Il valore della scuola è straordinario, ma la straordinarietà si misura alla distanza. È lì che il senso di una storia, di un racconto, di una poesia o di un problema di matematica aprono le porte di una vitalità interiore che sorprende e che ci dà l’esatta misura di come abbiamo vissuto e stiamo vivendo uno dei momenti più importanti della nostra esistenza. È scuola che diventa scuola di vita, dove il fare o è il non fare, il parlare o il tacere, il rispondere o lo stare zitti, il risolvere o il non risolvere rivelano se siamo capaci di mettere a frutto quel patrimonio di valori che missionari del buon senso e della civiltà ci hanno fatto conoscere e amare perché ne diventassimo custodi e testimoni.
Viviamo un’epoca in cui la scuola fatica a vivere la sua missione, costretta spesso a rimuginare nell’ombra, privata della sua luce, della sua capacità di trasformare la conoscenza in sapienza, la speranza in certezza, la non educazione in formazione.
L’avere parlato poco di scuola, non averla messa in prima fila tra le opzioni, l’averla lasciata in pasto a tecnicismi esasperati e a una politica disattenta, il non averla condotta verso liti umanitari di indubbia ricettività, ne hanno minato lo spirito, mettendone a repentaglio persino l’affidabilità.
La scuola non termina con il suono di una campanella o dopo alcuni anni, s’incarna nella prassi quotidiana, diventa lievito e strumento privilegiato di iniziative volte a dimostrare che imparare ogni minuto, ogni ora, ogni giorno è il vero miracolo di una condizione.
Ci si domanda spesso come mai la voce della scuola resti spesso confinata in spazi perimetrali ridotti, dove diventa difficile ascoltarne il fascino e la bellezza e dove l’emozione, quella vera, viene assorbita dal gelo di una pratica che spegne il sistema relazionale, gettandolo in pasto a solitudini, depressioni e a consumate disumanità.
La scuola ci ha insegnato ad amare, a voler bene, a ricercare, a studiare, a leggere, a scoprire, a rovistare in quello straordinario solaio della coscienza dove spesso custodiamo la cultura senza magari avvertirne la presenza. Si tratta di un solaio in cui possiamo provare stupori e meraviglie che non gustavamo da tempo, ma ai quali occorre restituire una voce, lasciare che parlino di nuovo con quel linguaggio fermo, rassicurante e un po’ narrativo che incanta le nostre curiosità e le nostre attese. Solo se sapremo coniugare la scuola nelle sue forme e nei suoi modi quotidiani saremo produttori di unità e le regole della convivenza civile avranno basi solide su cui contare.
La scuola come inesauribile fonte di attività educativa ha bisogno di essere rivisitata e letta con grande attenzione anche dopo molti anni, perché è il tempo che determina la bontà di quello che abbiamo imparato, è riprendendo il passato che potremo vivere un presente e un futuro più carichi di identità e di dignità, è ripassando che migliora il nostro livello culturale, perché il tempo è un insegnante che non tralascia nulla per indicarci la via da seguire.
È ricordandoci di che cosa sia stata sul serio la scuola per la nostra vita che, forse, avremo qualche speranza in più di provare a ricucire quel respiro umano che fatica a mantenere in vita la storia dei sentimenti e delle emozioni.
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