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Claudia Cardinale è stata per anni il volto-simbolo del buon cinema italiano, quello più autentico e apprezzato nel mondo. Ha compiuto 80 anni, e Iris del gruppo Mediaset le ha dedicato una rassegna dal titolo “Claudia 80″ invero assai mediocre e deludente con film dove oltretutto non è nemmeno la vera protagonista e che non valorizzano la sua bellezza e bravura.
La Rai fa anche peggio, perché non manda in onda un bel nulla. Il migliore tra questi è “Un maledetto imbroglio” di Pietro Germi dato alle 7 di mattino di domenica. In quanti l’avranno visto? Ma lì il vero protagonista è lo stesso Germi nel ruolo del commissario Ingrovallo e lei vi compare un po’ appiattita nel ruolo di una servetta che copre le malefatte del suo bello, ruolo funzionale al plot del giallo.
Poi c’è un mediocrissimo “Certo, certissimo, anzi probabile…” commedia con più attori dove le protagoniste sono lei e la Spaak. Fa quindi seguito “Corleone” con Giuliano Gemma per la regia di Pasquale Squitieri, “Nell’anno del Signore”, altro film corale sul Risorgimento di Luigi Magni dove non è la sola protagonista e “Il prefetto di ferro”, un altro (l’ennesimo) film sulla mafia di Squitieri, regista che trovo assai ripetitivo nei soggetti.
Domanda: che cosa ci voleva a fare una rassegna ben fatta che la valorizzasse sia sul piano iconico-divistico che su quello professionale cercando nel contempo titoli che dessero lustro al nostro cinema di qualità?
Voto della rassegna “Claudia 80″: 4. La Rai invece meriterebbe addirittura zero. La Francia come al solito all’avanguardia la ospitò anni fa in una retrospettiva cinematografica al Beaubourg, e l’ha adottata e fatta propria come spesso fa coi nostri migliori marchi di fabbrica (Bulgari, Loro Piana, Pucci, Fendi ecc.). Le dedicò inoltre il grande manifesto-simbolo sulla mostra cinematografica di Cannes 2017, una foto nel pieno della sua giovinezza e grazia, mentre danza sul tetto di una casa.
Ripercorrere le tappe della sua strabiliante carriera è un po’ ripercorrere la storia del nostro cinema quando era apprezzato, ammirato e guardato con rispetto nel mondo intero, un po’ come la Ferrari.
Ma anche la nostra storia e i nostri costumi. Oggi la Cardinale è un’anziana simpatica signora, con tanto di nipoti, che ha avuto la fortuna di girare film bellissimi con grandi registi e che può ritagliarsi ruoli teatrali di prestigio in Francia dove risiede stabilmente. Claudia è attrice a un tempo nazionale e internazionale, grazie al fatto di essere nata bilingue. Più internazionale della stessa Loren e della Lollo, le quali, è vero, hanno anche loro, spiccato il volo per l’estero, ma sono pur sempre rimaste prigioniere di cliché e di ruoli un po’ caserecci.
Nasce a Tunisi nel 1938 da genitori di origine italiana (siciliani per l’esattezza), parla il dialetto siciliano assunto in famiglia, l’arabo e naturalmente il francese, lingua di studio e di cultura in uso nelle scuole tunisine. Non padroneggiava agli esordi invece molto bene l’Italiano che migliorerà man mano che procede nella sua carriera in Italia. I nonni materni, avevano una piccola impresa di costruzione marittima a Trapani ma poi si stabilirono a La Goletta, dove esisteva una numerosa comunità italiana.
A La Goletta Claudia (il cui vero nome è Claude) insieme alla sorella Blanche trascorre meravigliose vacanze al mare dai nonni, mentre il padre costruisce per le ragazzine una barca in legno. Il radicamento nella terra d’origine era tale che il padre, ingegnere delle ferrovie, scelse di mantenere la nazionalità italiana invece di prendere quella francese, cosa che la Cardinale ha rifatto in omaggio a lui: residente a Parigi, potendo scegliere mantiene la nazionalità italiana. Ed è ostinata nel rifiutarsi di togliere la “e” al suo cognome come invece vorrebbero i francesi per la quale è “Cardinal”.
La sua carriera prende l’avvio con piccole frequenti parti, in ottimi film d’autore e fu questa la strategia del produttore Franco Cristaldi patron della Lux Vides che poi diventerà suo compagno di vita e darà il suo cognome a Patrick, il figlio che lei ebbe, frutto di una tormentata vicenda di violenza sessuale. La Cardinale decise stoicamente di tenere il bambino e di crescerlo con amore, ma il contratto con la Lux (la più grande casa di produzione cinematografica italiana) la obbligherà a quel tempo, a non rivelare la maternità, ad andare a partorire in segretezza a Londra, e di far passare il proprio figlio per fratello minore: una grande sofferenza per lei, come confesserà molti anni dopo in una famosa intervista rilasciata a Enzo Biagi.
Il suo primo film è “I soliti ignoti” di Monicelli, nel piccolo ruolo di Carmelina, la sorella di un buffo Tiberio Murgia, fratello possessivo che non vuole farla fidanzare con Renato Salvatori. Il suo carattere introverso e ritroso la porterà, per paradosso, a dover subire l’insistenza di registi che intendono scritturarla per i loro film, proprio quando lei non vuole credere alla possibilità di diventare attrice. È il caso di Mauro Bolognini che la scrittura per “Il Bell’Antonio” ottimo film tratto dall’omonimo romanzo di Vitaliano Brancati e storia “siciliana” di un uomo bello, gentile ed elegante, e assai ambito dalle ragazze, ma in realtà, con problemi di virilità.
Con Bolognini, autore a lei carissimo, gira del resto un altro bellissimo film insieme a Belmondo “La viaccia”, intriso di preziosismo crepuscolare, sceneggiato nientemeno che da Vasco Pratolini, oltre a “Senilità” tratto dall’omonimo romanzo di Svevo, nel ruolo di Angiolina, “femme fatale” che condurrà alla rovina il protagonista (il titolo sta a significare la “senilità dei sentimenti”). Avrà sempre il rimpianto di non aver potuto impedire il suicidio di questo regista, così colto e sensibile, amico suo. Anche Valerio Zurlini la vuole protagonista in “La ragazza con la valigia”, nel ruolo di Aida, una ragazza madre di provincia, costretta a nascondere la maternità, una parte perfetta per lei, dalla quale – come dichiarerà – farà poi fatica a staccarsi giacché ritenuta fin troppo speculare alla sua dolorosa analoga esperienza di una maternità al di fuori del matrimonio e pure frutto di una violenza. Di questo si accorge il sensibile Zurlini che la seguirà con affetto sul set. Il risultato è un piccolo gioiello poetico di un’Italia provinciale e una sua indimenticabile interpretazione.
Con Luchino Visconti esordisce in un ruolo marginale di Ginetta in “Rocco e i suoi fratelli”, ma poi lui la valorizza quale indimenticabile protagonista in “Il Gattopardo” nel ruolo di Angelica, la bella promessa sposa al nipote del principe di Salina, Tancredi (Alain Delon).
Nel film la Cardinale ricopre due parti: quello della citata Angelica e quello più “selvaggio” e ritroso della madre, donna bellissima tenuta sotto chiave dal marito che la conduce personalmente a Messa al mattino presto, velandola di nero, poiché geloso della sua bellezza. Due parti distinte della sua personalità: quella solare e quella lunare, come Visconti ha voluto acutamente mettere in evidenza. Il Gattopardo conquista trionfalmente la Palma d’oro a Cannes. La Cardinale presenzia sulla Croisette, giusto il tempo per la storica fotografia sulla spiaggia in compagnia dei “tre gattopardi”, Luchino Visconti, Burt Lancaster, Alain Delon e un ghepardo vero tenuto al guinzaglio sulla spiaggia.
Di recente nel 2011 lei e Delon hanno presenziato a Cannes per una versione restaurata e rimasterizzata del capolavoro viscontiano, felicemente acclamati dal pubblico. Ma anche con una punta di malinconia da parte di entrambi, nel constatare che tutti i loro compagni di lavoro erano morti e che loro due (legati da lunga e fraterna amicizia dai tempi di “Rocco e i suoi fratelli”) erano gli unici superstiti rimasti in scena.
Contemporaneamente a Visconti, la vuole anche Fellini, innamorato del suo volto dopo averla notata con Germi in “Un maledetto imbroglio” (1959), un importante film della sua incipiente carriera. Germi è per lei è stato una vera rivelazione. Fino a quel momento aveva lavorato senza essere conquistata dal cinema, ma grazie alla sapiente direzione del burbero laconico regista-attore, con il quale nasce un’immediata affinità, comincia ad imparare cosa sia il mestiere della recitazione e a sentirsi a proprio agio davanti alla macchina da presa.
Benché non protagonista, si tratta della sua prima vera prova di attrice, per la quale riceve una lusinghiera recensione da parte di Federico Fellini («una Cardinale che io mi ricorderò per un pezzo. Quegli occhi che guardano con gli angoli, quei capelli bruni lunghi e spettinati, quel viso di cerva, di gatta, e così passionalmente perduta nella tragedia»). Fu così che in “8 e 1/2”, le affida il ruolo della Musa ispiratrice e per la prima volta non vuole farla doppiare ma le lascia la sua inconfondibile voce roca per la quale era complessata.
Passare da Visconti a Fellini, per lei sarà quasi uno choc dato che, come dichiarò in alcune interviste, mentre con Luchino tutto era perfettamente pianificato nel dettaglio, con Federico si trovavano sul set senza sapere come muoversi perché tutto era creatività, genialità e improvvisazione da parte del maestro.
Per Citto Maselli invece interpreta “I delfini” e “Gli Indifferenti” tratto dall’omonimo romanzo di Alberto Moravia, il quale scrive anche un libro su di lei. Comencini la ingaggia in “La ragazza di Bube” tratto dal romanzo di Cassola. Più tardi nella maturità dalla collaborazione con Comencini nasce “La Storia” tratto dal famoso romanzo di Elsa Morante, trasmesso in puntate per la tv.
Ottimi ricordi, da parte sua anche per Marco Ferreri in “L’Udienza” accanto a uno stralunato Enzo Jannacci che si smarrisce negli oscuri sotterranei burocratici del Vaticano. Claudia ricorda il disincanto del regista Ferreri che sempre sapeva sdrammatizzare le situazioni e ricordarle che dopotutto il cinema è solo finzione… ll suo carattere umile, ma nel contempo ostinato, tenace e laborioso la porterà a non sentirsi mai “arrivata” e a buttarsi con costante impegno in ogni esperienza lavorativa: dai film d’autore a commedie leggere come la buffa commedia all’italiana di Luigi Zampa “Bello, onesto immigrato Australia sposerebbe compaesana illibata” con Alberto Sordi.
In Australia per la presentazione del film, racconta che gli immigrati di origine italiana volevano toccare lei e Sordi, perché rappresentavano “un pezzo d’Italia”. Anche un film della serie di “La pantera rosa” di Blake Edwards accanto a David Niven, segue il filone comico-brillante. Con la Francia ha sempre coltivato una doppia e parallela carriera all’Italia. Numerosi film girati Oltralpe, non arrivano nemmeno qui. Ma tutti la ricorderanno ne “Il clan dei marsigliesi”, una gangster story alla francese nel ruolo di Georgia, un’attraente coraggiosa donna del boss, film che ebbe successo anche da noi, con accanto il ritrovato amico J.P. Belmondo con cui aveva già girato “La viaccia”. I due formano una coppia carismatica e Claudia nel film indossa abiti in stile anni ’30 che ne esaltano il fascino.
E pure accanto a Brigitte Bardot ne “Le due pistolere”, una commedia ambientata nel west, dove lanciarono lo slogan “CC contro BB” e volarono tra le due finti sganassoni. In realtà, sono sempre state molto amiche e Claudia ammette di aver avuto il poster della Bardot appeso in camera in Tunisia quando ancora non pensava a fare del cinema.
Nel frattempo nel 1975 s’ incrina il sodalizio decennale con Cristaldi, il suo pigmalione-padrone. Come lei ammette nelle interviste, la casa di produzione Lux Vides divenne padrona di ogni dettaglio della sua vita, in un contratto “all’americana” particolarmente vincolante. A posteriori, sostiene di non essersi mai sentita davvero la compagna di vita di Cristaldi, perché non si è trattato di un rapporto paritetico: è sempre stata in una posizione svantaggiata, subordinata rispetto al produttore, «una Cenerentola gratificata dalla sua generosità», sebbene avesse con lui il grande debito di riconoscenza per averla aiutata nel momento critico della gravidanza segreta. Tant’è vero che non riuscirà mai a chiamarlo per nome, ma lo chiamerà “Cristaldi”.
Si innamora così del regista napoletano Pasquale Squitieri e vuole andare a vivere con lui. Cristaldi avrà una reazione inattesa facendo scattare rappresaglie meschine, boicottando sia la sua carriera che quella del suo nuovo compagno, arrivando a fare il vuoto a entrambi. E quando Visconti programma quello che poi si rivelerà essere il suo ultimo film “L’innocente” tratto dal romanzo di Gabriele D’Annunzio, la parte non sarà per Claudia, bensì per Laura Antonelli. Ma intanto la Cardinale si riprende quella vita vera che il contratto con la Vides non gli permetteva di vivere e compie un viaggio sentimentale da una costa all’altra degli Usa con Squitieri, dal quale poi avrà una figlia: Claudia jr. Fu finalmente per lei, una maternità vissuta in grande serenità.
Grandi problemi invece con “Fitzcarraldo” di Werner Herzog girato nella calura della foresta amazzonica accanto al caratteriale e turbolento Klaus Kinski. “Benedico il cielo per aver ingaggiato Claudia Cardinale nel cast del film” ricorda Herzog “dato che era l’unica persona che stava nelle grazie di Kinski e la sola che riuscisse a farlo ragionare”. Quel Kinski che faceva pazzie assurde rifiutandosi di girare, trovò in lei un’amica di cui fidarsi, rientrare in sé e riprendere il lavoro. Partner di ottimo livello come John Wayne, Burt Lancaster, Jack Palance, Rock Hudson, la affiancano in numerosi altri film di produzione statunitense. In Usa gira anche un buon western dal titolo “I professionisti” di Richard Brooks, col ritrovato Burt Lancaster e Jack Palance nel perenne ruolo del cattivo.
Ma il vero grande western che le conferisce piena popolarità internazionale è il nostro epico spaghetti-western di Sergio Leone “C’era una volta il West” arricchito della famosa colonna sonora di Ennio Morricone. Primo nome della Cardinale su tutti i cartelloni del mondo, seguito dai nomi di veri colossi del cinema come Henry Fonda, Charles Bronson e Jason Robards.
Il ruolo interpretato è quello di Jill Mc Bain, vedova volitiva che cerca di rifarsi una vita su un terreno dove sarebbe dovuta passare la ferrovia. Una grande soddisfazione professionale! Ancora un ruolo di donna con la valigia che cerca di farsi largo nel mondo del selvaggio west per sopravvivere in un clima di violenza, polvere e sangue. Ancora un treno, affacciata al finestrino mentre sorride con un cappellino di paglia in testa. Ma soprattutto ancora lei, più matura e consapevole, che sorride, fiduciosa alla vita, con quella strana dose di ingenuità frammischiata a volitività che in fondo non ha mai perso.
Un ruolo singolare di matriarca che si ritaglia uno spazio in un genere cinematografico quasi esclusivamente maschile. Leone scelse lei perché voleva fare un film improntato sulla nascita della ferrovia nel Farwest e perché voleva rendere unico e prezioso il suo film inserendo per la prima volta una donna protagonista e non più la solita stereotipata comprimaria che si affianca a qualche pistolero da saloon.
Oltre al West, c’era una volta il grande cinema, coi suoi geniali artefici e i suoi protagonisti, prima che serialità, banalità, volgarità, violenza gratuita, cattivo gusto, rutilanti effetti speciali fine a se stessi, lo sciupassero.
E ora la Tv, mostra di non sapere nemmeno conservare e trasmettere adeguatamente questo patrimonio, tra spot pubblicitari, scarsa inventiva e pigrizia nella scelta dei titoli da programmare.
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