pene nei confronti di problemi che coinvolgono tutti, che mettono alla prova tutti indipendentemente dalle caratteristiche dei singoli, dall’essere ricchi o poveri, belli o brutti, onesti o ladroni.

Si tratta di fattori definibili trasversali, ossia che uguagliano nel disagio, nella sofferenza tutti, non permettendo diversità di sofferenze tra uno e l’ altro e che quindi richiedono aiuti, soluzioni “universali”, sempre che soluzioni ci siano. Ora quali potrebbero essere i problemi trasversali? Non pochi, ma per dirne alcuni: il prosaico mal di denti, il raffreddore, la fame, il freddo, il caldo, …la suocera? Lo sappiamo tutti che il problema suocera è trasversale, non gli sfuggono nemmeno i divorziati; unici esenti gli zitelloni, oggi detti singles. Ma l’esistenza suocera è molto particolare: la mamma italiana dei mariti italiani è diversa dalla mamma italiana delle mogli italiane. Convivere con quella signora senilmente attivissima ed invasiva, che deve proteggere il suo bambino, oramai quasi canuto cinquantenne, padre di tre figli, non è semplice. Analogamente è difficile, anche se finemente diverso, avere a che fare con la figura suocerale (mi si perdoni il neologismo) che invece deve “dare una mano” alla sua bambina, cicciotta madre di famiglia, impegnata in attività professionali, che ne ha sempre qualcuna (l’auto che non funziona, andare dal parrucchiere, correre al super mercato e così via). Va tenuto presente che le due suocere devono frequentare l’università degli anziani, non perdere mai concerti, vedere importanti mostre d’arte che avvengono sempre in città lontane e mai in quella dove loro abitano, per cui vanno accompagnate e naturalmente non vanno mai assieme.

Di fronte ai problemi definibili “universali” non c’è becco di partito, sindacato o altra organizzazione politica che possa aiutare il povero diavolo che si ritrova tutto sulla sua martoriata pelle.

Sui bisogni particolari, ossia quelli di un gruppo, c’è invece l’attenzione di troppi. Eh sì troppi, che a loro dire si sacrificano per risolverti tutto, ma a te viene il dubbio che ci stiano speculando e basta, perché la tua qualità di vita, già bassa di suo, “squara” progressivamente sempre più in basso, mentre loro sono famosi, vengono intervistati dalle TV e son lì con le loro facce “belle lustre” e sorridenti. Se veramente fossero impegnati negli immensi problemi che dicono d’affrontare, dovrebbero avere facce come quelle dei dannati delle incisioni del Dorè eseguite per illustrare l’Inferno di Dante.

Stiamo scherzando su problemi grossi, perché poi tutte le difficoltà che affliggono la nostra società bene o male sono trasversali, per cui andrebbero affrontati non in malafede ma con la maggior cultura possibile, con maggior saggezza, con onestà, senza rifugiarsi dietro il paravento della vecchia scusa che la “politica” giustifica tutti i mezzi per raggiungere un certo scopo; ma tutti i mezzi, comprese le disonestà che vengono commesse, ricadono sempre sulla pelle della gente (e uso ancora una volta un termine anatomico che rende bene la sofferenza dei cittadini).

I cittadini si aspettano molto dai soggetti che hanno votato, dando loro la delega di risolvere questi problemi universali. Restano delusi se se ne è parlato solo per cercare il consenso e perdono la fiducia nelle figure dei così detti politici se tutto resta immobile, tranne la loro carriera. L’ideale non sarebbe una democrazia diretta? Ma questa non è possibile nemmeno con le tecnologie odierne, come dimostrano i fatti dei nostri giorni.

Un tempo si teorizzava di lotta di classe, di padroni sfruttatori, di stipendi da fame. I tempi son cambiati e cambiata la realtà, ma gli stipendi da fame in molti strati sociali permangono. Per molti non c’è più il datore di lavoro diretto, il padrone, ma si ha a che fare con astratte entità internazionali che spostano enormi capitali in tempo reale, che spostano pure le fabbriche da una nazione all’altra. Dirigenti senza faccia, in giacca e cravatta, inventano metodiche diaboliche per controllare con braccialetti elettronici perfino i gesti dei lavoratori. Così ci si ritrova con stipendi da fame, che son meglio di niente, ma sono insufficienti, ma ciò che spaventa è che ti stanno rubando quel briciolo di libertà che credevi d’avere. Con quel braccialetto vengono a sapere quando muovi una vite e quando ti gratti la testa.

C’è ancora la battaglia degli stipendi ma c’è da difendere consapevolmente la libertà che viene rubata subdolamente e, come detto, con molta cattiveria da chi crede d’avere più intelligenza confondendola con la furbizia.

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