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Noterelle

RINUNCIANO A CURARSI

EMILIO CORBETTA - 27/04/2018

anzianoI nostri mass-media dicono spesso che molti anziani “rinunciano a curarsi”, per l’eccessivo costo delle cure ma forse è più corretto dire “non possono permettersi di curarsi” per mancanza di risorse.

Il prezzo delle cure è un importante problema economico, ma oltre ai soldi c’è l’ostacolo dei lunghi tempi d’attesa per ricevere una prestazione, per cui c’è da pagare anche il prezzo del tempo, che per gli anziani è altissimo essendo quello che loro hanno a disposizione molto limitato. L’attendere troppo per ricevere le cure necessarie può essere un dramma perchè le probabilità che queste non vengano mai realizzate sono molto alte per la scomparsa del paziente stesso, che rischia di passare gli ultimi tempi della sua vita in una sofferenza inutile, mai alleviata. Sappiamo che la nostra società, per via di come è organizzata, troppo spesso è crudele nei confronti di deboli indifesi, costretti a terminare male una vita che potrebbe avere un tramonto più sereno.

Le liste d’attesa in certi siti sono dovuti all’alta professionalità delle equipe che richiamano per questo tanti pazienti, ma è anche innegabile che in molti centri sembrano create ad arte per spingere i pazienti ad accedere alle prestazioni privatamente, ossia pagando cifre che per alcuni possono essere affrontabili, per tanti altri impossibili.

Utilizzare questa via “privatistica” è vantaggioso sia per la medicina pubblica che per quella privata. L’ente pubblico risparmia perchè non fa una prestazione che gli costa, mentre la medicina privata realizza un guadagno più immediato rispetto a quello del rapporto di accreditamento con la  struttura pubblica. È noto che l’ente pubblico, per via dei suoi problemi di bilancio, è spesso lento nei pagamenti riversando difficoltà sui convenzionati mettendoli in difficoltà nei confronti dei loro creditori e dei loro dipendenti.

Si potrebbe obiettivare che molti godono di assicurazioni personali per cui si affidano ad esse, ma sappiamo anche che purtroppo le compagnie assicurative, per inesorabili necessità di bilancio, devono recedere da contratti con persone anziane perché fanno crollare il gioco probabilistico su cui si basano i contratti assicurativi.

È un problema di economia politica ma troppo semplicistico ridurlo solo all’aspetto economico perchè altri fattori subentrano, come motivazioni culturali, l’abitare in aree disagiate, il rapporto col proprio medico di base, le necessità delle famiglie, le caratteristiche delle patologie croniche che colpiscono i soggetti anziani, le abitudini di vita delle comunità.

Appare evidente che il problema sanitario è molto variegato nel suo porsi verso i soggetti che compongono la Società e quindi lo Stato, che essendo una comunità di singoli non sono enti astratti, su cui riversare le colpe di disagi che sono creati invece dai livelli di cultura e quindi dai modi di vita dei singoli componenti. Troppo spesso si sente dire “È colpa dello Stato … È colpa della Società”, ma a ben guardare sono le persone della comunità, con la loro sapienza o con la loro ignoranza ad innalzare o abbattere gli ostacoli della vita.

Fatta questa precisazione, un poco banale per la verità, torniamo ad un impellente problema della sanità: consideriamo la situazione delle definite “case di riposo” che per la maggioranza dei loro ospiti dovrebbero essere definite “case di cura” perché risultano essere una espansione dell’ospedale al di fuori delle sue mura. Gli ospedali attualmente sono studiati in funzione della patologia acuta, e non può che essere così, ma ciò comporta che non sono in grado di curare i pazienti convalescenti, i post acuti, i cronici per cui molti vanno a finire in queste strutture, di solito enti privati, oppure nelle famiglie che si devono spessissimo affidare alle “badanti”, perché la famiglia così detta nucleare non può accogliere o fatica oltre modo ad accogliere l’anziano non auto sufficiente.

Abbiamo parlato di cultura perché essa, nell’ampiezza del suo significato, ha ispirato, ha indirizzato a fare certe scelte organizzative nel campo della sanità, ma non solamente della sanità, ma anche nel campo dell’istruzione, del lavoro, praticamente in tutte le attività della comunità stessa. Ogni scelta crea vantaggi e nello stesso tempo sacrifici, spingendo di conseguenza le nostre comunità ad affidarsi a iniziative definite private piuttosto che a strutture gestite dalla comunità stessa.

Ora i confini tra i modi di gestire la realtà si stanno facendo molto labili e non potrà che essere e sarà la cultura che ci aiuta e ci aiuterà a superare i problemi.

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