(S) La tempesta che si sta abbattendo sulla scuola italiana è persino peggiore di quella politica. Nessun attore può dirsi risparmiato: istituzione, ministero, presidi educatori, alunni, genitori. Ce n’è per tutti, nessuna componente può dirsi indenne, non vale la pena di nominare i casi, tanto sono noti e numerosi. Mi preoccupa il bullismo, sia quello in senso proprio, come prevaricazione ai danni di un compagno più debole, mi preoccupa ancor di più la violenza di alunni e genitori a danno di professori, ma mi preoccupa altrettanto il meno visibile fenomeno delle ‘pupe’ o dei pupi, di coloro che frequentano la scuola senza costrutto, l’abbandonano senza diploma o anche lo conseguono, ma senza che sia veramente utile, né per la formazione della persona, né per il lavoro.
(O) Giornali e telegiornali in settimana, rotocalchi e talk show nel fine settimana e soprattutto martedì, che in fondo era una specie di vigilia, ci hanno dato dentro, ma io penso soprattutto per rimediare alla noia della ripetitività della crisi di governo, per la quale pure si sono dovute inventare sottigliezze, pur di raccontare qualcosa di nuovo. La scuola in Italia è molto migliore di come la raccontano i giornali.
(C) Hai ragione. Facendo il paragone con quello che ci hanno riferito della Francia, pochi giorni fa il prof. Bellamy, ad un evento promosso dalla Fondazione sant’Agostino, alias Scuola Manfredini e Martine Gilsoul su ‘Il Sussidiario’ del 23 aprile scorso, non siamo ancora arrivati ad una volontaria distruzione del rapporto educativo, per affidarci alla spontaneità creativa del discente.
In Italia il rapporto educativo è ancora basato sul fatto che ci siano due parti in gioco, un adulto- educatore, dotato delle opportune capacità e competenze da trasmettere, e un bambino-adolescente- giovane-educando/a che abbia necessità e desiderio di apprendere contenuti e regole di comportamento approvati dalla società in cui vive. Tuttavia …
(S) Tuttavia c’è veramente da inquietarsi per questi avvenimenti, soprattutto davanti a patetiche scuse e a chiamate di correità nei confronti degli alunni e dei genitori. La scuola deve imporsi da sé, per autorevolezza e pure per autorità, se la prima non basta. Nessuno può negare che la stessa ministra Fedeli non ha fatto grande sfoggio di autorità e di competenza, martedì sera da Vespa, in merito al rapporto tra condotta insufficiente e ‘bocciatura’. Non ci credevo, ma mi domando se sia forse vero che l’indicazione imperativa che il ministero dà alle scuole sia quello di respingere il meno possibile per porre freno alla dispersione scolastica, ignorando che essa dipende meno dalla severità degli studi (si può sempre intraprendere un percorso più facile o più adatto) che dal venir meno della speranza di un innalzamento sociale grazie al conseguimento di un diploma.
(C) Scusa Sebastiano, ma tu cerchi sempre di forzare il discorso, per il timore che io voglia tener insieme concetti opposti, ma questa non è la mia intenzione. Per me ‘paradosso’ significa andar contro una troppo facile opinione corrente, non tentare di tenere insieme opinioni contraddittorie. Quindi il mio ‘tuttavia’ introduceva alla costatazione di una reale crisi di autorevolezza che attribuisco in primo luogo all’appiattimento della funzione dirigente, quella del preside, per intenderci, sui problemi organizzativi, burocratici e di pura gestione della ‘macchina’ scolastica.
Il preside deve occuparsi di tante cose, dai controsoffitti che cadono ai permessi dei vigili del fuoco, dall’igiene della mensa alle fotocopie, insomma di conformità alle regole, a tutte le regole tranne che a quelle della cultura e della competenza, sia per gli insegnanti, sia per gli alunni.
Nemmeno voglio farne una colpa alle singole persone che ricoprono questa funzione, bravi professori che rinunciano alla soddisfazione della funzione docente per farsi carico di una quantità di problemi ulteriori in cambio di un modesto aumento di stipendio. Ma se l’indicazione che ricevono dall’alto, il ministero, dal loro stesso livello, il sindacato e i colleghi, dal basso (per così dire) le famiglie è quella di non far trasparire l’esistenza di problemi, perché il peccato mortale, a causa della crisi demografica, è la perdita di alunni e di classi, non di qualità, chi si metterà mai a fare il cerbero e a pretendere alti livelli di rendimento e comportamenti esemplari, quando le sanzioni disciplinari e le bocciature fanno sicuramente perdere iscritti?
(O) Insisto nel dire che la situazione difficile è solo transitoria. Non ci sarà bisogno di impegni particolari per migliorare la qualità della scuola nei prossimi anni: basterà proprio il calo demografico, che ridurrà il numero delle classi e quindi il ricorso alle supplenze e ridurrà anche il numero di alunni per classi, sia in media, per un fenomeno naturale, sia che lo si voglia definire come regola generale. Sarà pure possibile, a spesa invariata, aumentare le ore di lezione, introdurre corsi di recupero e tutto quello che oggi non è possibile per non dilatare eccessivamente la spesa pubblica. Ci sarà anche più tempo, già pagato, per l’aggiornamento, per i lavori di gruppo, per seguire l’alternanza scuola-lavoro, per sperimentare nuove materie e nuovi metodi pedagogici.
(C) Non so quanto sia giustificato il tuo ottimismo, Onirio. Le necessità di bilancio imporranno un contenimento della spesa per l’istruzione pro capite. D’altra parte, il rilancio demografico è una tale urgenza per la nostra Nazione che anche il miglioramento del sistema scolastico, specialmente per l’infanzia e primario, deve essere utilizzato a questo scopo. Spero nell’instaurarsi di un circolo virtuoso, anziché vizioso: che il miglioramento dell’offerta scolastica, rassicurando le famiglie sul futuro dei loro figli, le aiuti a superare la contrazione odierna delle nascite che si radica certamente nel timore dell’avvenire.
Non mi rassegno, perciò, ad aspettare il miglioramento della qualità da un fattore estrinseco che potrebbe accadere nel futuro: occorre rispondere oggi al problema di oggi che è soprattutto di serietà del progetto culturale del ‘ sistema scuola’ (dire ‘ministero’ sarebbe molto equivoco, dobbiamo ottenere un contributo propositivo da tutte le componenti). Vuol dire disciplina e meritocrazia tra gli studenti, rispetto dell’istituzione da parte dei genitori; a maggior ragione vuol dire un forte miglioramento dell’efficacia dell’insegnamento, che non è possibile se non per mezzo di una capacità di individualizzarlo, fornendo a ciascuno le motivazioni e le soddisfazioni morali che facciano della scuola un luogo dove valga la pena vivere, studiare e lavorare.
(S) Sebastiano Conformi (O) Onirio Desti (C) Costante
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